Ai tempi in cui visse e operò Paolo, Roma aveva ormai realizzato una solida e benefica unificazione politica. E, consapevole della propria inferiorità nei confronti della cultura greca, aveva lasciato ampie autonomie giuridiche, culturali e religiose ai popoli incorporati nel suo impero. Paolo approfittò di quell'unificazione del mondo di allora: della lingua greca, della rete stradale, dell'unità amministrativa e della molteplice globalizzazione. D'altro canto però, più che annunciare l'unità, egli annunciava il centro che la metteva in atto. Mirava a "ricapitolare tutto in Cristo" (Ef. 1,10). Anche oggi si sta realizzando una certa unificazione del mondo. E' l'unificazione che viene dall'informatica, dalla telematica e dai veloci mezzi di trasporto. Le distanze si riducono e, facendo ricorso agli stessi strumenti e agli stessi codici cifrati, il mondo si va sempre più trasformando nell'unico grande villaggio di cui parlò per primo M. McLuhan, ideologo e "profeta" della rivoluzione telematica. Anche questa unità, come quella dell'impero romano, se non vuole essere un contenitore vuoto, ha bisogno di una grazia dall'alto. Ma, almeno fino ad ora, non sappiamo quale Damasco sia nei piani di Dio.