La società moderna è ovunque caratterizzata da pluralismo religioso, differenze etniche e relativismo culturale. Il messaggio cristiano come potrà farsi ascoltare in una società pluralistica? È giusto «annunziare Cristo» ad un musulmano e ad un buddhista, o è più corretto impegnarsi in un «dlaloqo» per una migliore conoscenza delle «tedì viventi», in vista di un'azione comune per il bene della società?
I cristiani possono ancora pretendere di avere ricevuto la rivelazione dell'unica via di salvezza nella persona di Gesù Cristo come centro della storia umana? Oppure, se vogliono dialogare, devono mettersi su un piano di parità rinunciando alla loro pretesa di «unlcità»? Fino a che punto l'evangelo dovrà trovarsi «a casa propria» in una data cultura, e in che misura dovrà opporsi al pericolo di essere addomesticato?
Chi tenta qui di dare una difficile risposta a queste e a molte altre domande decisive, ha tutte le carte in regola per farlo: missionario per 40 anni in India, vescovo della Chiesa unita dell'India del Sud, è una delle personalità eminenti del Movimento ecumenico.
Fondandosi sulla sua lunga esperienza, Newbigin denuncia i pericoli di relativismo e di cedimento sul piano culturale della «nuova ortodossia", respinge la dicotomia tra una scienza fondata su «tatti oggettivi" e un mondo di «credenze» puramente soggettive e si rammarica per l'atteggiamento di timidezza che ne deriva.
Il suo libro, che nasce da un'incrollabile fiducia nell'evangelo, è un contributo importante per capire, anche sul piano pratico, «ln che modo noi cristiani possiamo affermare con maggiore fiducia la nostra fede nel clima intellettuale" in cui ci troviamo a vivere.