Il rapporto uomo-animale situato nel nostro ecosistema ha costituito una trama tanto centrale quanto progressivamente scontata durante tutto il corso della Storia. Sia che si adotti una prospettiva immanente e materialistica sia che se ne adotti una di tipo più trascendentale e teista, si è innegabilmente registrato un continuo interscambio fra il mondo umano e quello non-umano, una sorta di codipendenza che ha trovato giustificazioni, plausibilità e legittimazioni nelle più svariate visioni del mondo fin qui prodotte, dalle più tradizionali alle più recenti, da quelle più conservatrici a quelle più progressiste.
Un fatto che rimane chiaro è che fintanto che l’umanità sarà presente sulla faccia della terra, finché gli animali saranno presenti, questi due gruppi vivranno a fianco a fianco nella realtà che condividono, e non è il se ma il come questo rapporto è costituito che farà la differenza. È il modo in cui ci si riconosce che permette quel passo decisivo per coesistere entro un ecosistema complesso, fragile e fiaccato da stili di vita sempre meno sostenibili, nonostante presenti risorse impreviste e sia tuttora capace di provvedere a vite significative e piene. Certo, qui l’uso del “ci” è volutamente provocatorio, perché può arrivare a implicare un’intersoggettività tra uomo e animale che li mette sullo stesso livello per quanto concerne lo status di persona, di agente morale e di portatore di diritti.
Ora, prima di arrivare a discutere queste dimensioni, basterebbe fermarci qualche passo prima e considerare a un livello più superficiale, magari più suggestivo ed emotivo (senza per questo svilirlo), quella dimensione di mistero che il mondo animale rappresenta per l’umanità, che porta a riconoscere la loro esistenza come significativa in sé, come interattiva (o inter-agibile) rispetto all’uomo e come differente rispetto a piante e sassi. Anche il mondo animale è capace di discernere fra la propria specie e quell’altrui, ed è capace, particolarmente in alcuni casi, di legarsi o quantomeno relazionarsi in modi significativi all’uomo, e ciò in piena coerenza con il proprio patrimonio etologico e le proprie imperscrutabili volizioni. In forme specie-specifiche, è l’apprezzamento del reciproco beneficio (nelle forme di coesistenza o di cura) o della sua totale asimmetria (nelle forme di abuso dei primi sui secondi o, viceversa, di ostilità), che descrive il tipo di rapporto che uomini e animali intrattengono entro il sistema mondo che li coinvolge. Certo, non è partendo dalla fine, cioè facendo un lavoro di ricostruzione dal sondaggio del beneficio reciproco, che possiamo definire la bontà o no di certe forme di rapporto uomo-animale. Appare opportuno fare una ricognizione di quelli che sono gli assetti fondativi di base del pensiero umano, l’unico veramente indagabile, che poi ci consente di comprendere come questo rapporto s’inscriva nelle etiche generate da questi fondamenti e a quali obiettivi tendano. Già a questo livello è possibile discutere sulle forme di relazione virtuose o no tra gli umani e i non-umani.
E’ necessario individuare le opinioni/rivendicazioni più significative nel dibattito contemporaneo rispetto allo status del mondo animale (esiste una continuità tra uomo e animale? gli animali hanno diritti?), nonché le traiettorie etiche che le caratterizzano (quali le condotte lecite?). Il compito dell’etica evangelica, tuttavia, non è un tentativo solo esplorativo ma anche propositivo. Di qui la responsabilità di presentare un approccio che può essere definito antropocentrismo relazionale . Ogni presa di posizione nel campo dell’etica animale tende ad assolutizzare un aspetto della realtà e, conseguentemente, a sottostimare gli altri. Se gli animali sono elevati ad assoluto si avrà una forma di animalismo. Se l’uomo è assolutizzato si avrà una forma di antropocentrismo ontologico. Solo un antropocentrismo responsabile in quanto inserito nella rete di relazioni vitali potrà tenere presente tutti i dati di realtà senza schiacciare la riflessione etica ad una sola dimensione. Questa è la sfida per l’etica animale che s’ispira all’evangelo. Si potrà vedere come un approccio etico segnato dall’antropocentrismo relazionale orienti in due ambiti d’interazione umana/non-umana: animali e cibo, e animali e sperimentazione. “Chi sa se il soffio dell’uomo sale in alto, e se il soffio della bestia scende in basso nella terra?” (Eccl 3,21).