Don Sante, fin dai primi anni di seminario, si è sempre distinto per le sue posizioni critiche e ha così intrapreso un percorso di smarcamento dalla «Chiesa delle ipocrisie», dimostrando nei fatti che un parroco con moglie e figlio può dedicarsi alla vita pastorale con più intensità, passione, tempo, efficacia e maturità spirituale di tantissimi suoi confratelli obbligati al celibato.
Nel suo primo libro, Il mio amore non è peccato, l'autore ha messo nero su bianco la propria esperienza di vita portando sotto i riflettori una battaglia personale che continua ancora oggi.
Il celibato obbligatorio per i prelati e la piaga della pedofolia del clero sono due fenomeni indissolubilmente legati: «perché maltrattare i preti sposati e proteggere i preti pedofìli? Questo è quello che è stato fatto».
Don Sante ne è certo e in queste pagine esprime un punto di vista unico, cioè quello di un prete che, camminando a fianco della sua gente, raccoglie le confidenze più inconfessabili e getta uno sguardo molto realista sull'affettività-sessualità dei suoi confratelli.
Alla domanda «Chi è il prete pedofilo?», don Sante risponde: «Il miglior prete che si possa immaginare».