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Discorso introduttivo
L’Apostolo Paolo, quando fu accusato da Tertullo di essere una peste e colui che eccitava sedizioni in ogni parte del mondo (Atti 24:5), si discolpò davanti a Festo e al re Agrippa (Atti 26). In quell’occasione Paolo fornì la prova di essere un oratore. Infatti attirò l’attenzione del re sia con la sua gestualità, stendendo la mano secondo il costume degli oratori, sia col suo modo di parlare dicendo: “O re Agrippa, io mi ritengo felice di potermi oggi discolpare davanti a te di tutte le cose delle quali sono accusato dai Giudei” (Atti 26:2).
In seguito Paolo parlò di tre argomenti in modo così convincente da toccare profondamente la coscienza del re (Atti 26:28). In primo luogo, l’apostolo parlò del suo stile di vita prima di convertirsi e disse: “Son vissuto come fariseo, secondo la più rigida setta della nostra religione” (Atti 26:5). Prima di convertirsi era così infiammato dal falso zelo della tradizione, da incenerire tutti i cristiani che incrociavano la sua strada: “Rinchiusi nelle prigioni molti santi e, quando erano messi a morte, io davo il mio assenso” (Atti 26:10). Inoltre, egli parlò della sua conversione: “A mezzogiorno, o re, sulla strada io vidi una luce dal cielo più splendente del sole” (Atti 26:12). Quella luce era una visione del Cristo glorificato. Paolo udì anche una voce che diceva: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti”? Egli era fisicamente abbattuto, ma la sua voce s’innalzò lo stesso al cielo: “Chi sei tu, Signore”? E il Signore rispose: “Io sono Gesù, che tu perseguiti” (Atti 26:14-15).
Paolo fu completamente svuotato di se stesso. Tutte le pretese di giustizia personale erano svanite e la sua speranza fu innestata sul tronco della giustizia di Cristo. L’apostolo Paolo parlò, infine, della sua vita dopo la conversione. Colui che era stato un persecutore divenne un predicatore: “Alzati e sta’ in piedi, perché per questo ti sono apparso: per costituirti ministro e testimone delle cose che tu hai visto” (Atti 26:16). Quando Dio stabilì Paolo come un ‘vaso eletto’, l’apostolo lavorò per rimediare a tutto il male che aveva commesso. Dapprima aveva perseguitato i santi fino a farli morire, in un secondo tempo predicò la vita in Cristo Gesù ai peccatori. In un primo tempo, egli fu mandato da Dio ai Giudei di Damasco e, in seguito, anche ai popoli pagani. L’argomento della sua predicazione fu questo: “Di ravvedersi e di convertirsi a Dio, facendo opere degne di ravvedimento” (Atti 26:20). Quale argomento grave e solenne!
Non ho intenzione di disputare per stabilire se, nell’applicazione della salvezza, venga prima la fede o il ravvedimento. è evidente, però, che il ravvedimento è il primo degli effetti osservabili nella conversione. Personalmente, credo che, prima d’ogni cosa, debba essere piantato il seme della fede nel cuore dell’uomo. Un esempio valido può essere quello di una candela accesa che è messa al centro di una stanza buia: la luce è ciò che si vede immediatamente, ma la candela è l’oggetto che la fa risplendere. Allo stesso modo, i frutti del ravvedimento sono i primi a manifestarsi, sulla base, però, di una fede già esistente. Ciò che mi spinge a pensare che la fede sia preesistente nel cuore rispetto al ravvedimento, è che quest’ultimo è una grazia, e perciò si può manifestare solo in un cuore vivificato. Dunque, non è scritto che l’anima vive grazie alla fede? ‘Il giusto vivrà per fede’ (Ebrei 10:38). Quindi, il seme della fede esiste già nel cuore del penitente; diversamente si tratta di un falso ravvedimento, privo di valore.
Ad ogni modo, sono del parere che il ravvedimento sia di una tale importanza, che senza di esso è impossibile essere salvati. Dopo il naufragio, Paolo si aggrappò ad un relitto della nave e grazie ad esso raggiunse la spiaggia. A causa del peccato di Adamo, ciascuno di noi ha fatto naufragio e il ravvedimento è l’unico appiglio che ci permette di raggiungere il cielo.
L’esortazione più comune e solenne nel Nuovo Testamento è quella a ravvedersi e di volgersi a Dio: “Ravvedetevi, perché il regno dei cieli è vicino” (Matteo 3:2); “Ravvedetevi dunque e convertitevi, affinché i vostri peccati siano cancellati” (Atti 3:19); “Ravvediti dunque da questa tua malvagità” (Atti 8:22). Questa verità è dunque confermata dalla bocca di tre testimoni. L’opera della grazia è edificata sul ‘fondamento del ravvedimento’ (Ebrei 6:1). Una professione di fede non fondata sul ravvedimento è destinata a crollare miseramente. Il ravvedimento è una grazia che l’Evangelo richiede. Il primo sermone di Gesù cominciò con l’ordine di ravvedersi (Matteo 4:17) e prima di ascendere al cielo affermò che nel suo nome si sarebbe predicato ‘il ravvedimento e il perdono dei peccati a tutte le genti’ (Luca 24:47). Tutti gli apostoli batterono molto su questo punto; infatti sappiamo che ‘predicavano che la gente si doveva ravvedere’ (Marco 6:12).
Il ravvedimento è una pura grazia che scaturisce dall’Evangelo. Il patto delle opere[1] non presupponeva la possibilità del ravvedimento. Il suo principio fondamentale era: pecca e morrai. Il ravvedimento è parte del messaggio dell’Evangelo della grazia. Cristo ha stabilito infatti che, in virtù del suo sangue, il peccatore che si è ravveduto sia salvato. La legge richiedeva un’ubbidienza perfetta, personale e perpetua e malediceva tutti coloro che non l’avrebbero osservata in questo modo: “Maledetto chiunque non persevera in tutte le cose scritte nel libro della legge per praticarle” (Galati 3:10). Non è scritto che colui che disubbidisce alla legge deve pentirsi, ma che è maledetto. Quindi, il ravvedimento è una dottrina che è stata portata alla luce dall’Evangelo.
In quale modo è operato il ravvedimento? Il ravvedimento si compie in parte, tramite la Parola: “Or essi, udite queste cose, furono compunti nel cuore” (Atti 2:37). La Parola predicata è lo strumento che Dio usa per produrre il ravvedimento. Essa è paragonata ad un martello o al fuoco (Geremia 23:29), il primo per rompere il cuore, il secondo per scioglierlo. Quale gran benedizione è poter usufruire della Parola di Dio! Coloro che la rigettano non potranno evitare di essere condannati. Inoltre, il ravvedimento si compie tramite l’opera dello Spirito Santo. I servitori di Dio possono essere paragonati alle canne di un organo: lo Spirito Santo soffia in loro facendo in modo che il loro suono sia efficace: “Mentre Pietro stava ancora dicendo queste cose, lo Spirito Santo scese su tutti coloro che udivano la Parola” (Atti 10:44). è lo Spirito che, attraverso la Parola, illumina e converte. Quando lo Spirito Santo tocca un cuore, esso si dissolve in lacrime: “Riverserò sulla casa di Davide e sugli abitanti di Gerusalemme lo Spirito di grazia e di supplicazione; ed essi guarderanno a me, a colui che hanno trafitto” (Zaccaria 12:10).
è molto edificante osservare gli svariati effetti della Parola di Dio sugli uomini. Alcuni reagiscono come alla predicazione di Giona: il loro cuore si commuove e si scioglie in lacrime; altri, invece, non sembrano interessarsi molto di più di quanto faccia un sordo davanti alla più bella delle sinfonie. Alcuni migliorano, ascoltando la Parola di Dio, altri peggiorano. Lo stesso terreno che rende l’uva dolce, rende l’assenzio amaro. Qual è la ragione per cui la Parola ha degli effetti così diversi? Perché essa convince la coscienza di alcuni e non di altri. Non tutti ottengono l’unzione divina (I Giovanni 2:20). Oh, preghiamo che la rugiada dello Spirito possa cadere insieme alla manna della Parola! Il carro della Parola non ci può condurre al cielo, se lo Spirito Santo non vi sarà montato (Atti 8:29).