Trarre profitto dalla Parola
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Vi sono seri motivi per credere che la lettura e lo studio della Parola, spesso non portino alcun beneficio spirituale a coloro che vi si dedicano. Anzi, in molti casi provocano più danni che benefici!La sacra Scrittura non ci è stata data per speculare e così gratificare il nostro intelletto, bensì per essere preparati "per ogni opera buona"! E ciò avviene tramite l'insegnamento, la riprensione e la correzione
ISBN: 9788888747057
Producer: Alfa e Omega
Product Code: 9788888747057
Weight: 0,160kg
Binding: Brossura
Language: Italian

Book contents

INDICE

Prefazione all’edizione italiana

1. Le Scritture e il peccato
2. Le Scritture e Dio
3. Le Scritture e Cristo
4. Le Scritture e la preghiera
5. Le Scritture e le buone opere
6. Le Scritture e l’obbedienza
7. Le Scritture e il mondo
8. Le Scritture e le promesse
9. Le Scritture e la gioia
10. Le Scritture e l’amore

Foreword

Arthur Walkington Pink naque a Notthingham, in Inghilterra, nell’aprile del 1886. Crebbe in una famiglia cristiana molto devota. Un solo esempio di tale devozione sarà sufficiente per rendere l’idea dell’atmosfera che si respirava in casa Pink. Il sabato sera tutti i giocattoli venivano riposti e al loro posto si sistemavano alcuni libri illustrati da leggere nel Giorno del Signore: Il pellegrinaggio del cristiano e La guerra santa di John Bunyan, oppure Il libro dei martiri di John Foxe. Dopo un periodo d’incredulità e di sviamento, e dopo aver professato per un certo tempo la “teosofia”, nel 1908 Arthur si convertì a Cristo.
Nel 1910 si recò negli Stati Uniti per studiare, ma già nel 1911 cominciò a predicare in vari luoghi: Colorado, California e Kentucky. Fu in quest’ultima località che incontrò e, alla fine del 1916, sposò Vera E. Russel, la più grande benedizione terrena che Dio gli concesse. Nei successivi quattro anni servì come pastore di una chiesa battista a Spartanburg, nella Carolina del Sud, dove cominciò a leggere gli scritti di Jonathan Edwards, il quale lo sconvolse per la profondità e la solidità della sua teologia e del suo ministero. Fu così che Pink si lasciò alle spalle i metodi pragmatici di Finney per allinearsi con la visione di uomini come Edwards e Spurgeon.
Fu a Spartanburg che Pink cominciò a scrivere. Nel 1921 aveva già pubblicato The Sovereignity of God, The Divine Inspiration of the Bible, The Seven Sayings of the Saviour on the Cross, Why Four Gospels e The Redeemer’s Return. Nel 1922 uscì il primo numero del periodico «Studies in Scriptures», dedicato all’esposizione della Scrittura e a studi biblici. Pink avrebbe continuato a pubblicare questa rivista mensile fino alla sua morte nel 1952. Oltre agli articoli da lui scritti, Pink includeva spesso nella rivista pagine di servi di Dio del passato: i puritani come John Owen, Richard Sibbes e Matthew Henry, oppure i loro successori come Jonathn Edwards e Charles Spurgeon. è per questa ragione che abbiamo deciso di inserire gli scritti di Pink nella collana “Sentieri Antichi”, in quanto, a fianco di David Martyn Lloyd-Jones, egli costituisce, nel XX secolo, l’anello di congiunzione tra la fede protestante ed evangelica del passato e quella del presente. Anzi, è stato proprio Lloyd-Jones a favorire la divulgazione dei suoi scritti. Egli cominciò a leggere «Studies in Scriptures» nel 1942, continuando fino alla morte di Pink dieci anni più tardi. Era inoltre sua abitudine incoraggiare i giovani pastori a fare altrettanto.
Gli scritti di Pink sono stati e sono tutt’ora una delle risorse più benefiche per le chiese evangeliche. Basta recarsi in una qualsiasi libreria evangelica a Londra, a New York e ovunque si parli inglese, per rendersi conto di quanto siano ancora influenti gli scritti di questo servo di Dio. Il nostro desiderio e la nostra preghiera sono che l’opera di grazia di Arthur Pink possa recare nella nostra nazione gli stessi benefici che ha recato altrove.

L’EDITORE

Sample chapter

Capitolo 1
Le Scritture e il peccato
Vi sono seri motivi per credere che la lettura e lo studio della Parola, spesso non portino alcun beneficio spirituale a coloro che vi si dedicano. Anzi, in molti casi provocano più danni che benefici! Siamo coscienti che queste affermazioni sono forti, ma in realtà non lo sono più di quanto la situazione richieda. Infatti, i doni divini possono essere adoperati male e si può abusare della misericordia del Signore.
Che questo sia quanto accade, è evidente da ciò che possiamo osservare. Anche «l’uomo naturale» può dedicarsi (e spesso lo fa) allo studio delle Scritture con lo stesso entusiasmo e piacere con cui studia altre discipline. Quando ciò si verifica aumenta la conoscenza, ma aumenta anche l’orgoglio. Come il chimico prova piacere nell’effettuare esperimenti interessanti, così colui che studia la Parola è pieno di gioia quando accresce le proprie conoscenze. Ovviamente la gioia di quest’ultimo non è più spirituale di quella del primo. Inoltre, come i successi del chimico lo portano ad avere una maggiore stima di sé ed a guardare con disprezzo gli altri, così (ahimè) avviene spesso anche per coloro che investigano la Bibbia solo per conoscere argomenti particolari quali la numerologia, la tipologia o la profezia.
Le motivazioni che spingono a studiare la Parola di Dio possono essere diverse. Alcuni la leggono per soddisfare la propria presunzione letteraria. In alcuni circoli, ad esempio, si è diffusa la tendenza ad avere delle nozioni generali sulle Scritture, in quanto la mancanza di conoscenza della Bibbia è considerata una lacuna formativa. Altri leggono la Bibbia per appagare la loro curiosità. Altri ancora per alimentare la propria fierezza settaria. Costoro considerano loro dovere conoscere approfonditamente le caratteristiche della propria denominazione e sono sempre alla ricerca dei “testi prova” a sostegno delle loro dottrine! Poi ci sono quelli che studiano la Scrittura per saper rispondere a coloro che hanno convinzioni differenti dalle loro. Purtroppo, in tutti questi casi, non c’è un desiderio ardente di cercare Dio e di essere edificati spiritualmente, di conseguenza non c’è nessun beneficio reale per l’anima.
Come, allora, trarre davvero profitto dallo studio e dalla lettura della Parola? In II Timoteo abbiamo la risposta a questa domanda: «Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona» (II Timoteo 3:16-17). La sacra Scrittura non ci è stata data per speculare e così gratificare il nostro intelletto, bensì per essere preparati «per ogni opera buona»! E ciò avviene tramite l’insegnamento, la riprensione e la correzione. Ora cercheremo di sviluppare questo principio con l’aiuto di altri passi.

1. Un individuo trae un beneficio spirituale dalla Parola quando essa lo convince di peccato.
Il suo primo compito è, infatti, quello di rivelare il nostro stato di corruzione, la nostra meschinità e la nostra depravazione. Una persona può essere moralmente irreprensibile e corretta la sua relazione con gli altri, ma quando lo Spirito Santo applica la Parola al cuore ed alla coscienza, gli occhi accecati dal peccato si aprono e l’uomo diventa consapevole della propria condizione davanti a Dio. Cosciente del suo stato di perdizione grida: «Guai a me, sono perduto» (Isaia 6:5). In questo modo ogni individuo realmente nato di nuovo è stato portato a realizzare il suo bisogno di Cristo: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, bensì i malati» (Luca 5:31).
è necessario sottolineare che tale convinzione, che porta il cuore ad essere consapevole delle terribili conseguenze prodotte dal peccato, non è limitata all’esperienza iniziale che immediatamente precede la conversione. Ogni volta che Dio benedice la sua Parola nel cuore, si diventa coscienti di quanto si è lontani dallo standard che egli ha stabilito per noi: «Siate santi in tutta la vostra condotta» (I Pietro 1:15). Questi, dunque, sono i primi interrogativi che bisogna porsi: «I tristi fallimenti umani di cui parla la Scrittura, non sono anche i miei? Quando leggo la storia della vita perfetta di Cristo, mi accorgo di quanto tremendamente diversa sia la mia?».

2. Un individuo trae un beneficio spirituale dalla Parola quando essa lo porta a fare cordoglio per il proprio peccato.
Di colui che riceve il seme in luoghi rocciosi è detto che «ode la Parola e subito la riceve con gioia, però non ha radice in sé ed è di corta durata» (Matteo 13:20:21). Di coloro che, invece, furono convinti di peccato dalla predicazione di Pietro è scritto che «essi furono compunti nel cuore» (Atti 2:37).
La stessa differenza esiste anche oggi. Molti ascoltano sermoni raffinati che dimostrano le grandi capacità oratorie ed intellettuali del predicatore, ma che, generalmente, non cercano di applicare in profondità la verità alla coscienza di chi ascolta. La Parola è ricevuta con approvazione, ma nessuno si umilia davanti a Dio, né si preoccupa di camminare più coerentemente con lui. Quando, invece, un fedele servo del Signore non cerca di ottenere prestigio alcuno, ma espone tutto il consiglio di Dio al fine di far riflettere le persone sulla propria condizione e sulla propria condotta, anche se molti disprezzeranno ciò che egli dirà, coloro che sono stati davvero rigenerati apprezzeranno la predicazione e, umiliandosi davanti al Signore, esclameranno: «Misero me uomo!» (Romani 7:24, “Diodati”). La stessa cosa avviene quando leggiamo privatamente la Bibbia: solo quando lo Spirito Santo applica la Parola in modo che io veda e senta la corruzione del mio cuore, sono realmente benedetto.
Riflettiamo su ciò che dice Geremia: «Dopo che mi sono sviato, io mi sono pentito; dopo che ho riconosciuto il mio stato, mi sono battuto l’anca; io sono coperto di vergogna, confuso» (Geremia 31:19). Caro lettore, hai mai vissuto quest’esperienza? Quando leggi le Scritture il tuo cuore è rotto ed umiliato davanti a Dio? Sei convinto di peccato al punto da pentirti ogni giorno? Gli Israeliti dovevano mangiare l’agnello pasquale con «erbe amare» (Esodo 12:8). Allo stesso modo, cibando l’anima nostra della Parola che «è diventata carne», lo Spirito Santo la fa essere «amara» prima che sia dolce al nostro palato. Nell’Apocalisse di Giovanni leggiamo: «Io andai dall’angelo, dicendogli di darmi il libretto. Ed egli mi rispose: “Prendilo e divoralo; esso sarà amaro alle tue viscere, ma in bocca ti sarà dolce come il miele”» (Apocalisse 10:9). Questo è l’ordine nelle esperienze spirituali: dobbiamo fare cordoglio prima di essere consolati (Matteo 5:4, “Diodati”) e dobbiamo umiliarci prima di essere innalzati (Pietro 5:6).

3. Un individuo trae un beneficio spirituale dalla Parola quando essa lo persuade a confessare il proprio peccato.
Siccome le Scritture sono utili «a riprendere» (II Timoteo 3:16), attraverso la lettura della Bibbia un’anima onesta riconoscerà i propri peccati. Dell’empio, invece, è detto che «chiunque fa cose malvagie odia la luce e non viene alla luce, affinché le sue opere non siano scoperte» (Giovanni 3:20). Il grido del cuore rigenerato dallo Spirito è: «O Dio, abbi pietà di me, peccatore!» (Luca 18:13). Infatti, ogni volta che siamo vivificati dalla Parola (Salmi 119:93) il nostro peccato ci è rivelato più profondamente insieme alla necessità di confessarlo: «Chi copre le sue colpe non prospererà, ma chi le confessa e le abbandona otterrà misericordia» (Proverbi 28:13). Se nascondiamo i nostri peccati non ci sarà alcun progresso nella nostra vita spirituale (Salmi 1:3). Solo se le nostre trasgressioni saranno volontariamente e dettagliatamente poste davanti a Dio, potremo trovare consolazione nella sua misericordia.
La coscienza non avrà pace ed il cuore nessun riposo finché seppelliamo il carico dei nostri peccati. Il conforto viene solo quando il peccato è completamente confessato a Dio. Ricordiamoci bene la testimonianza di Davide: «Finché ho taciuto, le mie ossa si consumavano, tra i lamenti che facevo tutto il giorno. Poiché giorno e notte la tua mano si appesantiva su di me, il mio vigore inaridiva come per arsura d’estate» (Salmi 32:3-4). Riusciamo a comprendere questo linguaggio figurato e molto incisivo? La nostra esperienza spirituale corrisponde a quella di Davide? Ci sono molti passi della Bibbia che nessun commentario, a parte quello dell’esperienza personale, può spiegare! Consideriamo ciò che è scritto nel libro dei Salmi: «Davanti a te ho ammesso il mio peccato, non ho taciuto la mia iniquità. Ho detto: “Confesserò le mie trasgressioni al Signore, e tu hai perdonato l’iniquità del mio peccato”» (Salmi 32:5).

4. Un individuo trae un beneficio spirituale dalla Parola quando essa fa sorgere in lui un più profondo odio per il peccato.
La Scrittura afferma: «Voi che amate il Signore, odiate il male!» (Salmi 97:10). Riflettiamo su queste parole di Charles Spurgeon: «Non possiamo amare Dio senza odiare ciò che egli odia. Non dobbiamo solo evitare il male ed abbandonarlo: è anche nostro dovere combatterlo con tutte le nostre forze e provare verso di esso una sincera indignazione».
Uno dei test più sicuri per appurare la genuinità di una conversione è esaminare l’atteggiamento del cuore nei confronti del peccato. Dove è stato davvero piantato il seme della santità ci deve essere, necessariamente, un senso d’avversione per tutto ciò che non è santo. Se il nostro odio per il male è sincero, saremo grati a Dio quando la sua Parola ci farà sentire colpevoli. A tale proposito riflettiamo sull’esperienza di Davide, che esclama: «Mediante i tuoi precetti io divento intelligente; perciò detesto ogni doppiezza» (Salmi 119:104). Osserviamo bene: Davide non dice solo “io mi astengo dal male”, ma “io detesto il male”; non parla solo di “alcuni” o “molti” peccati, ma di «ogni doppiezza»! Egli dichiara ancora: «Per questo ritengo giusti tutti i tuoi precetti e odio ogni sentiero di menzogna» (Salmi 119:128). Gli empi non parlano in questo modo; anzi, essi assumono l’atteggiamento opposto: «Detesti la disciplina e ti getti dietro alle spalle le mie parole» (Salmi 50:17). In Proverbi leggiamo che «il timore del Signore è odiare il male» (Proverbi 8:13). Ora, il timore del Signore si acquisisce proprio attraverso la Parola, come è scritto in Deuteronomio: «Terrà il libro presso di sé e lo leggerà tutti i giorni della sua vita, per imparare a temere il Signore, il suo Dio, a mettere diligentemente in pratica tutte le parole di questa legge e tutte queste prescrizioni» (Deuteronomio 17:19). è stato giustamente detto che «finché il peccato non è odiato non può essere mortificato». Non si può gridare contro il peccato «crocifiggilo, crocifiggilo», come fecero gli Ebrei contro Cristo, se esso non è realmente detestato come lo fu il nostro Signore!

5. Un individuo trae un beneficio spirituale dalla Parola quando essa lo guida ad abbandonare il peccato.
Il comandamento di Dio è: «Si ritragga dall’iniquità chiunque pronunzia il nome del Signore» (II Timoteo 2:19). Mentre leggiamo la Parola allo scopo di comprendere cosa piace al Signore, la sua volontà diventerà sempre più chiara e, se i nostri cuori sono retti davanti a lui, le nostre vie si conformeranno alle sue e «cammineremo nella verità» (III Giovanni 4).
La Scrittura, negli ultimi versetti del capitolo 6 della seconda lettera ai Corinzi, rivolge alcune preziose promesse a coloro che si separano dagli inconvertiti. Osserviamo che l’applicazione dello Spirito Santo non è: “Poiché abbiamo queste promesse, carissimi, consoliamoci e siamo soddisfatti di noi stessi”, bensì: «Poiché abbiamo queste promesse, carissimi, purifichiamoci da ogni contaminazione di carne e di spirito, compiendo la nostra santificazione nel timore di Dio» (II Corinzi 7:1).
Un’altra verità fondamentale è implicita in queste parole di Cristo: «Voi siete già puri a causa della Parola che vi ho annunziata» (Giovanni 15:3). La meditazione della Parola deve produrre in noi una purificazione. Anticamente si insegnava ai fanciulli a riflettere: «Come potrà il giovane render pura la sua via?» E la risposta di Dio era: «Badando a essa mediante la tua Parola» (Salmi 119:9). Non basta leggere, acconsentire e memorizzare! Ciò che conta è che ognuno applichi la Parola alla «sua via». Badando ad esortazioni come «fuggite la fornicazione» (I Corinzi 6:18), «fuggite l’idolatria» (I Corinzi 10:14), «fuggi l’amore del denaro» (I Timoteo 6:10-11), «fuggi le passioni giovanili» (II Timoteo 2:22), il cristiano è portato a separarsi praticamente dal male, perché il peccato non deve essere solo confessato, ma soprattutto abbandonato: «Chi copre le sue colpe non prospererà, ma chi le confessa e le abbandona otterrà misericordia» (Proverbi 28:13).

6. Un individuo trae un beneficio spirituale dalla Parola quando essa lo fortifica contro il peccato.
Lo scopo delle Scritture non è solo quello di rivelare la nostra corruzione innata ed i molti modi in cui siamo «privi della gloria di Dio» (Romani 3:23), ma anche quello d’insegnarci come possiamo essere liberati dal dominio del peccato ed essere preservati da esso.
Consideriamo ancora il Salmo 119: «Ho conservato la tua parola nel mio cuore per non peccare contro di te» (Salmi 119:11). Elifaz disse a Giobbe: «Ricevi istruzioni dalla sua bocca, riponi le sue parole nel tuo cuore» (Giobbe 22:22). Questo è ciò che dobbiamo fare anche noi! Dobbiamo imparare a fare tesoro dei comandamenti, degli avvertimenti e delle esortazioni che troviamo nelle Scritture. Dobbiamo meditarli, memorizzarli e pregare facendo esplicito riferimento ad essi. L’unico modo per evitare che un terreno sia infestato di erbacce è seminare buona semenza: «Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene» (Romani 12:21). Quanto più «abbondantemente» la Parola di Cristo abita in noi (Colossesi 3:16), tanto meno spazio ci sarà per il peccato nei nostri cuori e nelle nostre vite.
Non è sufficiente limitarsi ad approvare razionalmente la veridicità delle Scritture; è necessario che esse siano ricevute anche coi nostri sentimenti. Restiamo solennemente stupiti nel notare la causa fondamentale dell’apostasia di quelli che periscono: essi «non hanno aperto il cuore all’amore della verità per essere salvati» (II Tessalonicesi 2:10). Ascoltiamo cosa ha da dirci a riguardo il predicatore puritano Thomas Manton: «Se la verità è presente esclusivamente sulla lingua o nella mente per essere argomento di discussione e di speculazione, allora essa scomparirà presto. Il seme che resta in superficie sarà mangiato dagli uccelli; perciò, piantate il seme in profondità. La Parola deve essere ascoltata con le orecchie, considerata con la mente ed infine amata con il cuore! Che il seme incorruttibile della Parola sprofondi sempre di più! Infatti, solo quando la Parola regnerà sovrana nel nostro cuore sarà ricevuta con amore. Solo quando ci sarà più cara delle nostre concupiscenze essa continuerà a dimorare in noi».
Nulla potrà preservarci dalle infezioni di questo mondo, liberarci dalle tentazioni di Satana e proteggerci efficacemente dal peccato, se non l’amore per la Parola: «La legge di Dio è nel suo cuore; i suoi passi non vacilleranno» (Salmi 37:31). La Scrittura opererà in noi fintanto che la ameremo e così saremo preservati da ogni caduta. Quando Giuseppe fu tentato dalla moglie di Potifar, egli le rispose: «Come dunque potrei fare questo gran male e peccare contro Dio?» (Genesi 39:9). La verità regnava nel cuore di Giuseppe e, quindi, aveva la forza di prevalere sulla concupiscenza. Nessuno di noi sa quando sarà tentato: è vitale essere preparati! Dobbiamo anticipare il futuro “assimilando” la Parola per fede, affinché, all’occorrenza, possiamo essere pronti ad affrontare ogni evenienza.

7. Un individuo trae un beneficio spirituale dalla Parola quando essa lo inducea praticare ciò che è opposto al peccato.
L’apostolo Giovanni c’insegna che «il peccato è la violazione della legge» (I Giovanni 3:4). Di fronte ai comandamenti di Dio il peccato si ribella, perché l’essenza del peccato è proprio la ribellione contro Dio e la decisione di essere indipendenti da lui (Isaia 53:6). Il peccato è una sorta di “anarchia spirituale”, è come far sventolare una bandiera di guerra davanti al Signore. L’opposto del peccato è la sottomissione a Dio ed il contrario dell’illegalità è l’ubbidienza alla legge. Perciò, opporsi al peccato significa camminare nel sentiero dell’ubbidienza e le Scritture sono state date proprio per farci conoscere la via che piace al Signore. Infatti, la Bibbia non solo è utile a riprendere ed a correggere, ma anche a «educare alla giustizia».
Questo è un altro principio da impiegare spesso nell’esaminare noi stessi. Caro lettore, i tuoi sentimenti, i tuoi pensieri e le tue azioni, sono determinati e regolati dalla Parola di Dio? Ricorda il precetto di Dio: «Mettete in pratica la Parola e non ascoltatela soltanto, illudendo voi stessi» (Giacomo 1:22). è la nostra ubbidienza che dimostra gratitudine ed amore verso il Signore: «Se voi mi amate, osserverete i miei comandamenti» (Giovanni 14:15). In tutto ciò, ovviamente, è indispensabile l’assistenza divina; ecco perché Davide supplicava Dio chiedendogli che lo guidasse «per il sentiero dei suoi comandamenti» (Salmi 119:35). Ascoltiamo ancora il commento di Thomas Manton: «Non abbiamo bisogno solo della luce per conoscere la via da seguire, ma anche del cuore per camminare in essa! Come la guida divina è necessaria a causa della cecità delle nostre menti, così la costrizione efficace della grazia è necessaria a causa della debolezza dei nostri cuori. La conoscenza mentale della verità non ci servirà a nulla».
Esaminiamo noi stessi con onestà e diligenza alla luce di queste sette riflessioni. Caro lettore, il tuo studio della Bibbia ti ha reso più umile o più orgoglioso? Forse ora sei orgoglioso della conoscenza che hai acquisito! Ciò che hai imparato ti ha portato ad innalzarti davanti agli uomini o ti ha costretto ad abbassarti al cospetto di Dio? La Scrittura ha prodotto una maggiore avversione e disgusto per te stesso? Coloro con i quali ti riunisci ed ai quali magari predichi ed insegni, bramano pregare come preghi tu, oppure vogliono solo possedere la tua conoscenza? Desiderano la fede, la grazia e la santità che vedono in te? «[Occupiamoci] di queste cose e [dedichiamoci] interamente ad esse perché il [nostro] progresso sia manifesto a tutti» (I Timoteo 4:15).

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