In cammino con Gesù
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Quando Dio sta cercando un uomo per iniziare un’opera nuova perché è costretto a metterlo alla prova? Perché Dio ha bisogno di fargli sapere che Egli può affidare i Suoi compiti ‘inediti’ solo all’uomo che è deciso nel suo cuore ad ubbidire ad ogni Suo commando. Ma nel chiedere l’ubbidienza, Dio promette di essere presente con i Suoi servi. Il metodo dimostrato attraverso Abramo e Mosè è ancora quello che Egli usa oggi anche se l’ambiente e il sacrificio richiesto sono molto diversi.Molti sono quelli che hanno intrapreso un’opera o un’attività per Dio senza capire e sperimentare l’essere vagliato come fu –per esempio– l’Apostolo Pietro, e presto hanno fallito.Fu una sfida drammatica per Dave Cape, vivendo in un confortevole quartiere di Pretoria (Sudafrica), rispondere alla chiamata di Dio a camminare attraverso il suo Paese, lavando i piedi, ed annunziando la Buona Novella di Gesù ad ogni tipo di cittadino in quel subcontinente così diviso e straziato dall’apartheid. Infatti, chi sa quanto la sua azione profetica, durata quasi 3 anni e poco prima della fine di quel regime, avrà contribuito –nel regno invisibile e spirituale– al suo crollo.Soprattutto poi questa testimonianza è quella della prova all’ubbidienza a Dio. Pian piano emerge la riconoscenza data alla ricerca di giustizia sia nelle comunità rurali della popolazione indigena, sia nelle grosse città gestite in genere dai bianchi, raccogliendo i rappresentanti civili e quelli delle varie chiese cristiane per perseguire insieme fini buoni e giusti, mai dimenticando il significato degli individui – dei grandi, dei poveri e degli emarginati. Dave Cape viene spesso frainteso nell’opera di combattimento spirituale e riconciliazione fatta senza biasimi o pregiudizi e compiuta con molte preghiere, rivolgendosi a personaggi non sempre ben visti. In tutto questo vediamo qualcuno che segue il cammino del suo Maestro, lasciando indietro aspirazioni ed interessi personali (eccetto giustamente la sua famiglia che lo segue in automobile) per compiere la volontà del suo Padre Celeste. Per chi vuol imparare delle lezioni pratiche (e non sempre quelle di ‘successo’) nel seguire Gesù, l’Autore offre attraverso il suo ‘cammino’ una fonte ricca di esperienze valide.Cape continua ancora oggi a camminare in vari Paesi del mondo, annunciando il regno di Dio e cercando la riconciliazione e la giustizia tra gli uomini.
ISBN: 9788885290235
Producer: Patmos
Product Code: 9788885290235
Weight: 0,270kg
Binding: Brossura
Language: Italian

Sample chapter

Cosa hai detto che devo fare,
Signore?

«Che cosa ti ha spinto al ministero di lavare i piedi?». Questa domanda mi è stata rivolta molte volte da quando mi sono messo in cammino per Gesù. La mia risposta è piuttosto semplice: «L’ho predicato a me stesso».
Tutto ebbe inizio una mattina, mentre leggevo il quarto capitolo del Vangelo di Luca, dove Gesù diceva:

‘Lo Spirito del Signore è sopra di me, perché mi ha unto per evangelizzare i poveri; mi ha mandato per guarire quelli che hanno il cuore rotto, per proclamare la liberazione ai prigionieri, e il recupero della vista ai ciechi; per rimettere in libertà gli oppressi, e per predicare l’anno accettevole del Signore’ (Luca 4:18-19 ND).

Rimasi talmente colpito da queste parole, che mi sentii spinto, qualche domenica più tardi, a predicare su questo tema nella nostra chiesa locale a Robinhills, presso Randburg. La sfida rivolta quella sera ai membri della Chiesa delle Nazioni fu: «Lo Spirito del Signore è davvero sopra di voi?».
Eravamo una chiesa che asseriva di essere ripiena dello Spirito, di vivere nella pienezza della potenza della guida di Dio secondo lo Spirito Santo, ma mi colpì un fatto: se i requisiti elencati nel verso appena citato erano quelli necessari affinché lo Spirito di Dio fosse sopra suo Figlio, allora quanto più lo erano perché fosse sopra di noi? Stavamo, come chiesa, realmente predicando il vangelo ai poveri? Stavamo veramente proclamando la liberazione ai prigionieri, quelli cioè che erano schiavi del peccato? Stavamo davvero guarendo i malati nel modo in cui Gesù desiderava e ci richiedeva di fare, e stavamo portando speranza agli emarginati e agli oppressi della società? Stavamo realmente evangelizzando e proclamando la potenza salvifica di Gesù e il Suo regno? Ci piaceva pensare che stavamo compiendo tutte queste cose, ma era effettivamente così o ci stavamo solo limitando a pensarle e a parlare di esse?
Quella sera, durante l’incontro, sentimmo Dio e il suo Spirito Santo muoversi con potenza e assistemmo al ravvedimento e alla liberazione di molti dai loro pesi e problemi. Mentre, poco più tardi guidavo verso casa, ebbi una profonda consapevolezza delle due dinamiche del Regno di Dio che stavano lavorando contemporaneamente nel mio cuore. Da una parte provai un senso di vita e risurrezione su quanto era successo quella sera durante l’incontro; dall’altra, invece, provai un senso di morte e pesantezza. Sapevo bene che nella mia stessa vita esisteva una parte, nel mio rapporto con il Padre, che non era sotto il controllo del suo Spirito. Ciò fece sì che le mie preghiere prendessero una direzione completamente diversa, la quale era destinata a cambiare la mia vita. Per un mese intero, ogni mattina, non lessi alcun altro versetto della Bibbia che quello in Luca 4 e dissi: «Signore, non lascerò questo posto fino a quando queste parole non si realizzeranno nella mia vita». Ogni giorno invocavo Dio, spesso in lacrime, supplicandoLo di non lasciare che alcuna parte della mia vita o del mio essere rimanesse fuori della Sua volontà, poiché io desideravo la pienezza di tutto ciò che il suo Spirito poteva offrire e avrei fatto di tutto, dal punto di vista spirituale, fino a quando non avessi visto l’adempimento di tutto ciò.
Poi una mattina, mentre pregavo nel mio salotto, sentì il Signore indirizzarmi al versetto 21 di Luca 4: ‘Oggi, si è adempiuta questa Scrittura, che voi udite’. Era come se Dio mi stesse dicendo: «Va bene, figlio mio, queste parole sono compiute in te dal mio Spirito; sono tue». In un attimo sentii come se un enorme peso mi fosse stato tolto. Iniziai a saltare per la stanza, danzando e lodando Dio. Ma sapevo di fatto che questa non era la fine: era soltanto l’inizio.
La mia prima risposta fu: «Grazie per questo, Padre… ma ora che succede?». Nel corso di alcune settimane, mentre aspettavo in preghiera il Signore, Egli mi diresse a Giovanni 2:5, dove la madre di Gesù disse ai servitori: ‘Fate tutto quel che vi dirà’. Quel breve verso mi spinse all’azione. Invocai Dio, impegnandomi a fare tutto ciò che mi avesse detto, senza compromessi. Poi tornai in chiesa e predicai, dicendo loro: «Fate tutto quel che vi dirà». Dissi alla chiesa che da quel momento in avanti qualsiasi cosa Dio ci avesse detto di fare, l’avremmo fatta. Penso ora che in quel momento il Signore debba aver guardato giù e sorriso, dicendo: «Se solo sapeste cosa vi aspetta!».
Alla domanda successiva: «Ma come farò a sapere cosa dovrò fare, Signore?» Lo intuii rispondere: «Guarda cosa ho fatto io e fallo anche tu». Così, con nuovi occhi e nuove orecchie spirituali, iniziai a leggere da capo i Vangeli. Per diversi mesi li divorai con grande entusiasmo e fervore, vedendo le cose che Gesù aveva detto e fatto. Per me era manna dal cielo, ed ero impaziente di vedere cos’altro sarebbe successo. Poi un giorno, come un fulmine a ciel sereno, rimasi colpito da Giovanni 13:4-5, un passo che ha scosso ogni fibra del mio essere privandomi di ogni mia sicurezza, e che era destinato a cambiare il corso della mia vita:

Gesù... si alzò da tavola, depose le sue vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse. Poi mise dell’acqua in una bacinella, e cominciò a lavare i piedi ai discepoli e ad asciugarli con l’asciugatoio del quale era cinto (Giovanni 13:4-5).

Provai un senso di timore reverenziale davanti a questo atto di servizio amorevole di Gesù. Improvvisamente immaginai la regina Elisabetta scendere nella cucina di Buckingham Palace e iniziare a lavare i piedi ai suoi servitori, creando in loro una reazione di assoluta meraviglia. Poi il Padre mi disse: «Vedi, David, lei è solo un monarca terreno, ma mio Figlio è il Re dei re ed il Signore dei signori». Iniziai a piangere, realizzando l’abnegazione del nostro Signore in questo meraviglioso atto. «Cosa mi stai dicendo esattamente, Signore?» chiesi, e immediatamente Lo intuii rispondere: «David, voglio che tu faccia lo stesso».

Capitolo 1:

Soweto




«Devo essere impazzito. Voglio farlo veramente? Le persone mi permetteranno davvero di lavare i loro piedi? Signore…» dissi a mezza voce, «mi sento così stupido! Perché non fai sì che la terra si apra e mi inghiotta e fingiamo che questo non sia mai accaduto?». Tali e altri simili pensieri mi attraversarono la mente quella mattina mentre percorrevo con fatica la strada ricoperta di rifiuti, respirando lo smog proveniente dai fuochi a carbone di Soweto. Calzoncini, una maglietta con la scritta I piedi lavati da Gesù sono piedi felici, comode scarpe con una spessa suola di gomma, calzini tirati giù e un grosso zaino in spalla: dovevo essere proprio uno spettacolo, nonostante i flessibili criteri di Soweto. Lo zaino, dal robusto telaio, sosteneva grossi recipienti d’acqua, Bibbie, asciugamani su cui si leggeva Lavato da Gesù, una piccola sedia pieghevole, una croce e una bacinella, entrambi in legno. Non passavo certamente inosservato!
«Signore, mi sento tanto stupido» dissi ancora. «David» percepii, in risposta, la voce dello Spirito Santo, «voglio che tu appaia così perché voglio che tu mi sia testimone».
In seguito, mi resi conto che se dovevo essere considerato pazzo, preferivo esserlo per Gesù e per nessun altro: il mondo ha già abbastanza pazzi di per sé. Ma in quella fredda mattina di ottobre il futuro mi stava davanti ignoto e minaccioso…
Con ginocchia tremanti, camminai per tre isolati, attirando sguardi curiosi da parte dei passanti. A Soweto i bianchi si vedono molto raramente; solo una piccola percentuale di quelli residenti a Johannesburg vi è mai entrata. La township (in Sudafrica, è una grandissima zona abitata solo da neri, ndr), quale era conosciuta in passato, si trova a sud-ovest di Johannesburg (perciò Soweto – So-uth We-stern To-wnship). Esteso agglomerato di abitazioni di vario genere, dalle baracche alle sontuose residenze, essa conta quasi 3 milioni di abitanti.
è un posto dove la vita umana ha poco valore. Il tasso di illegittimità è altissimo, con forse il 70% dei bambini nati fuori dal matrimonio. Il risultato è un mucchio selvaggio di bambini turbolenti, alla frequente ricerca di violenza, vista come un diversivo all’apparente mancanza di significato della vita. Durante un tipico fine settimana a Soweto si commettono dai cinque ai dieci omicidi e altrettante violenze sessuali, anche se si crede che molte di più non vengano proprio denunciate. Scaturiti da un malvagio sistema di apartheid, i mali di Soweto vengono aggravati da un diffuso culto satanico. Si stima che ci siano almeno tremila stregoni attivi e il cristianesimo viene spesso considerato come ‘la religione degli uomini bianchi’.
Nel periodo in cui cominciai il mio percorso, Soweto stava fremendo per un’insolita agitazione. Gli omicidi della ‘collana’ erano ormai un fatto comune. La vittima veniva obbligata a tenere intorno al collo uno pneumatico il cui interno veniva riempito con della benzina. Gli si porgeva poi una scatola di fiammiferi e gli si ordinava di darsi fuoco. Ne conseguiva una crudele morte per ustioni e soffocamento, mentre la folla danzava beffarda intorno allo spettacolo.
Questo era il luogo dal quale Dio mi aveva incitato ad iniziare il lungo pellegrinaggio attraverso la Repubblica Sudafricana, e fu per me un vero e proprio battesimo di fuoco, a suo modo. A meno di un minuto dall’inizio del mio incerto viaggio, notai che quattro loschi figuri, dall’aspetto di teppisti, attraversavano la strada camminando nella mia direzione. In quel momento mi sentii tutto fuorché l’uomo di Dio pieno di fede e di potenza.
– Cosa vuoi qui? – domandò aggressivo il capobanda.
Parte della mia preparazione per il viaggio consistette nel far stampare la scritta Io cammino con Gesù su adesivi fluorescenti. Per rompere il ghiaccio, mi misi ad attaccare adesivi su questi teppisti, mormorando: «Devi attaccarti a Gesù». Non era un’ottima teologia, ma era tutto ciò a cui riuscivo a pensare in quel momento. Una volta riacquistato il mio sangue freddo, iniziai a parlare con loro dell’amore di Gesù, di come Egli era morto per loro, pagando il prezzo di tutti i loro peccati, e del fatto che nulla di ciò che avevano fatto avrebbe potuto superare il prezzo pagato sulla croce. Dopo 20 minuti gli chiesi se avevano capito, e se sarebbe piaciuto loro ricevere Gesù nei loro cuori. La loro risposta positiva mi rese felicissimo.
Proposi: – Se siete in imbarazzo, possiamo andare a pregare altrove.
– No, – risposero, – vogliamo pregare proprio qui.
In questo modo, lì sulle strade di Soweto, a mezzora dall’inizio del mio mandato, fui testimone della fedeltà del Signore, mentre questi quattro teppisti abbandonavano i loro cuori nelle mani del Dio vivente. Si rivelò poi un evento di grande importanza: mentre i quattro si accingevano ad andarsene, accadde un fatto meraviglioso che non si è più ripetuto. Uno di loro disse agli altri tre: – Voi andate. Io seguo quest’uomo. – In quel momento ebbi un’idea di cosa dovesse aver provato Gesù quando Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, lasciarono il loro padre mentre riparava le reti per seguirLo immediatamente.
Quell’uomo si chiamava Peter, ed io credo che sia stato Dio a metterlo al mio fianco affinché mi proteggesse. Rapidamente acquisì una profonda conoscenza delle Scritture mentre, facendomi da interprete, predicò il Vangelo almeno cinquanta volte nei due giorni seguenti. A causa del suo passato di gangster, Peter era noto in tutta la township.
Appena finivo di lavare i piedi, lui andava a stendere gli asciugamani sullo steccato e a buttare via l’acqua della bacinella. Mentre lo faceva la gente spesso mi diceva di nascosto: «è bene che Peter ti segua; ha bisogno di ascoltare queste cose che tu predichi». In più di un’occasione, quando una folla ostile si radunava intorno a noi per schernirci e deriderci, bastava che Peter mostrasse loro il pugno per ottenere all’istante un silenzio di tomba. Forse questo comportamento non era esattamente l’ideale per dei cristiani, ma era, date le circostanze, senza dubbio efficace.
Fin dal principio ho sempre conosciuto la fedeltà di Dio ma so anche che Lui verifica costantemente la mia ubbidienza. Se mi fossi tirato indietro proprio in quel primo giorno, le migliaia di persone che hanno poi riconosciuto Gesù stando coi piedi nella bacinella non avrebbero mai sperimentato la grazia salvifica del nostro Signore. Durante il mio primo giorno per le strade di Soweto, lo Spirito Santo mi permise di condurre al Signore sedici persone e di lavarne i piedi a tredici. Il giorno seguente furono tredici le persone condotte al Signore, e sedici quelle a cui lavai i piedi.
Quella notte Dio mi parlò. «David, non voglio che tu tenga il conto di quanti piedi lavi e di quante persone vengono a riporre la fiducia in me, perché non voglio che tu ti affanni, ma solo che ubbidisca alle cose che ti mostrerò».
Non so quanti piedi abbiamo lavato finora lungo le strade e i viottoli; so solo che sono molte migliaia, e Dio mi ha insegnato che nel Suo Regno non esiste né il successo né il fallimento, ma solo l’ubbidienza. Un giorno ha buon esito solo se lavo venti o trenta paia di piedi? Sono un fallimento quando non ne lavo nemmeno uno? Non credo. Dio guarda al cuore, e tutto ciò che desidera e cerca da noi è che Gli obbediamo come figli fedeli.
Alcuni dei giorni trascorsi a Soweto furono davvero gloriosi con Dio. Ho trovato la gente, a volte, così spontanea e incoraggiante con me quando, essendo io un bianco, avrebbero avuto tutti i diritti di disprezzarmi. Gli abitanti di Diepkloof (un sobborgo di Soweto), in particolare, furono tanto premurosi: mi salutavano per strada e mi offrivano spontaneamente da mangiare.
Una mattina, mentre mi addentravo a Diepkloof, una giovane donna mi si avvicinò e mi chiese di andare a casa sua, dove mi presentò sua madre e poi riunì tutto il vicinato. La piccola casa era gremita, mentre condividevo l’amore di Gesù con le persone; poi, dopo averle invitate a ricevere Gesù come Signore, iniziai a lavare i loro piedi. Fu una maratona che durò circa due ore e mezzo. In seguito, un buon uomo che abitava dall’altro lato della strada mi chiese di andare a casa sua. Vi andai e anche lì la sala era piena. Un’altra maratona! Verso la fine di quella giornata, la gente mandava a chiamarmi dicendo: «Per favore, dite all’uomo con la croce e la bacinella di venire a pregare per noi e a lavare i nostri piedi». Sembrava di camminare insieme a Gesù!
Ad un certo punto, durante il giorno mi fermai, senza saperlo, in uno shebeen (un locale in cui si bevevano alcolici illegalmente) e dopo aver annunciato il vangelo con le persone sedute lì a bere, ebbi la gioia di aiutare la titolare dello shebeen ad accettare Gesù davanti a tutti i suoi clienti. Inoltre potei lavare i piedi di quattro persone e vederle riporre la loro fede nel Signore. Dio è così meraviglioso! Lode al Suo nome!
Un sabato mattina, con mia grande gioia, un mio amico, pastore africano, mi annunciò che­ lui e un paio di altre persone mi avrebbero accompagnato nel giro da un capo all’altro di Soweto. Avevamo deciso di percorrere una delle strade principali che attraversano il centro di Diepkloof in direzione di Orlando, ma non avevamo fatto molta strada, quando mi fermai a parlare con un giovane. Presto fu raggiunto da altri tre. Mentre noi condividevamo con gioia il vangelo con quei quattro ragazzi, una gran folla cominciò a radunarsi. Dopo un po’ riuscimmo a condurli alla salvezza, al che io iniziai a lavare i loro piedi. La strada divenne incredibilmente affollata, a causa dei passanti che continuavano ad ammassarsi intorno a noi. Le automobili cominciavano a fermarsi e gli abitanti delle case vicine erano sorpresi a questa vista. Dopo aver lavato i piedi ai quattro giovani, regalammo loro dei Vangeli, e ci fu grande esultanza. La gente usciva dalle loro case per ringraziarmi di essere andato a Soweto e di aver portato loro l’amore di Gesù. Poco dopo, un’altra donna si avvicinò dicendo di non conoscere Gesù, ma che le sarebbe appunto piaciuto conoscerlo. Con molto piacere condivisi con lei la Parola ed ebbi il privilegio di vederla ricevere la salvezza mentre lavavo i suoi piedi sul marciapiede.
Dopo questo fummo accolti in un’altra casa, dove le persone entravano una dopo l’altra e ricevevano la sal­vezza dopo che avevo lavato loro i piedi. Fu un vero privilegio. I miei compagni dissero che non ave­vano realizzato quanto potente fosse questo ministero e, sebbene talvolta mi sentivo come se fos­si un vero e proprio spettacolo, ringraziai Dio perché stava glorificando Se stesso a Soweto.
Durante questo periodo, Dio iniziò a insegnarmi molte cose sull’obbedienza a Lui, ed io cominciai a riflettere su come, in effetti, Egli si sia potuto servire solo di coloro che gli erano ubbidienti. Abramo, pensai, era proprio questo genere di uomo. All’età di settantacinque anni, al comando di Dio, egli si sradicò dal suo paese per trasferirsi nel paese che [Dio gli mostrò] (Genesi 12:1). Poi, quando finalmente raggiunse Canaan, la Terra Promessa, Dio lo ricondusse nel deserto. Molto spesso vediamo come Dio ha messo alla prova l’ubbidienza di Abramo, e solo quando Abramo ubbidiva al Suo volere, Dio poteva onorarlo. L’ultima prova di ciò fu la prontezza da parte di Abramo di restituire il figlio tanto atteso in sacrificio a Dio. Abramo dovette arrivare al punto di alzare il coltello su Isacco, il suo amato figlio, prima che Dio lo fermasse dicendo: ‘Ora so che tu temi Dio’.
Per la sua obbedienza, Dio disse ad Abramo:

‘Io giuro per me stesso, dice il Signore, che, siccome tu hai fatto questo e non mi hai rifiutato tuo figlio, l’unico tuo, io ti colmerò di benedizioni e moltiplicherò la tua discendenza come le stelle del cielo… Tutte le nazioni della terra saranno benedette nella tua discendenza, perché tu hai ubbidito alla mia voce’ (Genesi 22:16-18).

Se non fosse stato per l’ubbidienza di Abramo a Dio, non ci sarebbero stati Isacco né Giacobbe né Giuseppe, nessuna continuazione della discendenza messianica fino a Davide e a Gesù. E se non ci fosse stato Gesù, non avremmo potuto vivere oggi nella pienezza della vittoria della croce di Gesù. Mi meraviglia pensare che l’obbedienza di un uomo abbia cambiato la storia. Spesso mi chiedo quanti Abramo camminino oggi in disobbedienza a Dio, perdendo l’enorme potenziale che Lui vorrebbe dare loro se solo ascoltassero, avessero fede e ubbidissero.
Durante il periodo che stetti a Soweto si formò un gruppo di persone che venivano con me di casa in casa, e arrivavano richieste come: «Per favore, chiedi all’uomo con la croce e la bacinella di venire». Molto spesso si trattava di pregare per la guarigione, come nel caso di una donna che, avendo sentito che ero nella zona, mi chiese di andare a pregare per la suocera. Arrivai verso sera e quello che vidi fu uno degli spettacoli più tragici della mia vita. La situazione nella casa era di miseria nera, c’era sporco ovunque e un odore sgradevole che impregnava l’intero posto. Non c’era quasi mobilio e la cucina era sudicia. Sono stato in molti luoghi desolati e squallidi, ma classificai questo come il peggiore.
Fui portato in una stanza dove avevano messo l’anziana signora su di una sedia ad aspettare il mio arrivo. Mi fu detto che aveva un problema alle gambe. Quando tolsero le coperte che avvolgevano le gambe e i piedi, quello che vidi fu orribile. Non avevo mai visto delle gambe e dei piedi così infetti. Il pus e il sangue fuoriuscivano e scorrevano giù. I piedi erano gonfi oltre misura e le piaghe in cancrena erano troppo terribili da descrivere. L’unico modo per dire che quelli erano dei piedi, era la presenza delle unghie alle estremità.
Compresi che il suo più grande bisogno era a livello spirituale. Sebbene fosse molto anziana, percepii che c’era una mancanza di perdono nella sua vita. Questo si rivelò essere la verità, dato che nella sua gioventù aveva attaccato e pugnalato qualcuno e aveva coltivato l’odio per il resto della sua vita. Mentre le parlavo, le avevano ricoperto le gambe, ma lei si lamentò che c’era qualcosa che non andava. Al che ci rendemmo conto che un cagnolino, precedentemente entrato nella stanza, le stava leccando le ferite. C’era così tanto sangue che fuoriusciva dalle sue gambe, che quando portarono via il cagnolino, era coperto di sangue e muco. Dopo averle chiesto di abbandonare i suoi peccati al Signore, le sollevai i piedi e dopo averli messi nella bacinella, glieli lavai. Quando tolsi la bacinella vidi che al posto dell’acqua si era formata una pozza di sangue. In tutta la mia vita non mi sono mai sentito così provato nella fede. Mentre pregavo per la signora, sentii il Signore dirmi: «Se lo hai fatto per almeno uno di questi miei piccoli, lo hai fatto a me» (cfr. Matteo 25:40).
Mi piacerebbe dirvi che quella signora fu guarita, ma l’ultima volta che la sentii mi disse che non lo era stata. Tuttavia percepii che il Signore stava insegnandomi a fidarmi di Lui in ubbidienza anche quando non conoscevo il perché. Mi stava istruendo a fidarmi della sua Parola e ad aggrapparmi alle parole di Gesù: ‘In verità, in verità, vi dico, che chi crede in me farà anch’egli le opere che faccio io; e ne farà di maggiori, perché io me ne vado al Padre’ (Giovanni 14:12). Attraverso molte lacrime e molta persistenza, semplicemente aggrappandomi a quella parola per un periodo lungo, fui in grado di vedere la sua verità funzionare nella mia vita.
Ricordo un’occasione di totale umiliazione mentre camminavo per le strade di Ladysmith nel Natal. Mi imbattei in un cieco mendicante che era ovviamente molto conosciuto dagli abitanti del luogo. Mentre era seduto sul marciapiede davanti a me, sentii la mia fede crescere. Gli chiesi di togliersi gli occhiali da sole, dalle spesse lenti, che portava. Mentre lo guardavo, tutto quello che potevo vedere fu il bianco degli occhi girati nelle sue orbite. A questo punto, una folla numerosa si era riunita mentre mi vedevano stare in piedi davanti a lui con la croce e la bacinella. Posai le mie mani sui suoi occhi e chiesi a Dio di guarirlo, proclamando la potenza guaritrice dello Spirito Santo. Mentre toglievo le mani dai suoi occhi, mi accorsi che le sue pupille non erano tornate al loro posto. La folla rise e si prese gioco di me, mentre me ne andavo via piangendo, non comprendendo, ma confidando nella Parola di Dio che un giorno, in qualche modo, avremmo fatto cose più grandi di queste.
In queste situazioni, in cui Dio continuava a mettermi alla prova per vedere se Lo avrei servito in ubbidienza pur non sapendo il perché, cominciai a rendermi conto che Dio è anche un Dio di incoraggiamento. Egli continuò a lasciar cadere piccoli frammenti di incoraggiamento che edificavano la mia fede. Per esempio, un pomeriggio durante il periodo trascorso a Soweto, lavai i piedi a una cara anziana donna zulù. Mi raccontò di essere venuta a Soweto a causa delle gravi lotte tra fazioni a Tugela, in Natal. Successivamente mi cercò e disse che, prima che io lavassi i suoi piedi, aveva sofferto di diarrea cronica e di terribili crampi allo stomaco per diversi giorni, ma che nel momento in cui le ebbi lavato i piedi i crampi l’avevano lasciata e il suo stomaco si era rimesso a posto. Lode al nostro Dio, che è davvero il Dio di ogni incoraggiamento!
Se vogliamo vedere il regno di Dio edificato, accompagnato dai segni e dai prodigi di cui leggiamo nei Vangeli e negli Atti, il punto d’inizio deve essere la semplice obbedienza a quella dolce voce interiore del Signore. Per me la prova più grande della mia obbedienza e della mia fede arrivò inattesa una mattina a Soweto. Stavo percorrendo da solo una delle zone della township che più tardi scoprii essere una delle più pericolose, un covo di tutti i peggiori criminali, assassini, ladri d’auto e rapinatori di banche. Un uomo -che si rivelò in seguito un gangster- era appoggiato a un cancello di ferro con due suoi amici. Avvicinandomi a lui, gli attaccai uno dei miei adesivi verdi fluorescenti con la scritta Io cammino con Gesù, e iniziai una conversazione. I suoi due amici finsero dapprima di non ascoltare; poi, quando la conversazione iniziò a ravvivarsi, ne furono, loro malgrado, a poco a poco coinvolti, con mio grande intimo divertimento. Dopo un po’ di tempo si consultarono nella loro lingua e mi dissero: – Vogliamo mostrarti qualcosa: vieni con noi!
Iniziai ad avvertire una indefinibile paura mentre camminavo con loro verso il retro di uno squallido edificio. Quel ‘qualcosa’ si rivelò essere un piccolo tugurio in lamiera. In quel momento apparvero altri quattro gangsters, portando il totale a sette. Improvvisamente mi spinsero dentro la baracca e chiusero dall’interno la porta con un catenaccio. Mi si affollarono intorno deridendomi e cominciarono a spingermi, nell’oscurità di quelle quattro mura, chi di fronte, chi alle spalle. Il cuore iniziò a battermi forte nel petto, mentre mi sentivo grondare di sudore freddo. Ero disarmato, indifeso; loro portavano quasi sicuramente dei coltelli. Ma anche se fossi stato armato, per nulla al mondo avrei usato un’arma nel nome di Gesù.
Mentre tutto ciò accadeva quasi come al rallentatore, la mia mente lavorava freneticamente. Così questo era il modo in cui tutto sarebbe finito. E pensare che avevo appena iniziato! Che ne sarebbe stato della mia carissima moglie Carol? E dei miei adorati figli? Ero in trappola, completamente solo. Non c’era via di scampo. Sentivo solo l’odore della polvere e del sudore umano, mentre, insultandomi e ridendo, i miei carnefici mi si stringevano addosso.
In quell’istante mi balzò in mente un verso delle Scritture, contenuto nel libro dell’Apocalisse, che si riferiva agli uomini di Dio: ...e non hanno amato la loro vita, anzi l’hanno esposta alla morte (Apocalisse 12:11). All’improvviso, sentii che Gesù mi stava ponendo la più radicale delle domande, la prova finale di ubbidienza: «Mi ami abbastanza da morire per me?» ed in quel momento seppi nel profondo del mio cuore che la risposta era «Sì»... che sarebbe stato, cioè, di gran lunga preferibile morire in ubbidienza, compiendo ciò che Dio mi aveva chiamato a fare, piuttosto che continuare a vivere in disubbidienza non facendo la Sua volontà. Tutto ciò accadde in pochi secondi, mentre i miei assalitori mi si facevano sempre più vicini. Mi aspettavo una pugnalata da un momento all’altro. L’assurdità di tutto questo mi martellava la mente. Proprio io, che avrei potuto starmene comodamente a servire Gesù in qualità di pastore nella mia chiesa della zona nord di Johannesburg, proprio io stavo per essere ucciso in uno squallido tugurio nei bassifondi di Soweto. Come mi ci ero trovato?
Come?

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