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Capitolo 1
EMOZIONI FERITE
Una domenica sera del 1966 predicai un sermone dal titolo: “Lo Spirito Santo e la guarigione delle emozioni ferite”. Mi avventuravo per la prima volta in questo campo ed ero convinto che Dio mi avesse dato quel messaggio, altrimenti non avrei mai avuto il coraggio di predicarlo. Ciò che dissi quella sera riguardo alla guarigione dei ricordi e delle emozioni ferite ora è più che risaputo. Lo puoi trovare in molti libri. Ma allora era una novità.
Quando mi alzai per predicare, guardai le persone che erano convenute e vidi il caro vecchio Dr. Smith. Devi sapere che il Dr. Smith ha rappresentato una parte molto importante della mia adolescenza. Quando mia moglie, Helen, e io sentimmo che eravamo stati chiamati al nostro attuale pastorato, fummo turbati dall’immagine mentale dei visi di alcuni anziani. Il Dr. Smith era uno di loro, perciò mi chiedevo come avrei mai potuto curarlo spiritualmente. Quando ero giovane mi aveva fatto quasi morire di spavento con le sue predicazioni e mi sentivo ancora a disagio in sua presenza.
Quando lo vidi in mezzo agli altri, quella sera, mi sentii mancare il cuore. Ma andai avanti e predicai il messaggio che Dio mi aveva suggerito. Dopo la funzione, che fu seguita da momenti veramente meravigliosi per molti all’altare della preghiera, il Dr. Smith rimase seduto. Ero occupato a pregare con delle persone all’altare: una parte nascosta della mia mente pregava anche che egli se ne andasse. Non lo fece. Alla fine si avvicinò al pulpito e nel suo solito e inimitabile modo burbero disse: “David, posso vederti nel tuo ufficio?”
Tutte quelle immagini del passato si risvegliarono e lo spaventato ragazzino dentro di me seguì il vecchio. Mentre mi sedevo nel mio ufficio, mi sentii proprio come deve essersi sentito Mosè davanti al fuoco e al fumo del Sinai. Ma mi sbagliavo proprio su di lui - non avevo considerato la possibilità che fosse cambiato. Lo avevo come ibernato in un unico stadio della sua vita e non lo avevo lasciato crescere.
Molto gentilmente il Dr. Smith mi disse: “David, non ho mai sentito prima un sermone simile a questo, ma voglio dirti una cosa”. I suoi occhi si inumidirono. Era stato uno straordinario evangelista per molti anni e aveva convertito a Cristo migliaia di persone. Era veramente un grand’uomo; ma ripensando al suo ministero disse: “Sai, c’era sempre un gruppo di persone che non riuscivo ad aiutare. Erano persone sincere. Credo che molti di loro fossero cristiani ripieni di Spirito Santo. Ma avevano dei problemi. Me ne parlarono e cercai di aiutarli. Ma nessun consiglio, nessun versetto e nessuna preghiera sembrò mai portar loro una liberazione permanente”.
Poi aggiunse: “Mi sono sempre sentito colpevole durante il mio ministero, David. Ma penso che tu stia arrivando a qualcosa. Lavoraci su, sviluppa questo tema. Ti prego, continua a predicare queste cose, perché credo che tu abbia trovato la risposta”.
Quando si alzò per uscire, i miei occhi erano umidi mentre gli dicevo: “Grazie, Dottore”. Ma soprattutto, dentro di me, dicevo: “Grazie a Te, Dio, per la Tua approvazione tramite questo caro vecchio”.
Il problema
In 15 anni di diffusione del mio messaggio in tutto il mondo, lettere e testimonianze hanno confermato la mia convinzione che esiste un altro genere di problemi che necessita di un tipo particolare di preghiera e di un livello più profondo di guarigione da parte dello Spirito. Da qualche parte, tra i nostri peccati da un lato e le nostre malattie dall’altro, esiste un’area che la Scrittura chiama “infermità”.
Possiamo spiegare tutto ciò con una illustrazione tratta dalla natura. Visitando le regioni occidentali degli Stati Uniti, è possibile vedere le bellissime sequoie giganti. Nella maggior parte dei parchi i naturalisti possono mostrare la sezione trasversale di uno di questi alberi e far notare gli anelli che ne rivelano la storia, come si è andata sviluppando anno dopo anno. Ecco un anello che rappresenta un anno in cui ci fu una terribile siccità. Ecco una coppia di anelli che indicano anni in cui ci fu troppa pioggia. Ecco dove l’albero fu colpito da un fulmine. Ecco alcuni anni di crescita normale. Questo anello mostra un incendio nella foresta che quasi distrusse l’albero. Eccone un altro che testimonia un grado preoccupante di appassimento e di malattia. Tutto questo è racchiuso nel cuore dell’albero e rappresenta l’autobiografia della sua crescita.
E la stessa cosa succede a noi. Soltanto pochi centimetri al di sotto della corteccia che ci protegge, la maschera che nasconde e ripara, ci sono gli anelli che registrano la nostra vita.
Ci sono cicatrici di vecchie, dolorose ferite... come quella inflitta a un bambino che all’alba di un giorno di Natale si era precipitato giù per le scale e, invece del regalo, aveva trovato sotto l’albero un sasso sporco, messo lì per punirlo di qualche piccola birichinata da bambini. Questa cicatrice lo ha roso, causando ogni tipo di difficoltà nei suoi rapporti con gli altri.
Ecco il segno scolorito di un fatto tragico che ha macchiato tutta una vita... quando anni prima dietro il granaio, o nel fienile, o nei boschi, un fratello maggiore ha portato la sorellina per iniziarla ai misteri - anzi, alle miserie del sesso.
Ed ecco il peso di un ricordo doloroso represso... la corsa dietro al padre ubriaco che stava per uccidere la madre con un grosso coltello. Tali cicatrici sono rimaste sepolte nel dolore così a lungo che ora sono causa di mali e stati di collera che non si possono spiegare. E queste ferite non sono toccate dalla conversione o dalla grazia santificante o dai comuni benefici derivanti dalla preghiera.
Negli anelli dei nostri pensieri e delle nostre emozioni tutto è registrato; i ricordi sono registrati e sono ancora tutti vivi. Ed essi influiscono direttamente e profondamente sui nostri concetti, sui nostri sentimenti, sui nostri rapporti. Influiscono sul modo in cui vediamo la vita e Dio, gli altri e noi stessi.
Noi predicatori abbiamo spesso insegnato alle persone l’idea errata che la nascita a nuova vita e l’essere “ripieni di Spirito” le guariranno automaticamente da questi malesseri emotivi. Ma questo non è affatto vero. In un momento di grave crisi l’esperienza di Cristo, per quanto importante e di valore eterno, non è una scorciatoia che porta alla salute emotiva. Non è una cura affrettata per problemi della personalità.
E’ necessario che capiamo questo, innanzi tutto, per poter vivere con noi stessi con compassione e permettere allo Spirito Santo di operare una cura particolare delle nostre ferite e delle nostre confusioni. Abbiamo anche bisogno di capirlo in modo da non giudicare gli altri troppo severamente, ma avere pazienza con il loro comportamento confuso e contraddittorio. Così facendo, ci asterremo dal criticare e dal giudicare ingiustamente i nostri fratelli cristiani. Non sono persone false, impostori o ipocriti. Sono persone, come te e me, con ferite e cicatrici e programmazioni sbagliate che interferiscono con il loro comportamento attuale.
Capire che la salvezza non ci dà una guarigione emotiva istantanea ci offre un aiuto importante per vedere a fondo nella dottrina della santificazione. E’ impossibile sapere quanto sia cristiana una persona semplicemente basandosi sul suo comportamento esteriore.
Non è forse vero che si riconosceranno dai frutti che porteranno? (Matteo 7:16). Sì, ma è anche vero che dalle loro radici li capiremo, ma non li giudicheremo. C’è qui John che come cristiano può sembrare più spirituale e responsabile di Bill. Ma in effetti, considerando le radici di John e la buona qualità di terreno in cui è cresciuto e maturato, in confronto Bill può essere un santo. Può aver fatto molti più progressi di John nel conformarsi veramente all’immagine di Gesù Cristo. Com’è sbagliato, anticristiano, giudicare gli altri superficialmente!
Alcuni possono obiettare: “Che cosa stai facendo? Stai riducendo il metro di giudizio? Stai negando il potere dello Spirito Santo di guarire i nostri malesseri? Stai cercando di toglierci ogni responsabilità, cosicché possiamo incolpare la vita, o i fattori ereditari , o i genitori, o gli insegnanti, o la persona amata, o le amicizie delle nostre sconfitte e dei nostri insuccessi? Per dirla come l’apostolo Paolo: ‘Rimarremo forse nel peccato affinché la grazia abbondi?” (Romani 6:1).
E io risponderei a questa domanda come ha fatto l’apostolo Paolo: “Dio non voglia!” Quello che voglio dire è che certe aree della nostra vita richiedono una guarigione particolare da parte dello Spirito Santo. Dato che esse non vengono guarite dalla preghiera comune, dalla disciplina e dalla forza di volontà, richiedono una comprensione speciale, esigono che si disimpari la programmazione sbagliata del passato e si reimpari e si riprogrammi la trasformazione tramite il rinnovamento della nostra mente. E questo non si può fare dall’oggi al domani in un momento di crisi particolare.
Due estremi
Capire queste cose ci proteggerà da due estremi. Alcuni cristiani vedono il diavolo in qualsiasi cosa che si dimena. Lasciatemi dire una parola gentile ma risoluta ai cristiani giovani o immaturi. Nel corso dei secoli la Chiesa è stata molto cauta nel dichiarare una persona posseduta dal demonio. La possessione demoniaca esiste, certo. In rare occasioni, durante i miei tanti anni di ministero, mi sono sentito guidato ad assumere l’autorità del nome di Gesù per scacciare quello che credevo fosse uno spirito maligno, e ho visto la liberazione e la guarigione.
Ma solo cristiani cauti, devoti, maturi, ripieni di Spirito Santo dovrebbero tentare qualcosa che si avvicina all’esorcismo. Passo molto tempo a dare consigli, cercando di rimettere in sesto persone disilluse e distrutte a causa di cristiani immaturi che hanno tentato di scacciare da loro demoni immaginari.
L’altro estremo è la sindrome ultra-semplicistica della risposta pronta che dice: “Leggi la Bibbia. Prega. Abbi più fede. Se tu fossi spiritualmente a posto, non avresti questo malessere. Non saresti mai depresso. Non avresti mai problemi sessuali”.
Comunque, coloro che dicono tali cose sono assai crudeli. Accumulano solo altri pesi su una persona che soffre e sta lottando senza successo con un problema radicato emotivamente. Si sente già colpevole per questo; quando gli altri lo fanno sentire peggiore già solo per avere tale problema, raddoppiano il peso del suo senso di colpa e della sua disperazione.
Forse hai sentito parlare di quel passeggero di un volo aereo su cui si serviva il pranzo. Quando aperse il suo pasto preconfezionato, proprio sopra l’insalata vide un enorme scarafaggio. Quando arrivò a casa scrisse una lettera indignata al presidente di quella compagnia aerea. Alcuni giorni dopo arrivò una raccomandata del presidente. Era tutta uno scusarsi: “E’ stato un incidente molto inusuale, ma non si preoccupi. Voglio rassicurarLa che quel particolare aereo è stato completamente disinfettato. Infatti, tutte le poltrone e l’imbottitura sono state sostituite. Abbiamo preso provvedimenti disciplinari nei confronti della hostess che Le ha servito il pasto, tanto che rischia persino di essere licenziata. E’ molto probabile che questo aeroplano venga messo fuori servizio. Posso assicurarLa che non accadrà mai più. E confido che continuerà a volare con la nostra compagnia”.
Bene, l’uomo rimase enormemente impressionato da tale lettera, finché notò qualcosa. Per puro caso la lettera che lui aveva scritto era rimasta attaccata al retro della lettera di risposta del presidente. Quando guardò la sua lettera, vide un appunto, scritto nella parte inferiore del foglio, che diceva: “Rispondere con la solita lettera per lo scarafaggio”. Così spesso noi rispondiamo con la solita lettera per lo scarafaggio a persone sofferenti di problemi emotivi. Diamo risposte scontate, troppo semplicistiche, che le portano a una più profonda disperazione e a una più forte disillusione.
Le testimonianze
Quali sono queste emozioni ferite? Una delle più comuni è un profondo senso di indegnità, una sensazione continua di ansietà, di inadeguatezza e di inferiorità, un rimprovero interiore che dice: “Non valgo niente. Non arriverò mai a niente. Nessuno probabilmente potrà mai amarmi. Tutto ciò che faccio è sbagliato”.
Che cosa succede a questo tipo di persona quando diventa cristiana? Parte della sua mente crede nell’amore di Dio, accetta il perdono di Dio e si sente per un po’ in pace. Poi, all’improvviso, qualcosa dentro di lei si risveglia e la fa gridare: “E’ una bugia! Non crederci! Non pregare! Non c’è nessuno lassù che ti ascolta. Nessuno si preoccupa veramente. Non c’è nessuno che ti libera dalla tua ansia. Come potrebbe essere possibile che Dio ami e perdoni uno come te? Sei troppo cattivo!”
Che cos’è accaduto? La Buona Novella non è penetrata tanto da raggiungere il suo io ferito, che necessita anch’esso di essere evangelizzato. Le sue profonde cicatrici interiori devono essere toccate e guarite dal Balsamo di Galaad.
Poi c’è un altro tipo di emozioni ferite che, per mancanza di un termine migliore, io chiamo il complesso del perfezionista. Si tratta della sensazione interiore che dice: “Non riesco mai veramente a conseguire qualcosa. Non faccio mai qualcosa abbastanza bene. Non riesco ad accontentare me stesso, gli altri o Dio”. Questo tipo di persona va sempre avanti a tentoni, si sforza sempre, di solito si sente colpevole, guidata da incitamenti interiori. “Avrei dovuto essere in grado di fare questo. Dovrei essere in grado di far quello. Devo essere un tantino migliore”. Sta sempre scalando, ma non raggiunge mai la vetta.
Che cosa succede a questa persona quando diventa cristiana? Tragicamente, di solito trasferisce il suo perfezionismo nel suo rapporto con Dio, che ora è visto come una figura in cima a un’alta scala. Dice a sé stessa: “Salirò fino a Dio, ora. Sono Suo figlio e voglio accontentarlo, più di quanto voglia qualsiasi altra cosa”.
Così comincia la scalata, piolo dopo piolo, sforzandosi tanto fino a che le sue nocche sanguinano e gli stinchi sono lividi. Alla fine raggiunge la cima, solo per scoprire che il suo Dio è salito di altri tre pioli; allora decide di tentare ancora con un po’ più di accanimento. Sale e si sforza, ma quando arriva lassù, il suo Dio è salito ancora di tre pioli.
Alcuni anni fa mi telefonò la moglie di un mio amico pastore, chiedendomi di consigliare suo marito, che aveva appena avuto un grave esaurimento nervoso. Mentre andavamo in auto all’ospedale, cominciò a parlarmi di lui. “Proprio non capisco Bill. E’ come se avesse un negriero incorporato che non lo lascia andare. Non riesce a rilassarsi, non riesce a smettere per un po’ di lavorare. Si dà da fare sempre troppo. La sua gente gli vuol bene e farebbe qualsiasi cosa per lui, ma lui non riesce a permetterlo. E’ andato avanti in questo modo per così tanti anni che alla fine si è esaurito del tutto”.
Cominciai ad andare a trovare Bill e, quando si sentì in grado di conversare, mi parlò della sua casa e della sua infanzia. Man mano che Bill cresceva, desiderava sempre di più accontentare i suoi genitori. Cercò di essere approvato da sua madre, aiutandola qualche volta ad apparecchiare la tavola. Ma la madre gli diceva: “Bill, hai messo i coltelli al posto sbagliato”. Così lui metteva i coltelli al posto giusto. “Ora hai messo le forchette al posto sbagliato”. Dopo era la volta dei piatti per l’insalata. Non riusciva mai ad accontentarla. Per quanto si sforzasse non riusciva mai ad accontentare neanche suo padre. Portava a casa la pagella con otto e sette. Suo padre la guardava e diceva: “Bill, penso che, se ci provi, potresti sicuramente prendere tutti otto, non è vero?” Così studiava con più tenacia, finché un giorno portò a casa tutti otto. Il papà disse: “Certo che se solo ti sforzassi un tantino di più potresti prendere tutti nove”. Così lavorò e si sforzò per un semestre o due, finché alla fine prese tutti nove. Era così eccitato - ora la mamma e il papà sarebbero stati sicuramente contenti di lui. Corse a casa perché non poteva aspettare un minuto di più. Il papà guardò la pagella e disse: “Bene, conosco questi insegnanti. Danno sempre nove”.
Quando Bill divenne ministro, tutto quel che fece fu cambiare un solo padre e una sola madre con parecchie centinaia di loro: la sua comunità prese il posto dei suoi genitori incontentabili. Non riusciva mai a soddisfarli, non importa che cosa facesse. Alla fine crollò sotto il peso della lotta per essere approvato e dei tentativi di dimostrare il suo valore.
Un famoso teologo sostenitore della “morte di Dio” veniva intervistato. Il giornalista gli chiese: “Che cosa intende per Dio?”
“Dio? Dio per me è quella vocina interiore che dice sempre: ‘Questo non va ancora bene’”.
Non ci disse molto di Dio, ma disse moltissimo circa la sua personalità ferita. E presumo che persone così malate producano teologie malate. Come il complesso del perfezionista sconfigge le persone nella vita cristiana! E come tiene perfino lontane le persone dal regno!
Poi c’è un tipo di emozione ferita che possiamo chiamare ipersensibilità. La persona ipersensibile di solito è stata ferita profondamente. Cercava l’amore, l’approvazione e l’affetto, e invece ha avuto l’opposto e ha delle profonde cicatrici dentro di sé. A volte vede cose che gli altri non vedono e tende a sentire cose che gli altri non sentono.
Un giorno, mentre camminavo per la strada, vidi venire verso di me l’ipersensibile Charlie. Di solito gli presto molta attenzione, ma quella mattina ero molto occupato e dissi solo: “Ciao, Charlie. Come stai?” e proseguii. Quando ritornai nel mio ufficio, un membro della chiesa mi telefonò e mi chiese: “Sei arrabbiato con Charlie?”
“Quale Charlie?”
“Via, lo sai. Charlie Olson”.
“Ma no, l’ho appena visto per strada”. Allora improvvisamente mi resi conto che non avevo dimostrato a Charlie il mio apprezzamento e la mia approvazione come di solito faccio, sapendo che è ipersensibile.
Ha mai sentito di quella persona che era così ipersensibile che dovette smettere di andare alle partite di calcio? Vedi, ogni volta che i giocatori della squadra si ammucchiavano per una “consultazione”, pensava che stessero parlando di lui.
Le persone ipersensibili hanno bisogno di tante approvazioni. Non puoi mai dar loro abbastanza. E qualche volta sembrano molto insensibili. Sono state ferite così profondamente che invece di diventare sensibili mascherano tutto con l’insensibilità e la durezza. Vogliono essere allo stesso livello e ferire gli altri. Così, senza rendersene conto, passano la loro vita a fare i prepotenti, a ferire e a dominare gli altri. Usano il denaro o l’autorità o la posizione o il sesso o perfino i sermoni per ferire la gente. Tutto questo influenza la loro esperienza cristiana. Sì, molto profondamente.
Poi ci sono le persone piene di paure. Forse la più grande di tutte è la paura della sconfitta. Queste persone ferite hanno così paura di perdere al gioco della vita che ricorrono a una semplice via d’uscita - non iniziano mai a giocare; si limitano a sedere ai bordi del campo. Dicono: “Non mi piacciono le regole del gioco”, o: “Me ne infischio dell’arbitro”, o: “La palla non è abbastanza rotonda”, o ancora: “I gol non sono regolamentari”.
Ricordo che anni fa parlavo con un rivenditore di automobili usate e mentre guardavamo fuori della vetrina vedemmo un uomo che stava dando calci alle gomme delle auto. Alzava anche i cofani e dava dei gran colpi ai parafanghi. Il venditore disse disgustato: “Guardi quel tipo là fuori. E’ un ‘calciatore di ruote’. Sono la rovina della nostra esistenza. Vengono sempre qui, ma non comprano mai un’auto perché non sanno decidersi. Ora osservi quello là fuori. Sta dando dei calci alle gomme. Dirà che le gomme non sono bene allineate. Sentirà il motore e dirà: ‘Sente quel battito in testa?”. Nessun altro lo sente, ma lui sì. C’è sempre qualcosa che non va. Ha paura di scegliere, non sa mai decidersi, così trova sempre una scusa”.
La vita è piena di “calciatori di ruote”, persone che temono la sconfitta, temono di prendere la decisione sbagliata. Che cosa accade a queste persone quando si accostano alla vita cristiana? Credere è un grosso rischio; è molto difficile. Le decisioni le sconvolgono. La fede e la testimonianza sono difficili. Imbarcarsi in una nuova impresa con lo Spirito Santo e affidarsi veramente a Dio è per lo più un trauma. La disciplina è difficile. Le persone paurose vivono dicendo sempre se solo: “Se solo questo o se solo quello, allora andrebbe tutto bene”. Ma siccome il se solo non si avvera mai, di solito non conseguono mai quello che vorrebbero. I paurosi sono gli sconfitti e gli indecisi.
L’intera area del sesso è un intricato miscuglio di tutte le altre emozioni ferite, ma richiede alcune considerazioni particolari.
Quando l’apostolo Paolo scrisse la sua prima epistola ai Corinzi, trattò ogni immaginabile tipo di problema umano e alcuni per lo più inimmaginabili. Parlò di liti, di scissioni di partito, di casi legali, di contese riguardanti dei beni e di vari tipi di difficoltà sessuali, dall’incesto alla prostituzione. Parlò dei rapporti prematrimoniali, dei rapporti coniugali e dei rapporti extraconiugali. Scrisse sulla vedovanza, sul divorzio, sul vegetarianismo, sull’ubriacarsi al tavolo della Santa Cena, sul parlare in altre lingue, sulla morte e sui funerali, sulla raccolta delle offerte e sul condurre un’assemblea di chiesa con i fedeli tutti presenti.
Ma cominciò la sua lettera dicendo che si era proposto di non sapere niente di loro eccetto “Gesù Cristo e lui crocifisso” (1 Corinzi 2:2). Questo significa che il nostro Vangelo è molto pratico e arriva proprio dove viviamo. Gran parte della lettera di Paolo aveva a che fare con problemi sessuali.
Poiché noi occidentali siamo stati svezzati con l’indisciplina, con l’indecenza e con la sensualità, viviamo in una moderna Corinto. Nella nostra società è molto difficile per chiunque arrivare all'età adulta senza che la propria personalità sia mai stata ferita per quel che riguarda l’ambito sessuale.
Penso al numero di persone che sono venute da me per chiedermi aiuto. Ricordo una signora che mi aveva sentito parlare nella sua chiesa e che aveva guidato per 1.200 miglia per parlarmi. Ricordo un uomo che si era deciso a entrare nel mio ufficio per dirmi che aveva girato undici volte intorno alla chiesa con la sua auto cercando di trovare il coraggio per venire a trovarmi. Entrambe queste persone erano veri cristiani e tutte e due erano oppresse da problemi di omosessualità.
Penso a una giovane di una lontana università dove andai per predicare. Ancora oggi non so che aspetto avesse perché stava girata di schiena e teneva il soprabito sul viso mentre seduta in un angolo, singhiozzava. Alla fine disse: “Devo raccontarlo a qualcuno prima che io esploda”. Poi, sempre con il viso rivolto all’angolo, mi raccontò la triste storia che in questi giorni sentiamo sempre più spesso, di un padre che l’aveva trattata non come una figlia, ma come un oggetto sessuale.
Penso al numero di giovani uomini e donne che sono stati nutriti con una gran quantità di idee false e dannose da parte di genitori e predicatori ben intenzionati ma ignoranti. E ora non sono adatti al matrimonio, non sono in grado di essere mariti e mogli che possano vivere senza paura, colpa e vergogna. Feriti? Sì, terribilmente feriti.
Il Vangelo ha un messaggio per questi vari tipi di persone emotivamente ferite? Poiché se non offre la guarigione per tutti loro, allora faremmo meglio a mettere il lucchetto alle porte della nostra chiesa, a smettere di fare i cristiani e a piantarla con la nostra “buona novella”.
Riparazioni divine
Può Dio operare delle riparazioni in noi? Sì, può! Paolo scrisse ai cristiani Romani che lo Spirito Santo viene in aiuto alle nostre infermità (Romani 8:26). Molte delle traduzioni moderne usano debolezze al posto della parola infermità. Uno dei significati della parola aiutare ha una connotazione medica che suggerisce il modo in cui una infermiera aiuta nel processo della guarigione. Perciò non è semplicemente “afferrare dall’altra parte”, che è il significato letterale del verbo, ma vuol dire che lo Spirito Santo diventa il nostro compagno e soccorritore che lavora con noi, con partecipazione reciproca, per la nostra guarigione.
Qual è la nostra parte nella guarigione delle nostre emozioni ferite? Lo Spirito Santo è veramente il consigliere divino, lo psichiatra divino che afferra il nostro problema dall’altro capo. Ma noi lo teniamo da questo lato. Che cosa siamo tenuti a fare noi in questo processo di guarigione?
Rispondere a questa domanda è l’esatto scopo di questo libro e, procedendo nella lettura, troverai molti suggerimenti. Comunque, a questo punto lasciami suggerire i principi biblici che devono essere seguiti alla lettera così da trovare la guarigione delle emozioni ferite.
1. Affronta il tuo problema con onestà.
Con inesorabile onestà morale e con la grazia di Dio affronta quel terribile ricordo d’infanzia nascosto, per quanto profondi possano essere i sentimenti dentro di te. Porta te stesso e anche qualcun altro a conoscenza della situazione. Alcuni problemi non potranno mai essere risolti finché non li confesserai ad altri. “Confessate i vostri falli gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri, affinché siate guariti” (Giacomo 5:16). Alcune persone non raggiungono una profonda guarigione interiore perché non hanno il coraggio di confidarsi in maniera profonda con un’altra persona.
2. Accetta la tua responsabilità.
“Ma”, dici, “il peccato è stato fatto contro di me. Io sono la vittima. Non sai che cosa mi è successo”.
E’ vero. Ma qual è stata la tua reazione? Che cosa mi puoi dire del fatto che hai imparato a odiare o a essere risentito, o a rifugiarti in un mondo irreale?
Puoi dire: “I miei non mi hanno mai detto niente del sesso e sono cresciuto e ho affrontato questo mondo malvagio come un innocente e un ignorante e mi sono messo nei guai”. Così è accaduto la prima volta. Ma la seconda volta o la terza volta - di chi è stata la colpa allora? La vita è come un arazzo complicato, tessuto al telaio e con la spola. I fattori ereditari, l’ambiente, tutte le cose sperimentate nell’infanzia da parte dei genitori, degli insegnanti, dei compagni di gioco, tutti gli ostacoli della vita - tutte queste cose sono da una parte del telaio e passano la spola a te. Ma ricordati: tu ripassi la spola attraverso il telaio. E questa azione, insieme con le tue reazioni, intesse il disegno nell’arazzo della tua vita. Tu sei responsabile delle tue azioni. Non raggiungerai mai la guarigione delle tue emozioni ferite finché non smetterai di biasimare chiunque altro e non accetterai la tua responsabilità.
3. Chiediti se vuoi essere guarito.
Questo è ciò che Gesù chiese all’infermo che giaceva ammalato da 38 anni (Giovanni 5:6). Vuoi veramente essere guarito o vuoi solo parlare del tuo problema? Vuoi servirti del tuo problema per ottenere la compassione degli altri? Lo vuoi solo come una stampella, così da poter camminare zoppicando?
Lo zoppo disse a Gesù: “Ma, Signore, nessuno mi mette nella vasca. Tento, ma ci arrivano tutti prima di me”. Non voleva esaminarsi a fondo per sapere se veramente desiderasse essere guarito.
Viviamo in un’epoca che alcuni chiamano l’epoca dello “scaricabarile”, in cui ogni persona vuole biasimare qualcun altro invece di far fronte alle proprie responsabilità. Lavoro con studenti universitari da molti anni e qualche volta mi chiedo che cosa significhi veramente la laurea B.A.: “Bachelor of Arts” o “Builder of Alibi” (Laureato in Lettere o Costruttore di alibi)? Chiedi a te stesso: “Voglio veramente essere guarito? Sono disposto a far fronte alle mie responsabilità in tutta questa questione?”
4. Perdona a tutti coloro che sono coinvolti nel tuo problema.
Far fronte alle responsabilità e perdonare agli altri sono in realtà i due lati della stessa moneta. Il motivo per cui alcune persone non hanno mai potuto perdonare è che se esse perdonassero si sentirebbero mancare il terreno da sotto i piedi e non avrebbero nessuno da biasimare.
Far fronte alle responsabilità e perdonare sono quasi la stessa azione; in alcuni casi è necessario che tu faccia entrambe le cose simultaneamente. Gesù ha detto chiaramente che non si ottiene alcuna guarigione finché non si perdona dal profondo del cuore.
5. Perdona a te stesso.
Tanti cristiani dicono: “Sì, lo so che Dio mi ha perdonato, ma io non sono capace di perdonare a me stesso”. Questa affermazione è una contraddizione in termini. Come puoi credere veramente nel perdono di Dio e poi non perdonare te stesso? Quando Dio perdona, Egli seppellisce i tuoi peccati nel mare del Suo perdono e della Sua dimenticanza. Come dice Corrie ten Boom: “Poi mette un cartello sulla riva che dice: ‘Vietato pescare’”. Non hai alcun diritto di portare a galla ciò che Dio ha perdonato e dimenticato. Ha messo tutto dietro di sé. Attraverso un mistero inscrutabile, l’onniscienza divina ha in qualche modo dimenticato i tuoi peccati. Tu puoi perdonare a te stesso.
6. Chiedi allo Spirito Santo di mostrarti qual è il tuo vero problema e come devi pregare.
Paolo disse che spesso non sappiamo pregare come dovremmo (Romani 8:26). Ma lo Spirito Santo prega in noi e attraverso di noi e intercede per noi. Qualche volta lo Spirito Santo si serve di un assistente temporaneo nella persona di un consigliere umano che può aiutarci a capire qual è il vero problema. Qualche volta lo Spirito è in grado di fare ciò attraverso la Parola di Dio o attraverso qualche fatto nella vita che ci rende improvvisamente consapevoli del nostro problema reale. Perché è importante che ci rendiamo conto del vero problema e che sappiamo come dobbiamo pregare. Giacomo ci ha ricordato che a volte non riceviamo perché preghiamo per cose sbagliate (Giacomo 4:3). Può essere essenziale che tu sia aiutato da un consigliere o da un pastore o da un amico; poi, insieme con questa persona, puoi chiedere allo Spirito Santo di mostrarti dov’è veramente il tuo bisogno reale.
Ricordi la storia di Henry Ford e Charlie Steinmetz? Steinmetz era un nano, brutto e deforme, ma era dotato di una delle più grandi menti che il mondo abbia mai conosciuto nel campo dell’elettricità. Steinmetz costruì i grandi generatori per Henry Ford nel suo primo stabilimento a Dearborn, nel Michigan. Un giorno ci fu un guasto in quei generatori e lo stabilimento si fermò. Fecero venire dei comuni meccanici con i loro assistenti, ma questi non riuscirono a farli funzionare di nuovo. Stavano perdendo danaro. Allora Ford chiamò Steinmetz.
Il genio arrivò, per alcune ore sembrò non fare altro che gingillarsi e poi abbassò l’interruttore che rimise in funzione il grande stabilimento di Ford.
Alcuni giorni dopo Henry Ford ricevette da Steinmetz un conto di 10.000 dollari. Sebbene Ford fosse un uomo molto ricco, rimandò indietro il conto con un appunto: “Charlie, questo conto non è un po’ alto per aver armeggiato intorno a quei motori per qualche ora?”
Steinmetz rimandò il conto a Ford. Questa volta lesse: “Per avere armeggiato intorno ai motori: 10 dollari. Per aver saputo dove armeggiare: 9.990 dollari. Totale: 10.000 dollari”. Henry Ford pagò il conto.
Lo Spirito Santo sa dove armeggiare. Noi non sappiamo per che cosa dobbiamo pregare. Spesso non riceviamo perché chiediamo le cose sbagliate. Continuando la lettura di questo libro chiedi allo Spirito Santo di mostrarti che cosa devi conoscere di te stesso e poi di guidarti nelle tue preghiere.
“Perciò il regno dei cieli è simile a un re, il quale volle fare i conti con i suoi servi... Gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. E non avendo questi di che pagare, il suo padrone comandò che fosse venduto lui... Allora quel servo, gettandosi a terra, gli si prostrò davanti dicendo: Signore, abbi pazienza con me e ti pagherò tutto. Mosso a compassione, il padrone di quel servo lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Ma quel servo, uscito fuori, incontrò uno dei suoi conservi, che gli doveva cento denari; ed egli... afferratolo per la gola, disse: Pagami ciò che mi devi... e lo fece imprigionare, finché non avesse pagato il debito.
E il suo padrone, adiratosi, lo consegnò agli aguzzini finché non avesse pagato tutto quanto gli doveva. Così il mio Padre celeste farà pure a voi, se ciascuno di voi non perdona di cuore al proprio fratello i suoi falli” (Matteo 18:23-35).
“Perdonaci i nostri debiti, come anche noi perdoniamo ai nostri debitori” (Matteo 6:12).