Come predicare - Corso di formazione biblica e teologica
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In molte Chiese, la predicazione è il “piatto forte” del culto. Alfred Kuen ci presenta il frutto di mezzo secolo di esperienza della predicazione, delle sue letture e di docente nelle Scuole di Teologia Evangelica. I principali temi trattati: Il messaggio e il messagero; Elementi di comunicazione; Preparazione accurata di un sermone. Differenti tipi di messaggi e di struttura; Strutturare il proprio messaggio, le illustrazioni, la redazione e come predicarlo; Classificare i propri messaggi. Un’opera speciale per pastori e predicatori come per tutti coloro che hanno l’occasione di proclamare la buona notizia della Parola
ISBN: 9788880772361
Producer: Editrice Uomini Nuovi
Product Code: 9788880772361
Weight: 0,380kg
Binding: Brossura
Language: Italian

Book contents

Introduzione; Il messaggio; Il messaggero; Alcuni elementi relativi alla comunicazione; La preparazione lontana e immediata di un messaggio; Differenti tipi di messaggio; La scelta del testo; L'esegesi e la meditazione del testo; Strutturare il proprio messaggio; Le differenti parti del messaggio; Differenti tipi di struttura; Le illustrazioni di un messaggio; Redigere il proprio messaggio; Predicare il proprio messaggio; Classificare i propri messaggi; Una parola per concludere; Appendice; Bibliografia.

Sample chapter

Capitolo 1

IL MESSAGGIO


La predicazione è “l’atto che presenta la rivelazione di Dio agli uditori in un modo che sia loro appropriato” (F.B. Craddock).

Scopo della predicazione

“Lo scopo della predicazione”, dice il Dr. Martyn Lloyd-Jones, ”non è quello di salvare delle anime, ma di glorificare Dio. La sola potenza capace di farlo è lo Spirito Santo. Il solo mezzo di cui si serve è la Parola di Dio”.
Dio è glorificato quando uomini e donne sono salvati, quando dei cristiani fanno progressi spirituali tramite la lettura e l’ascolto della sua Parola spiegata e applicata nella loro vita.
“Il predicatore ha un messaggio da comunicare e questo messaggio deve raggiungere il suo scopo: provocare un cambiamento di attitudine nel cuore e nella vita di coloro che l’ascoltano” (B. Gunter).
“Predicare è esercitare un’autorità e annunciare nel nome di Dio le esigenze e le promesse delle Sacre Scritture come se fossero l’espressione della volontà di Dio, un’espressione che richiede il nostro impegno… Il predicatore non può soltanto informare, ma deve anche motivare, comunicare nuove visioni e nuove mete spirituali… Predicare è motivare, dare agli uditori una ragione per impegnare tutta la loro vita sulla fede del Vangelo” (W. Klippert).
Ora, per motivare bisogna persuadere. “Lo scopo dell’eloquenza è la persuasione, cioè la sola via legittima che possa prendere il nostro pensiero per conquistare quello di altri… L’uomo veramente eloquente è colui che è in grado di proporre le sue parole, le sue visioni e i suoi gesti in modo tale da convincere coloro che sta istruendo e che subiscono il suo fascino” (A. Décout).
S. Agostino diceva che il triplice scopo dell’eloquenza era di insegnare, di piacere e di commuovere (ut veritas pateat, ut veritas placet, ut veritas moveat. De Doctrina Christiana IV.12).1

Lo scopo di ogni discorso è di portare gli uditori a prendere una decisione. Perciò bisogna avere provato la verità di ciò che noi proponiamo, esserci guadagnata la benevolenza dei nostri uditori e aver risvegliato in loro certe emozioni favorevoli alla decisione che noi vorremmo prendessero.


Lo scopo di ogni discorso è quello di spingere gli uditori a prendere una decisione.
“L’oratore deve parlare sia al cuore che alla mente, perché se da una parte mira alla volontà degli uditori, dall’altra deve esser cosciente che la nostra volontà è sottoposta al potere dei sentimenti. Lo scopo finale dell’argomentazione è l’azione, o la determinazione della volontà. Ora, la volontà è condizionata dai sentimenti. Ogni nostro ragionamento, dice Pascal, si riduce a cedere al sentimento. Vogliamo solo ciò che ci piace o, per lo meno, vogliamo una certa cosa perché ci piace. Finchè non avete fatto altro che provare, o finchè la vostra prova non ha raggiunto altro che il suo intelletto, l’uditore non è stato toccato e rimane tale e quale a prima. Se è vero che non è possibile determinare la volontà senza fare appello ad un sentimento, ne consegue che l’eloquenza non sarebbe in grado di ottenere il suo scopo senza commuovere” (Vinet).
“Come attività umana la predicazione non sfugge alle regole che governano ogni discorso umano. è l’aspetto tecnico della predicazione. Come attività ordinata da Dio, condizionata dalla Scrittura e dipendente dall’azione dello Spirito Santo, la predicazione obbedisce a delle leggi spirituali. è il suo aspetto spirituale. Bisogna prendere in considerazione questi due aspetti accordando a ciascuno di essi l’importanza che gli compete” (J. Dubois).
“Un vero sermone”, diceva John Stott, “è un ponte tra il mondo biblico e quello moderno e deve essere fermamente radicato in entrambi”. è per questa ragione che noi, prima di considerare gli aspetti attuali della comunicazione, getteremo un colpo d’occhio sulla predicazione ai tempi biblici.

La predicazione nel Nuovo Testamento

“Se vogliamo sapere come fare correttamente il lavoro della predicazione”, diceva il grande predicatore londinese, il Dr. Martyn Lloyd-Jones, “dobbiamo innanzi tutto fare riferimento al Nuovo Testamento e in particolare al libro degli Atti e alle epistole. è qui dove noi troviamo la norma”.
Il Nuovo Testamento ha una trentina di verbi per esprimere l’idea del parlare. I tre più frequenti sono euangelizesthai (evangelizzare), kerussein (proclamare come un messaggero) e didaskein (insegnare). Potremmo citare anche martyrein (attestare, testimoniare) e parakalein (esortare, incoraggiare, portare aiuto, che, secondo il Dr. Martyn Lloyd-Jones, si può fare anche tramite la predicazione). Di questa varietà di termini ricordiamo la diversità di accenti che può avere il ministero della parola secondo il Nuovo Testamento.
Fin dall’inizio del suo ministero Gesù ha annunciato che era venuto per predicare (Marco 1:38; Luca 4:43; 19:47; Giovanni 18:37). Insegnava con autorità, cosa che ha stupito grandemente i suoi uditori (Marco 1:22; Matteo 7:28). I Vangeli sinottici riassumono così il suo ministero in Galilea: “Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il Vangelo del regno” (Matteo 9:35; Matteo 4:23; Marco 1:39).
F.D. Coggan dice in una forma un po’ lapidaria: “Se i rabbini si dilettavano nel parlare di cose, a lui piaceva parlare di persone”. “Esponeva le sue dichiarazioni e le sue esortazioni con un ragionamento logico e coerente” (D.R. Jackson). Spesso il Nuovo Testamento utilizza per la sua predicazione la parola insegnare come sinonimo di proclamare.
Gesù ha usato le differenti tecniche di insegnamento impiegate nell’Antico Testamento: le ripetizioni di frasi e di temi, gli aforismi e i detti proverbiali (Matteo 20:6; Marco 4:24; 8:35; 10:31; Luca 14:11), a volte utilizzando dei paradossi che avevano anche lo scopo di attirare l’attenzione e di stimolare la memoria (Marco 10:31; Luca 14:11), delle forme poetiche (Matteo 5:3-10; 6:9-13, 26-30), delle azioni simboliche (Matteo 9:35; 11:13; Luca 7:18-23; Giovanni 13:12) e delle parabole (Giudici 9:7-20; 2 Samuele 12:1-4).
Prima di ascendere al cielo Gesù ha affidato ai suoi discepoli la missione di annunciare il Vangelo in tutte le nazioni per fare dei discepoli, ciò riguarda uno degli aspetti della predicazione e cioè la proclamazione del Vangelo (kerussein), e di ammaestrare coloro che lo erano diventati, questo è l’altro aspetto della predicazione e cioè l’insegnamento e l’edificazione (didaskein).
Non appena furono riempiti di Spirito Santo, gli apostoli si misero a predicare (Atti 2:14; 4:20). Nella sua parte finale Marco dice che “se ne andarono a predicare dappertutto” (16:20). Gli apostoli “annunziavano la Parola di Dio con franchezza” (Atti 4:31). Consideravano questo ministero, unitamente a quello della preghiera, come primordiale rispetto ad altri compiti (Atti 6:2). L’apostolo Paolo dice chiaramente che è “per evangelizzare” che è stato mandato (1 Corinzi 1:17; 9:16). “Con la pazzia della predicazione è piaciuto a Dio… di salvare i credenti” (1 Corinzi 1:21). è anche la raccomandazione solenne che trasmette a Timoteo nel suo testamento spirituale: “Predica la Parola” (2 Timoteo 4:2). “Predicare è quindi un ordine formale di Dio al quale dobbiamo sottostare. è una gravosa responsabilità, ma nello stesso tempo uno straordinario privilegio” (J. Dubois).

Un passaggio fondamentale per la predicazione cristiana è 2 Corinzi 5:1-21. è nella prospettiva dell’eternità che il servo di Dio lavora (versetti 1-4) con la forza che gli dà lo Spirito Santo, la nostra “caparra” (versetti 5). La sua sola ambizione è quella di “essere gradito al Signore” (versetto 9); le sue motivazioni sono da una parte la prospettiva di dover rendere conto del suo ministero (versetto 10), dunque: “Il timore che si deve avere del Signore” (versetto 11), e dall’altra l’amore di Cristo che lo costringe e gli dà la certezza che “Egli morì per tutti, affinché quelli che vivono non vivano più per sé stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro” (versetti 14-15). Ha ricevuto il “ministero della riconciliazione” (versetto 18) ed è depositario della “parola della riconciliazione” (versetto 19), per essere “ambasciatore per Cristo” (versetto 20) e rivolgere agli uomini il seguente invito: ”Siate riconciliati con Dio”, anzi per “supplicarli” di esserlo (versetti 20).
Nella predicazione degli apostoli la proclamazione e l’insegnamento sono spesso confusi. Il kérygme proclamato è stato oggetto di numerose ricerche. Un passaggio che ci dà informazioni abbastanza precise sul contenuto della predicazione primitiva è 1 Corinzi 15:1-11. L’apostolo Paolo dice al versetto 11: “Così noi predichiamo, sia io o siano loro, cioè gli altri apostoli”. “Vi ho trasmesso” (versetto 3), e Paolo utilizza qui il verbo tecnico impiegato nel giudaismo per la trasmissione della tradizione “prima di tutto…”. Poi enumera i punti salienti della predicazione apostolica:
1) La morte di Cristo;
2) “Per i nostri peccati”, cioè il perdono e la salvezza;
3) Secondo le Scritture, riferimento alla Rivelazione scritta;
4) La risurrezione (versetti 4-8) su cui anche i sermoni degli Atti mettono l’accento principale;
5) La testimonianza apostolica (versetti 5-8 e 15). “Sembra dunque naturale e logico pensare che la predicazione missionaria degli apostoli doveva consistere in un riferimento alla morte di Cristo; tre dimostrazioni della validità del kérygme e una dichiarazione conclusiva sul significato degli avvenimenti predicati, e cioè che il perdono dei peccati è adesso offerto a coloro che credono” (D.R. Jackson).
Un altro argomento risalta da questi versetti: Paolo dice che ha sperimentato di persona la potenza che sgorga dal Cristo risuscitato, prima sul cammino di Damasco e poi esercitando il ministero. Noi possiamo allora discernere sei temi costitutivi della predicazione primitiva:
1) La morte di Cristo;
2) La sua risurrezione;
3) La testimonianza delle Scritture;
4) Quella degli apostoli;
5) La potenza del Cristo risorto;
6) Il perdono dei peccati.
Ritroviamo l’insieme di questi temi anche nell’insegnamento di Gesù, così da poter affermare che gli apostoli hanno attinto da lui il contenuto dei messaggi che hanno poi annunciato in tutto il mondo antico. Questi temi sono stati presentati con una grande elasticità, cioè nel modo più appropriato all’uditorio, costituito da Ebrei o da pagani, facendo uso sia delle tecniche rabbiniche ebraiche che di quelle derivate dalla diatriba cinico-stoica. La predicazione istruttiva - esortativa è menzionata in 1 Timoteo 4:11-13; 2 Timoteo 4:2; Tito 2:7, 15. Secondo 1 Timoteo 4:13 si può concludere che è stata fondata sulla lettura e sulla spiegazione delle Scritture. In effetti, la predicazione e l’insegnamento che Paolo raccomanda a Timoteo vengono subito dopo la menzione della lettura (pubblica) della Scrittura. Anche in 2 Timoteo 4:2 “predica la Parola” viene dopo la dichiarazione relativa all’ispirazione della Scrittura e alla sua utilità “per insegnare, riprendere, correggere, educare alla giustizia”. Non è questo lo scopo di ogni predicazione cristiana?
“La predicazione conforme alla Scrittura deve essere una spiegazione della Parola di Dio, così come ci è presentata nella Bibbia. Lo standard obbligatorio della qualità di ogni predicazione è l’annuncio della Parola così come Dio l’ha ispirata nel suo senso originale” (H. Stadelmann). La parola predicata vuole anche “insegnare” la verità così come ci è stata rivelata nella Scrittura, “riprendere” gli errori diffusi nel mondo ivi compreso quello cristiano, “correggere” (le false attitudini e i comportamenti carnali) e “educare alla giustizia”.
Gli apostoli davano una grande importanza al contenuto della predicazione: doveva essere conforme alla sana dottrina trasmessa una volta per sempre ai cristiani (2 Timoteo 1:13; 2:2; 3:14; Tito 1:9; Giuda 3).
Il punto di partenza di ogni predicazione è il fatto che “Dio ha parlato” (Ebrei 1:1). La nostra predicazione si fonda sulla Parola pronunciata da Dio. Noi siamo amministratori della Rivelazione divina (1 Pietro 4:10-11). Non ci sono nuove rivelazioni. Lo Spirito che ha ispirato la Parola è vincolato a questa Parola.

“è qui e in nessun’altra parte che si trova il fondamento della nostra concezione della predicazione, non in ciò che il predicatore vorrebbe dire, né in ciò che i suoi uditori vorrebbero ascoltare e di cui hanno apparentemente bisogno. Queste cose giocano il loro ruolo nella preparazione del messaggio, ma non ne costituiscono la base” (H. Stadelmann).
“La religione cristiana è la religione della Parola. Certe religioni sono orientate verso il silenzio e la meditazione. Per queste la parola è secondaria. Altre religioni sono orientate verso l’azione. Per queste la parola non è altro che il motore dell’azione e a volte sottolinea l’esperienza. Altre ancora sono fortemente marcate dal sacramentalismo. Per queste religioni la parola converge verso il sacramento-feticcio. La religione biblica è una religione della Parola, quella del Vangelo di Gesù Cristo. Il silenzio e la meditazione non salvano, l’azione e l’esperienza neanche, il sacramento ancor meno. Ciò che salva è ascoltare e ricevere la Parola della salvezza: ‘La fede viene da ciò che si ascolta, e ciò che si ascolta viene dalla Parola di Cristo’ (Romani 10:17)” (J. Dubois). “La predicazione è una parte essenziale e un tratto distintivo del cristianesimo… è un’istituzione specificatamente cristiana” (E.C. Dargan). Forme di discorsi similari esistevano già in altre religioni e nel mondo politico, ma è soprattutto il contenuto della predicazione che è nuovo e specifico del cristianesimo. J. Stott parla anche di “un’impressionante unanimità da parte di tutti coloro che hanno scritto sul tema della predicazione nella loro convinzione della sua supremazia e potenza”.
Noi potremmo percorrere tutta la storia della Chiesa e ci accorgeremmo che in ogni luogo e in ogni tempo gli uomini di Dio hanno considerato come loro dovere primordiale quello di annunciare la Parola di Dio, non solamente a “quelli di fuori”, ma anche ai membri delle Chiese per “istruirli ed esortarli nel bene” (Justin Martyr).
Tutte le epoche della storia della Chiesa in cui il Vangelo ha riportato grandi successi sono state contrassegnate da un rinnovamento della predicazione evangelica: la Riforma, gli inizi del Metodismo, i diversi Risvegli (Ginevra, Galles, Isole Ebridi, Paesi scandinavi, America: Finney, Moody, il Movimento di santificazione…). Nessun rinnovamento liturgico o sacramentale ha portato tanta gente alla conversione, né ha contribuito in ugual misura alla santificazione del popolo di Dio. è sempre alla predicazione fedele della Parola di Dio che possono essere attribuiti questi risultati spirituali. L’influenza di uomini di Dio come Crisostomo, Agostino, Valdo, Savonarola, Lutero, Calvino, Wesley, Whitefeld, Spurgeon e di tanti altri è da mettere in conto alle loro predicazioni.
Il nostro compito è dunque quello di spiegare questa Parola. Ma non è possibile toccare gli uditori se prima non siamo stati toccati noi. Noi vogliamo motivarli e non solo informarli. Ciò è impossibile confidando solo nelle nostre forze. Lo Spirito ci aiuta nelle nostre debolezze affinché questa Parola, che lui ha ispirato, giunga agli uomini di ogni tempo.
La predicazione, dice William Evans, consiste in due cose: un uomo e un messaggio, cioè una personalità e una verità.

Obiezioni moderne alla predicazione

Nel corso di questi ultimi decenni la predicazione è stata oggetto di attacchi provenienti da diversi fronti. Molta gente pensa che l’era dei sermoni sia finita. Jay Adams dice che in una facoltà di teologia americana dove l’omiletica è facoltativa, solo sei studenti si sono iscritti a questa materia, invogliati dal fatto che il professore avesse proposto loro un corso di predicazione sperimentale con l’utilizzo di diapositive, messaggi non verbali, e così via.
L’apostolo Paolo ha avvisato Timoteo che sarebbe venuto un tempo “in cui gli uomini non sopporteranno più la sana dottrina” (2 Timoteo 4:3). Ma sia che il tempo sia “favorevole” (eukairos) o “sfavorevole” (akairos), la sua direttiva non cambia: “Predica la Parola, insisti… convinci, rimprovera, esorta con ogni tipo di insegnamento e pazienza” (2 Timoteo 4:2). Invece di “insisti”, altre versioni traducono ephistemi con “prendi posizione, mantieni, attieniti a…” Lo Spirito Santo, che ha ispirato l’apostolo, sapeva che sarebbero venuti dei tempi sfavorevoli alla predicazione del Vangelo e ciò che ingiunge ai predicatori tramite Timoteo non è di cambiare metodo, ma di mantenersi fedeli alla predicazione.
Nel suo libro I believe in preaching, John Stott consacra una quarantina di pagine alle diverse obiezioni moderne nei confronti della predicazione.

1. L’opposizione ad ogni forma di autorità

L’uomo è maggiorenne. Non ha bisogno che gli si dica ciò che deve fare. Trova in sé stesso la sua verità, cioè quella che gli fa comodo personalmente. Questi slogans dell’umanesimo hanno trovato accesso anche negli ambienti cristiani. Ogni insegnamento ex cathedra viene quindi considerato come un’intromissione inaccettabile nella libertà individuale. La predicazione appare, soprattutto dal 1968, come un esercizio di autorità antiquato. Così in molte Chiese il tempo che le è concesso si riduce come una pelle di zigrino (da 5 a 15 minuti), quando poi non viene del tutto soppressa per lasciar spazio a esercizi che implicano una più grande partecipazione attiva dell’uditorio.
Però, senza autorità non c’è libertà. è il regno del capriccio e la tirannia del più forte. D’altra parte il cristianesimo è una religione basata su di una rivelazione. I predicatori sono gli “amministratori dei misteri di Dio” (1 Corinzi 4:1), incaricati di proclamare il messaggio di Dio con la sua autorità.
Robert Somerville dice che a partire dal maggio ’68 la predicazione è stata discretamente contestata, perché considerata come l’esercizio di direttive inaccettabili. Ma nel 1992 constata che la pubblicazione di tre opere in francese sulla predicazione “mostra che la corrente contestatrice sta perdendo velocità e che si sta riscoprendo l’utilità e l’importanza della predicazione”. Tra le ragioni di questa rivalutazione del sermone lui rileva:

 Una ragione teologica che “si attiene al fatto che il Vangelo è una Parola che viene da un Altro e non dalla nostra sola esperienza. Il Dio della Bibbia è un Dio che parla e che chiede di essere ascoltato. Il suo messaggio è una buona notizia e questa non si può inventare, né scoprire, ma deve essere annunciata e compresa”;
 Una ragione sociologica in quanto “la gente si stanca presto di dover cercare da sola e vuole essere informata da persone competenti”. Fanno testo le trasmissioni radiofoniche e televisive in cui si interrogano degli specialisti e il favore di cui continuava a godere il sermone anche nell’epoca della contestazione.

2. La rivoluzione cibernetica

Nel corso del 20° secolo cambiamenti radicali hanno rivoluzionato i mezzi di comunicazione.

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Alfred Kuen

Alfred Kuen (nato il a Strasburgo, in Francia) è uno studioso biblico francese. 

È stato professore presso l'Emmaus Bible and Missionary Institute di Saint-Lègier, in Svizzera, per molti anni. Ha anche lavorato come direttore delle edizioni Emmaus.


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