Foreword
Chi pensa che il cristianesimo debba fornire ricettine per il proprio benessere, si chiede come mai la chiesa antica abbia dedicato così tanto tempo alle dottrine di Cristo e della Trinità. Per queste persone, si è trattato di una secolare perdita di tempo in cavilli teologici senza senso al di fuori della cerchia degli iniziati. Eppure, la chiesa antica si è trovata a dover ripensare nientemeno che il mondo alla luce dell’annuncio dell’evangelo di Gesù Cristo.
Davanti a sé aveva due strade già spianate. Da un lato, un’interpretazione rigida del monoteismo ebraico secondo cui Dio è uno in senso aritmetico. Se avesse scelto questa direzione, la chiesa avrebbe tradito le rivendicazioni di Gesù di essere il Figlio di Dio, uno col Padre e abitato dallo Spirito Santo. L’altra strada era rappresentata dal politeismo classico della tradizione greco-romana secondo cui una pluralità di dèi coesiste in una sorta di pantheon religioso.
Se avesse imboccato questa via, la chiesa avrebbe tradito l’insegnamento dell’AT e di Gesù stesso riguardante l’unità-unicità di Dio. La riflessione serrata sulla Trinità fu la risposta biblica della chiesa ai due vicoli ciechi del monoteismo e del politeismo. In termini culturali, la riflessione sulla Trinità ha portato uno sconvolgimento nel modo di affrontare il problema fondamentale dell'uno e dei molti.
La realtà è una nel senso monista, cioè ridotta a un solo principio? O molteplice nel senso pluralista, cioè frantumata in numerosi principi? O bisognava ripensare il tutto alla luce di un Dio che è uno e trino? Ecco, la Trinità forniva nuove categorie di pensiero che aprivano piste di vita straordinarie.
Dunque, il cristianesimo è trinitario, altrimenti non è. Questo ci dicono la Bibbia e la storia della chiesa che ha riconosciuto nella Bibbia la propria norma. Eppure, nell'immaginario di molti credenti, la Trinità è una dottrina dai contorni rarefatti, quasi impercettibili. Si sa che c'è e che è importante, ma, francamente, non si sa che farsene. Tutti ripetono un po' stancamente che è fondamentale, ma molti la considerano di fatto un'appendice ingombrante. Si tira fuori quando si dialoga con qualche moderno antitrinitario (geovisti, mormoni, ecc.), ma, al di fuori di queste occasioni controversistiche, essa rimane un oggetto contornato da molti punti interrogativi e qualche imbarazzo.
Nella vita delle chiese, si sentono pochi sermoni sulla Trinità. I credenti non sono abituati a pensare in termini trinitari anche perché la predicazione è raramente trinitaria. Essa si concentra sul Padre, o sul Figlio, o sullo Spirito Santo. Più spesso ancora, si sofferma sull'uomo ed è sovente afflitta da un antropocentrismo idolatrico. I pastori non sono abituati a meditare sulla Trinità e ad insegnarla. In genere, non impiegano categorie trinitarie per formare il popolo di Dio. Il risultato è che le chiese possono essere formalmente trinitarie, ma non si sa bene cosa voglia dire e che differenza faccia.
L'innologia evangelica, specie quella contemporanea, è più unitariana che trinitaria (cioè tende a concentrarsi su una Persona, anziché sulla comunione delle tre Persone) e questo impoverisce il culto evangelico e, di riflesso, la cultura evangelica. Siccome siamo quello che cantiamo, di fatto, molti credenti sono monoteisti o politeisti, ma non trinitari. Anche la preghiera tende ad essere tutt'altro che trinitaria. Insomma, il culto risente di una sindrome di deficienza trinitaria.
Le ricadute sulla visione del mondo sono enormi e si riflettono in una sostanziale incapacità di fare i conti con la realtà con categorie biblicamente sane, cioè trinitarie. Visto che nel mondo si assiste ad una continua oscillazione tra varie forme di monismo e diverse tipologie di pluralismo, i cristiani tendono ad essere risucchiati in uno dei due poli. Se sono di tendenza conservatrice, sarà il monismo assolutista ad esercitare una forte attrazione.
Se sono di orientamento progressista, sarà il pluralismo relativista a essere l'orizzonte prediletto. Si pensi alla famiglia: un uomo e una donna, rimanendo due persone distinte, diventano una sola carne (Gn 2,24). Se non si hanno categorie trinitarie, non si potrà vivere il dono del matrimonio e la relazione tra generi in modo pieno. Ci si accontenterà di schiacciamenti o di conflitti. Si pensi alla chiesa: un unico corpo composto da molte membra diverse (1 Cor 12,12). Oppure un’unica chiesa universale manifestata in tante chiese locali. Se non si hanno categorie trinitarie, si sarà afflitti da centralismi istituzionali o da localismi provinciali.
Si pensi alla comunità civile: un organismo sociale in cui diverse sfere sovrane (persone, famiglie, scuole, sindacati, stato, partiti, associazioni culturali, chiese, imprese, ecc.) rispondono al mandato creazionale. Se non si hanno categorie trinitarie, si preferiranno le satrapie stataliste o la frammentazione corporativa.
La costante autorevisione trinitaria del cristianesimo è una necessità vitale. Se non si vive la realtà nell'ottica della Trinità, si sarà preda dell'idolo dell'uno o degli idoli dei molti.
Leonardo De Chirico