Tradito
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Tradito! è la storia toccante di una famiglia ebrea, molto unita, che si trova coinvolta in una tragica storia di conflitto. E’ la storia di una guarigione insolita. Rispondendo alle domande inquietanti della figlia, l’autore comincia una ricerca ritornando indietro nel tempo. Lungo il cammino, deve affrontare sfide personali che richiedono una risposta che cambia la vita. Mentre viaggi con lui, giungerai a una conoscenza più profonda e piena del Giudaismo e del Cristianesimo; tale conoscenza guarisce e libera dall'amarezza che deriva da un conflitto così profondo e radicato. Questa è la storia di una spaccatura apparentemente insanabile che trova la sua soluzione.
ISBN: 9788880771401
Producer: Editrice Uomini Nuovi
Product Code: 9788880771401
Weight: 0,170kg
Binding: Brossura
Language: Italian

Sample chapter

1

La telefonata

La telefonata che diede una svolta alla vita di ogni membro della mia famiglia arrivò alle 22.30 una domenica sera.
Chiamava la più grande delle mie figlie, Judy, di 21 anni che frequentava il primo anno all’università di Boston. Quando suonò il telefono, mia moglie Ethel stava facendo la doccia. Ann, di 17 anni l’altra figlia che frequentava la scuola superiore Walt Whitmann a Betseeda nel Maryland stava facendo i compiti nella sua stanza.
“Ciao, papà, sono Judy. Puoi parlare?”
“Certo cara, va tutto bene?”
“Tutto bene, papà. Ma ti devo dire una cosa molto importante”.
C’era una intonazione strana nella voce di Judy. Sentii suonare dentro di me un campanello di allarme. C’era qualcosa che non andava.
“Cos’è Judy? Cos’è successo?”
“Non allarmarti papà. Sto benissimo. Solo che ho bisogno di parlarti ed è tutto il giorno che voglio farlo. La mamma può venire all’altro telefono?”
“La mamma sta facendo la doccia”.
“Bene allora glie lo dirai più tardi”.
“Sono tutt’orecchi Judy cara”.
“Papà, ti ho scritto una lettera molto lunga. Mi ci sono voluti giorni per scriverla. L’ho finita questa mattina e l’ho letta e riletta tutto il giorno. Ma non posso mandartela per posta. Non voglio che ti faccia soffrire. Questa è la cosa più difficile che io abbia mai cercato di fare. Voglio leggerti la lettera al telefono, adesso. Posso, papà?”.
Cercai di scacciare una serie di pensieri negativi che mi si affollavano alla mente: Era incinta? Era fuggita e si era sposata… era nei guai con la polizia… era stata espulsa da scuola. Ma, dal momento che Judy era una figlia meravigliosa, matura e sensibile, questi pensieri mi sembravano assurdi; quindi mi sforzai di rimanere calmo.
“Judy, aspetta un attimo prima di cominciare a leggere. Voglio prendere carta e matita per prendere note”.
Ethel era ancora nel bagno, quindi io presi una matita e un block notes e tornai al telefono per sentire quel che Judy aveva da dirmi.
“Sono pronto, cara”.
Mia figlia esitò e poi ancora una volta si scusò per quanto stava per dirmi. Parlava molto rapidamente e mi sentii chiudere la gola come reazione alla sua ansia.
Sapevo che la mia tensione era dovuta al fatto che eravamo una famiglia molto unita, pronta a condividere sia le cose buone che quelle cattive. Ethel ed io siamo sempre stati orgogliosi delle nostre figlie. Ann era un’ottima studentessa e aveva rivelato un particolare dono nel campo artistico. Judy voleva laurearsi all’università di Boston per specializzarsi nell’insegnamento ai bambini handicappati.
Judy aveva cominciato all’università del Maryland che distava soltanto 30 minuti di macchina da casa. Aveva vissuto nel campus universitario dormendo con altre ragazze per un anno e mezzo, ma non si era trovata bene. Nel gennaio successivo, era entrata all’università di Boston dove aveva un piccolo appartamento da sola. In quell’occasione ci aveva detto che a Boston le cose andavano molto meglio.
A questo punto della mia vita, nella primavera del 1975, non mi ero mai sentito così realizzato. Avevo 50 anni, una vita di successo nel campo assicurativo, una moglie meravigliosa, due adorabili figlie e una bella casa. Tutto dentro di me opponeva resistenza alle notizie che stavano per arrivarmi da mia figlia che intuivo avrebbero disturbato la mia vita.
“Cari mamma e papà”, cominciò. “è difficile per me scrivere questa lettera perché amo tantissimo voi e Ann. Non credevo che una famiglia potesse essere unita come la nostra…”
Attento, ascoltai Judy che diceva dettagliatamente come amasse la sua vita famigliare: noi come genitori non predicassimo una cosa facendone poi un’altra, come fossimo sinceri l’uno con l’altro e quanto ci fosse riconoscente di essere cresciuta in una casa piena di amore e pace e quanto fosse grata per il modo in cui l’avevamo allevata.
Cominciò poi a parlare di un periodo recente della sua vita nel quale si era sentita sola e la mia mano strinse la cornetta del telefono. Disse poi che aveva risolto questo senso di solitudine lavorando per una compagnia telefonica che rispondeva a casi di emergenza e in questo modo, tramite il telefono, aveva potuto aiutare persone in stato di necessità. Raccontò la storia di un uomo che voleva suicidarsi e come si fosse sentita inadeguata in quel momento; ma aveva conosciuto persone che lavoravano con lei che avevano più esperienza e punti di vista diversi dai suoi. Avevano anche più risposte di quante ne avesse lei.
Poi cominciò a parlarmi di Dick. Dick era uno che “credeva nella Bibbia”. Anche lui lavorava per questa compagnia telefonica. Erano diventati amici. Dick aveva cominciato a parlare a Judy della Bibbia e, quando Judy gli aveva detto che non aveva mai letto la Bibbia e non ne possedeva neppure una, Dick gliela aveva regalata. Nel corso dei mesi Dick le aveva suggerito che cosa leggere ed ella aveva seguito il suo consiglio.
“Ho parlato a lungo con Dick, papà e da quello che ho imparato durante quei discorsi e da quello che ho letto nella Bibbia e da quello che ho capito, beh….”
Trattenni il respiro mentre lei si ricomponeva.
“Beh papà, sono diventata credente anch’io”.
Ci fu una lunga pausa di silenzio. “ Cosa vuoi dire Judy?”
“Voglio dire che credo in Dio. Credo che la Bibbia è la Parola di Dio e (lunga pausa) credo che Gesù è il Messia!”
Rimasi senza parole.
Da molti genitori le parole di Judy avrebbero potuto essere accolte favorevolmente, io ne fui annichilito!
Il punto è che noi siamo ebrei!
Menzionare il nome di Gesù è di per sé abbastanza imbarazzante. Considerarlo il Messia è qualcosa che semplicemente non ci viene neanche in mente. Per noi credere che Gesù è il Messia, significa ingannare il nostro popolo, unirci al nemico e dissacrare la memoria di tutti i nostri antenati negli ultimi 2000 anni.
Come aveva potuto farci una cosa del genere Judy?
Cominciò a montare dentro di me un’ondata di rabbia e la mia prima reazione fu di urlarle qualcosa al telefono. Stavo già per farlo, quando avvertii un’altra voce dentro di me che mi diceva: non tagliare i ponti lascia aperta la possibilità di parlare. A Judy è stato fatto il lavaggio del cervello. è una deviazione di un momento. Lei ti ama e tu la ami. Non permettere che questa conversazione finisca con un accesso di rabbia! Amala in questo momento di pazzia e recupererà il senno.
Feci esattamente così. Anche se dentro mi sentivo morire, continuai a dialogare con lei facendole domande, non formulando giudizi. “Senti”, dissi alla fine “Certamente non possiamo risolvere la faccenda questa sera. Verrai a casa fra qualche settimana per le vacanze pasquali e ne parleremo a lungo insieme, te lo prometto. Mi dirai tutto quello che vuoi. Ma per ora mettiamo la cosa da parte e riflettiamo. Me lo prometti?”
La udii sospirare, poi ci fu una lunga pausa e un sospiro più profondo.
“Come vuoi papà. Ti voglio bene. Buona notte”.
Riattaccai il telefono completamente sconcertato.
Precedentemente, Ethel aveva finito di fare la doccia ed era entrata nella stanza quando già Judy e io parlavamo da dieci minuti circa; in questo modo era riuscita a sentire la maggior parte della mia conversazione con lei. Quando riattaccai, la vidi pallida e adirata.
Quando provai a dirle quello che mi aveva detto Judy, balzò in piedi all’improvviso e corse in cucina. La sentivo che parlava da sola e sbatteva i tegami per la rabbia impotente. Andai per cercare di calmarla.
Quando entrai in cucina mi fissò con gli occhi semichiusi: “Dove abbiamo sbagliato? C’è una madre e un padre che ama il figlio più di quanto noi abbiamo amato Judy? Come ha potuto farci questo?”
Poi Ethel cominciò a piangere. Non sopporto vedere piangere mia moglie. In 27 anni di matrimonio è accaduto in rare occasioni e ogni volta questa cosa mi ha sconvolto. Ora la mia rabbia cominciò a salire perché mi resi conto che non avrei potuto alleviare la sua sofferenza.
In un certo senso ciò che Judy aveva fatto era peggio per Ethel che per me. Nonostante il mio rapporto con Judy fosse molto intimo, quello che Judy aveva con Ethel lo era ancora di più. Se hai mai amato, ma amato davvero e se sei stato amato a tua volta, puoi forse renderti conto della profondità di quel rapporto.
Ethel si era data completamente a Judy e ad Ann. Ed ecco come Judy la ripagava. Cosa fai con un figlio che volta le spalle, non solo a te, ma a tutto il popolo al quale appartiene?
Quella sera dormimmo poco.
Il mattino successivo, dal mio ufficio chiamai un Rabbino che conoscevo e gli narrai quanto era successo la sera precedente. La sua risposta allentò la tensione e mi fece intravedere un po’ di speranza.
“Calmati Stan. Non è così terribile. Judy ha avuto un’esperienza emotiva, ma tornerà a casa fra un paio di settimane e potrai parlargliene faccia a faccia. è una brava ragazza ebrea. Tu la ami, lei ti ama, tornerà in sé. Parla con lei. C’è di peggio. Poteva essere coinvolta con la droga o qualcosa del genere. Così invece potrai ragionare con lei e tutto tornerà a posto.”
A quelle parole mi rilassai e chiamai Ethel per condividere con lei quanto mi era stato detto. Il Rabbino aveva visto altri casi di questo tipo e sapeva meglio di noi come trattarli. Forse quando fosse tornata a casa, Judy sarebbe già stata normale. Perché preoccuparsi? Aspetta a preoccuparti, dissi a me stesso.
Feci del mio meglio per concentrarmi sulle cose da farsi nelle due settimane successive; poi arrivò il momento di andare a prendere Judy all’aeroporto.

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Stan Telchin
Stan Telchin, famoso scrittore, oratore e missionario al popolo ebraico, morì nel 2012 a Sarasota, in Florida.

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