Come affrontare le prove
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Avere successo nella vita implica imparare ad affrontare le prove. Per ogni tipo di sofferenza, la Bibbia ci indica la miglior via da seguire; ci mostra come evitarle, affrontarle, gestirle, superarle… Se nella nostra esistenza ci sono dei “perché” perfettamente sinceri che Dio accetta da parte nostra, ci sono pure dei “perché” che bisogna ascoltare. Agli occhi del nostro Creatore noi non siamo dei burattini, ma gli artefici del destino. In risposta alla nostra fede, egli può interferire efficacemente nelle nostre vite al punto da cambiare il caos in benedizione.
ISBN: 9788880772873
Producer: Editrice Uomini Nuovi
Product Code: 9788880772873
Weight: 0,110kg
Binding: Brossura
Language: Italian

Sample chapter

Introduzione

Mentre stavo iniziando a scrivere le prime frasi, i telegiornali ci mostravano quotidianamente le conseguenze drammatiche del terremoto d?Izmit, in Turchia. Circa sessantamila edifici erano crollati sui loro residenti addormentati.
In pochi giorni ? stato allestito un gruppo di aiuto internazionale che ha manifestato una incredibile solidariet?. Tuttavia, con giusta ragione, questa catastrofe sollev? delle amare proteste. In pratica gli specialisti locali e quelli del mondo intero, affermarono che migliaia di vite si sarebbero potute salvare se gli imprenditori avessero prima di tutto considerato il pericolo sismico di quella regione.
Malgrado che la storia dei terremoti confermi le loro affermazioni, molti hanno ancora l?idea che la vita e le sue tragedie si susseguano come sullo schermo di un film dove ogni scena, la precedente e la successiva, restano immutabili. Se questo punto di vista fosse vero, renderebbe utopica ogni speranza e ogni iniziativa. Felicemente per l?umanit?, la testimonianza iscritta nei nostri cuori, la realt? quotidiana delle nostre scelte, siano esse insignificanti o fondamentali, colpevoli o ammirevoli, come pure la Scrittura nel suo insieme, tutto sembra concordare per dimostrare il contrario. Per esempio l?autore della Lettera agli Ebrei, dopo un?impressionante lista di uomini e donne che hanno cambiato la societ? aggiunge: ?Che dir? di pi?? Poich? il tempo mi mancherebbe per raccontare di Gedeone, Barac, Sansone, Iefte, Davide, Samuele e dei profeti, i quali per fede conquistarono regni, praticarono la giustizia, ottennero l?adempimento di promesse, chiusero le fauci dei leoni, spensero la violenza del fuoco, scamparono al taglio della spada, guarirono da infermit?, divennero forti in guerra, misero in fuga eserciti stranieri? (Ebrei:11:32-34).
La fede descritta in questo testo biblico ? presentata come l?antidoto per eccellenza del fatalismo e dello scoraggiamento. Riconosce un Dio infinito e personale che pu? interferire efficacemente nel nostro mondo, al punto di cambiare il caos in benedizione.
Se nella vita degli uomini ci sono dei perch? assolutamente sinceri, giustificati, che Dio stesso accetta da parte nostra, esistono pure dei perch? che dobbiamo ascoltare. Ci capita che ci? ci mette all?opera e ci incomoda a tal punto che preferiamo far finta di non udire o preferiamo impiegare degli espedienti pseudo spirituali per trovare una scappatoia.
Probabilmente l?uomo religioso o superstizioso, nel segreto intento di evitare la sua responsabilit?, fugge questa realt?. Custodisce l?immagine enigmatica di un Dio medievale che decide in modo arbitrario e incomprensibile.
In realt?, il Creatore di tutte le cose si presenta come un Padre. Un Padre intelligente e giusto, che ama farsi conoscere. Un Padre che ha fatto la sua parte, l?ha fatta bene e ci chiede, seguendo il suo esempio, di compiere la nostra. Ai suoi occhi, non siamo dei burattini, ma gli artefici del nostro destino.

Le scelte e la responsabilit? di Dio
A primo acchito dobbiamo sottolineare senza imbarazzo n? pretesti, che Dio ha fatto per noi e fa ancora delle scelte personali e sovrane per le quali noi non abbiamo n? potere n? responsabilit?. Quali sono?
Senza chiedere assolutamente il nostro parere, Dio ha scelto per noi una famiglia, un popolo e un?epoca per farci nascere e crescere. Ci ha dato dei talenti e ha preparato per ogni essere umano una specifica vocazione. Ha pure scelto il nostro sesso, il colore dei nostri capelli e mille altre cose fra i nostri componenti fisici e psichici. N? io n? voi siamo responsabili di ci? che ? stato scelto al posto nostro e Dio non ci giudicher? mai per questo. Avere un?altezza di un metro e sessanta, essere nato nel 1985 o avere i capelli castani non sono n? virt? n? vizi.
Alcuni non sono felici delle scelte che sono state fatte per loro, preferirebbero essere una farfalla o un fiore; altri avrebbero voluto essere un cavaliere dei tempi passati, nascere in un altro continente o avere una famiglia diversa. Tuttavia, Dio afferma che se l?amiamo, qualunque possa essere il nostro contesto di vita, metter? in atto la sua potenza e la sua saggezza per far cooperare qualsiasi situazione per il nostro bene (Romani 8:28).

Le scelte e la responsabilit? dell?uomo
Su questa questione di scelta e di responsabilit?, ? importante afferrare che Dio fa appello alla nostra volont? per introdurci individualmente e collettivamente nei suoi piani e nelle ricchezze del suo regno.
In ogni epoca e fra i miliardi di esseri umani che sono stati creati, voi e io siamo unici. Nulla ? pi? avvincente che quello di entrare nella carriera che Dio ha preparato per noi. Dir? a Geremia: ?Prima che io ti avessi formato nel grembo di tua madre, io ti ho conosciuto; prima che tu uscissi dal suo grembo, io ti ho consacrato e ti ho costituito profeta delle nazioni? (Geremia 1:5).
Paolo, dopo la conversione, comprender? che Dio l?aveva scelto come apostolo ancora prima della sua nascita (Galati 1:15-16).
Cos? come vedremo, il peccato consiste proprio a non raggiungere questo scopo e molti falliscono realmente. Come duplice esempio a questo proposito, ricordiamo che Ges? ha detto al pubblicano Matteo ?Seguimi?; lui l?ha fatto ed ? diventato l?apostolo che ha scritto il primo Vangelo; considerate ora che Ges? ha rivolto le stesse parole al giovane ricco, ma lui tutto triste se ne ? andato (Matteo 9:9; 19:21). Non sentiremo mai pi? parlare di lui?
La nostra responsabilit? e il nostro privilegio ? di scoprire chi siamo, perch? siamo stati creati, quali sono i doni e i talenti che abbiamo ricevuto e di vivere di conseguenza.
Noi non scegliamo di nascere, scegliamo di entrare o non entrare nella via che Dio ha preparato per noi. Ci invita allora a manifestare seguendolo, coraggio, fedelt?, bont?, generosit?, e molte altre qualit? che scaturiscono come essenza da una scelta fatta col cuore. Questi valori saranno le chiavi per gestire, con lui, ogni cosa sul nostro pianeta.

Non siamo nati su un terreno neutro?
Un avversario truce e ribelle cerca la perdita dell?umanit?. Il principe delle tenebre ci odia, ci mente e ci inganna allo scopo di ostacolarci, di indebolirci o di annientarci (Giovanni 10:10). La Bibbia ci insegna pure che intere generazioni, moltitudini di uomini e di donne di ogni nazione si sono ispirati coscientemente o no a questo nemico. Sulla terra la vita ? diventata ardua, squilibrata e piena di insidie. Noi non siamo nati su un terreno neutro; la nostra vita ? segnata da insidie che dobbiamo imparare a superare. Anche per colui che ama Dio, l?esistenza non ? facile. Tuttavia le attenzioni del Creatore non sono esaurite; il suo perdono e una nuova partenza sono offerti a tutti; la sua forza, la sua saggezza e il suo amore restano per coloro che lo desiderano.
La vita ? una scuola in ogni istante; impariamo delle lezioni meravigliose, ma scopriamo anche le pi? terribili insidie.
Avere successo nella vita implica imparare a superare le prove. La Bibbia ci offre molti consigli su questo soggetto. Potremmo quasi affermare che questo tema ? trattato dalla prima all?ultima pagina. ?Molti saranno purificati, imbiancati, affinati; ma gli empi agiranno empiamente e nessuno degli empi capir? ma capiranno i saggi? (Daniele 12:10)

Una responsabilit? suprema, dalle conseguenze eterne
Ogni essere umano deve affrontare delle prove, siano esse indulgenti, difficili o opprimenti. La morte stessa, non ? l?angoscia pi? grande.
Ges? ha detto: ?Non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l?anima; temete piuttosto a colui che pu? far perire l?anima e il corpo nella geenna? (Matteo 10:28).
Per un essere umano, il tormento pi? grande ? dunque la sua perdizione eterna. Di fronte a questo temuto avvertimento, la Bibbia, dall?inizio alla fine insiste sulla possibilit? e la necessit? per l?uomo di ritornare al proprio iniziale destino facendo la scelta giusta. ?Io prendo oggi a testimoni contro di voi il cielo e la terra, che io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, affinch? tu viva, tu e la tua discendenza? (Deuteronomio 30:19).
I profeti, gli apostoli e Ges? stesso concordano nell?affermare la libert? e la responsabilit? dell?uomo di fronte al suo destino eterno (Ezechiele 18:23; Matteo 25:31-46, Giovanni 3:16, 2 Pietro 3.9). La salvezza ? un vero dono; ognuno ha la libert? di riceverla o di rifiutarla.
Se la sua scelta ? determinante per la cosa pi? importante che ci sia, la sua eternit?, a maggior ragione le sue decisioni quotidiane influenzeranno veramente sulla qualit? della sua esistenza e i suoi molteplici aspetti.
In questo studio, prenderemo in considerazione, non quello che ci sfugge, ma ci? che ci compete di gestire e di cambiare. Vedremo pure che la nostra immagine di Dio e la nostra comprensione della sua Parola influenzano considerevolmente il nostro modo di affrontare le prove.

Per cominciare, approfondiremo la storia di Giuseppe, che potete leggere nella Bibbia nel libro della Genesi, a partire dal capitolo 37. Giuseppe, quarto patriarca, per il quale l?avvenire si ? ad un tratto offuscato, mentre era ancora un adolescente. Non si ? ritrovato alla scuola dei pensatori della sua epoca, ma alla scuola della Vita, a quella dello Spirito Santo. Questa far? di lui una fonte di salvezza per diverse nazioni e per la sua propria famiglia. Le prove che ha subito sono stranamente simili a quelle che segnano le nostre vite oggi: prove della fede, prove del rigetto, prove di successo, prova di molestia sessuale, prove di ingiustizia, prova del tempo.

Le scelte che ha fatto, mentre imperversavano le difficolt?, sono esemplari; i frutti che ne sono scaturiti sono dei potenti incoraggiamenti per noi.

Nel secondo capitolo, studieremo sette diverse origini di prove con i rimedi e i consigli che la Bibbia ci propone per superarle.
Possono provenire:

1. da Dio,
2. da s? stessi,
3. da altri,
4. dal peccato,
5. dal mondo,
6. dal diavolo,
7. dalle circostanze.
Capitolo 1

Come affrontare le prove per aver successo nella vita

Qualcuno ha detto: ?Pi? il compito al quale Dio ci chiama ? grande, maggiore sar? il tempo necessario per prepararci?. Per Giuseppe tredici anni movimentati e pieni di insidie, fecero parte di questa preparazione.
Nasce in una famiglia poligama. Suo padre Giacobbe, figlio di Isacco e nipote di Abramo, ha quattro mogli: Lea e Rachele che sono sorelle e le loro rispettive serve Zilpa e Bila. Giuseppe ha cos? dieci fratelli maggiori, un fratello minore e una sorella, Dina. Tuttavia, Genesi 46:7 parla delle figlie di Giacobbe. Se non si tratta delle nuore, Giuseppe avrebbe avuto diverse sorelle.

Ecco la storia dei figli di Giacobbe. Giuseppe era un adolescente di diciassette anni. Custodiva le pecore e le capre insieme ai suoi fratelli, i figli di Bila e di Zilpa, le mogli di suo padre. Egli rifer? a suo padre il male che si diceva a loro riguardo. Giacobbe amava Giuseppe pi? degli altri figli perch? era nato nella sua vecchiaia. Gli aveva regalato una tunica di lusso. I fratelli di Giuseppe videro che era il beniamino di suo padre. Cos? lo detestarono talmente che non gli potevano parlare senza astio. Una volta Giuseppe fece un sogno. Lo raccont? ai suoi fratelli che lo odiarono ancora di pi?.
?Ascoltate il mio sogno? disse loro: ?Eravamo tutti alla messe intenti a legare i covoni di grano. Ad un tratto il mio covone si raddrizz? e rimase eretto; allora tutti i vostri covoni si posero intorno e si inchinarono davanti ad esso?.
?Pretenderesti forse di diventare il nostro re e di dominarci?? gli domandarono i suoi fratelli. Cos? lo detestarono ancora di pi? a causa dei sogni e dei racconti che faceva. Giuseppe fece un altro sogno e lo raccont? nuovamente ai suoi fratelli.
?Ho di nuovo sognato? disse loro: ?il sole, la luna e undici stelle venivano a inchinarsi davanti a me?.

Confrontando diverse versioni, comprendiamo che un fossato separa la mentalit? di Giuseppe e quella dei suoi fratelli maggiori. La bocca esprime ci? che straripa dal cuore; parole cattive, brutta reputazione e come vedremo presto un cuore malvagio uniscono questi fratellastri. ? l?ambiente in cui Giuseppe cresce e impara un mestiere. Sarebbe certamente pi? facile per lui di adeguarsi all?ambiente, imitando chi gli sta vicino, ma non ha la stoffa del camaleonte. ? tra quelli che osano appartenere alla minoranza quando ? in gioco la giustizia. Lui, il piccolo, resiste e denuncia coraggiosamente l?attitudine della maggioranza. La sua condotta decisa, aggiunta all?affetto che suo padre gli dimostra gli attireranno un astio sempre maggiore.
Il messaggio umano che giornalmente riceve, potrebbe essere questo: ?Impara a vivere e a parlare come noi, adeguati e raggiungi i nostri ranghi!? Ma il messaggio divino ? completamente diverso: ?Tu puoi resistere agli esempi cattivi, impara da me a vivere ad esprimerti ed entrare nella vocazione che io ho per te?.
Dio, quando si tratta degli uomini, non ama le fotocopie, (spesso i gemelli hanno personalit? distinte). Egli sceglie queste circostanze per parlare a Giuseppe per ben due volte attraverso dei sogni. ? il momento in cui, la scelta dei valori che orienteranno tutta la sua vita, sta maturando dentro di lui.
Perch? questi sogni? Gli daranno una solida speranza per affrontare gli anni di prova che gli uomini corrotti gli faranno subire. Come lo studente in medicina che affronta notti in bianco, fine settimane di studi e restrizioni, con la convinzione che un giorno potr? esercitare in un certo paese, o in una particolare specializzazione, Giuseppe sar? sorretto dalla convinzione che la sua vita, nelle mani di Dio, avr? raggiunto pienamente il suo obiettivo.

I suoi fratelli percorrono ora, con i loro greggi vaste regioni, e ben presto si trovano molto lontani dall?accampamento familiare a Sichem. Questa volta Giuseppe, per un motivo che ignoriamo, ? rimasto presso suo padre. Un giorno suo padre gli dice: ?I tuoi fratelli custodiscono il gregge vicino a Sichem. Va? a cercarli?.
?S? padre?, risponde Giuseppe.
A diciassette anni, Giuseppe ha una qualit? essenziale: l?ubbidienza. Questa permetter? a Dio di custodirlo nell?avventura che si sta delineando. Dopo una lunga peripezia per raggiungere Sichem, l?adolescente dovr? continuare la sua ricerca fino a Dotan, ancora per oltre venti chilometri.
Al suo arrivo una cattiva sorpresa lo attende. I suoi fratelli lo intravedono da lontano e ancor prima che possa raggiungerli complottano di farlo morire.
?Ah! Ecco il sognatore!? dissero gli uni gli altri. ?? il momento giusto per ucciderlo. Getteremo il suo cadavere in una cisterna e diremo che una belva l?ha divorato. Vedremo allora se i suoi sogni si realizzeranno?.

La prova della fede

Giacobbe ha conosciuto un dolore straziante e una trasformazione nel suo cammino con Dio: Giuseppe si ? aperto a questa comunione e la sua vita ne ? stata segnata. I fratelli maggiori, con la loro cattiva reputazione, il loro sguardo invidioso e la loro inimicizia, testimoniano di una vita piena di loro stessi, animata da ambizioni puramente umane. La loro gelosia sembra inasprita e viscerale. Non ? solo una questione di tunica o di preferenza che mette in moto questo piano omicida, ma un conflitto molto pi? profondo, quello che oppone le tenebre alla luce. La permanente lotta tra ci? che ? carnale e ci? che ? spirituale viene sfacciatamente alla luce. Hanno intuito certamente la provenienza divina delle visioni che Giuseppe ha ricevuto e precisamente questo per loro ? insopportabile. Sfidando indirettamente Dio, tenteranno di sopprimerlo una volta per tutte.
Quando Giuseppe arriv? dai suoi fratelli, lo afferrarono, gli tolsero la sua bella tunica e lo gettarono nella cisterna. Questa cisterna era senz?acqua, completamente vuota.
Al termine di questo lungo viaggio, commissionato dal padre preoccupato, la tempesta si scatena. I pensieri e il cuore di Giuseppe sono scossi. In questo sinistro serbatoio aspetta la morte come un topo intrappolato in fondo a un buco. I suoi guardiani sono numerosi e hanno deciso la sua condanna. Non c?? via di scampo, n? a destra, n? a sinistra, n? in alto, n? in basso. Possiamo immaginare satana che bisbiglia: ?Allora, vedi bene che Dio non mantiene le sue promesse; d?altronde si ? forse gi? preoccupato di te? Non hai pi? un avvenire, qui finirai i tuoi giorni, non oltrepasserai i tuoi diciassette anni!?

I suoi fratelli si sedettero per mangiare. Videro passare una carovana d?Ismaeliti che giungeva dal paese Galaad e si dirigeva in Egitto. I loro cammelli trasportavano delle essenze profumate.
Giuda disse ai suoi fratelli: ?Che interesse abbiamo ad uccidere nostro fratello e a occultare la sua morte? Vendiamolo piuttosto a questi Israeliti, ma non alziamo le nostre mani sulla sua vita. Malgrado tutto appartiene alla nostra famiglia, ? nostro fratello?.
I fratelli furono d?accordo. Lo vendettero per venti monete d?argento agli Israeliti che lo portarono in Egitto.

La prova del rifiuto

Ruben, il fratello maggiore era riuscito a malapena ad evitare l?uccisione di Giuseppe, prima ancora che fosse gettato nella cisterna; segretamente aveva intenzione di salvarlo. Durante la sua assenza Giuda propone ora di trasformare la sentenza in schiavit?.
Per Giuseppe, prigioniero in fondo alla cisterna, il mondo ? stato scosso. Ma improvvisamente la speranza ? riaccesa? una corda lo raggiunge. L?afferra credendo forse che questa disavventura possa finire, come un atroce incubo, finalmente potr? tornare da suo padre.
Risalito alla luce, scopre tuttavia che non si tratta di un cambiamento di umore, ma ? la vittima di un definitivo rigetto.
I soldi passano dalle mani dei mercanti a quelli dei suoi fratelli. Vendono ci? che non appartiene a loro. Probabilmente Giuseppe viene attaccato dietro ai cammelli che, passo dopo passo scompaiono all?orizzonte.
Queste venti monete saranno all?origine di pi? di vent?anni di menzogne, di colpevolezza e lutto per questa famiglia discendente di Abramo, che avrebbe dovuto essere una delle pi? felici sulla terra!
Dall?et? di circa diciassette anni fino a trent?anni, fino al momento in cui Giuseppe si presenta davanti al faraone, si susseguono ancora sette anni di abbondanza e probabilmente due o tre anni di carestia.
Venduto come una mercanzia, Giuseppe parte seminudo verso un paese sconosciuto, senza minimamente immaginare che vi rester? per ben novantatre anni? Da figlio prediletto di un grande allevatore, beneficiario di uno statuto sociale di grande privilegio, pieno di promesse, precipita in un solo istante tutti i gradini della societ? per diventare uno schiavo privato di tutti i suoi diritti. In un attimo perde la sua famiglia, i suoi amici, il suo paese, la sua libert?. Non gli resta pi? nulla, nemmeno la libert? di esprimersi nella sua lingua materna con i suoi nuovi padroni.

Le prove pi? dure sono quelle che provengono dai nostri fratelli e sorelle, cio? quelli che ci sono pi? vicino. Quando la nostra famiglia, la nostra chiesa, il nostro capo, il nostro marito o la propria moglie ci rigettano, il nostro cuore e la nostra personalit? sono molto pi? toccati e afflitti che se lo facesse un estraneo.
Il testo ci riveler? in seguito che al momento di questa macabra transizione, Giuseppe aveva un?espressione angosciata e implorante. Leggere questa storia come se fosse un romanzo, non ci permetter? di realizzare il dolore che in questo istante ha paralizzato il giovane pastore. Molto probabilmente fra i suoi fratelli qualcuno avr? provato piet? per lui; una sola parola da parte di uno di loro avrebbe potuto far ribaltare questo piano malefico, ma ognuno si ? trincerato dietro un colpevole silenzio.
Oggi avviene la stessa cosa in svariate situazioni. I veri amici, coraggiosi e giusti apriranno la loro bocca, a volte mettendo in pericolo i loro diritti per difendere colui che viene ingiustamente colpito o per approvare una causa giusta. Ma gli ?amici di un tempo? i ?falsi fratelli? e tutti i codardi preferiranno un malsano conforto al combattimento della fede e nei momenti cruciali si laveranno le mani.
Ges? stesso aveva delle folle di ferventi ammiratori, ma ai piedi della croce rimase solo qualche coraggioso fedele. Nei suoi viaggi missionari, Paolo era conosciuto e apprezzato da migliaia di cristiani; tuttavia scriver? dalla sua prigione: ?Nella mia prima difesa, nessuno si ? trovato al mio fianco, ma tutti mi hanno abbandonato? (2 Timoteo 4:16).
I suoi amici avrebbero avuto diritto di testimoniare in suo favore, ma i rischi causati da questa presa di posizione e la paura pare abbiano giustificato la loro assenza?
Un valido sostegno, quando una persona si trova in uno stato di debolezza ? una prova inequivocabile di amore e di maturit?. I ricchi e i forti hanno sempre una schiera di cortigiani; dove sono dunque i loro veri amici? Spesso si trovano tra coloro che lo erano gi?, quando essi erano pi? vulnerabili?

Naturalmente, i figli di Giacobbe nasconderanno al loro padre questo crimine. Perci? immergono la lussuosa tunica nel sangue di un animale e gliela rimandano con questa cinica domanda: ?Riconosci la tunica di tuo figlio??
Una menzogna, quando viene creduta ha lo stesso impatto della verit?. Giacobbe non si rimetter? pi? dopo questa scellerata manovra; crede che Giuseppe sia stato divorato da una belva feroce. Qualcosa si spegne definitivamente dentro di lui.
Rifiuter? di cessare di portare il lutto. L?inganno e la tristezza d?ora in avanti dilanieranno questa famiglia. Questi dieci figli (Beniamino aveva sei anni meno di Giuseppe ed era estraneo al complotto) porteranno per molti anni questo peso. Ogni volta che nel viso del loro padre scorgeranno una lacrima, ogni volta che evocheranno la scomparsa di Giuseppe, guardandosi gli uni gli altri, il fardello della loro colpevolezza apporter? loro un?atmosfera sinistra e pesante.
Che cosa ne sar? di Giuseppe?

La prova del successo

Gli Israeliti che avevano condotto Giuseppe in Egitto lo vendettero a un Egiziano di nome Potifar. Questo Potifar era l?uomo di fiducia del faraone e il capo delle guardie. Il Signore era con Giuseppe e, tutto quello che intraprendeva prosperava. Giuseppe venne ad abitare nella casa del suo padrone egiziano. Quest?uomo si rese conto che il Signore faceva prosperare tutto ci? che Giuseppe intraprendeva. Potifar fu cos? contento di lui che lo prese al suo servizio e gli affid? l?amministrazione della sua casa e di tutti i suoi beni. Da quel momento, a causa di Giuseppe, il Signore fece prosperare gli affari all?Egiziano.

Come la pianta fora l?asfalto e fiorisce, cos? la luce trionfa sulle tenebre.
I figli di Giacobbe pensavano di sbarazzarsi di un seccatore; in realt? hanno perso la cosa essenziale: la benedizione di Dio. Infatti essa sembra essere andata in esilio con Giuseppe. Perch?? ? forse il beniamino di Dio? Molte persone leggono questo racconto come se ci? fosse il caso. Pensano che la benedizione di Dio sia automaticamente legata a certi appelli e spiegano in questo modo la vita dei personaggi biblici come Elia, Anna, Ester, Pietro, Giovanni? Confondono vocazione e benedizione.
La Bibbia dichiara che siamo della stessa natura degli uomini e donne di fede che ci hanno preceduti (Giacomo 5:17). Perch? mai Dio ci avrebbe dato come esempio questi eroi della fede se lo erano per preferenza divina? Stiamo appunto notando che coloro che diventeranno i padri delle trib? d?Israele, al momento non hanno maggiore benedizione di Caino in persona!
Come abbiamo gi? compreso, Dio accorda sovranamente una vocazione a ogni essere umano, sin dal seno della madre e questo non ha nulla a che fare con la sua condotta. Ma questo appello non ? benedetto che nell?ubbidienza. ? pur vero che quest?ultima non ?compera? la benedizione, ogni cosa ? grazia, ma essa la rende possibile.
Saul, primo re d?Israele ? diventato tale per decreto divino: tuttavia la sua condotta si ? deteriorata a tal punto che la vendetta, il desiderio di uccidere e gli spiriti cattivi hanno finito per infestare la sua vita. Davide, scelto da Dio, per il suo sbaglio con Bath-Sceba e l?uccisione di suo marito, ha introdotto la violenza in tutta la sua famiglia. Salomone ha concluso la sua carriera con circa mille donne che l?hanno trascinato all?idolatria. Potremo cos? moltiplicare gli esempi di re, di profeti e di sacerdoti, scelti da Dio ancora prima della loro nascita, che hanno incominciato con la benedizione, ma hanno concluso senza di essa.
Se confondiamo l?appello di Dio e la sua approvazione, offuschiamo numerosi testi. In questo modo perdono l?influenza che Dio vorrebbe donare loro. Finiremo per mettere in discussione la sua giustizia e ci scoraggeremo nel servirlo.
Quando la gente di Nazaret, dalla bocca di Ges?, hanno compreso che la benedizione e la vocazione non erano automaticamente legate, sono diventati cos? furiosi che dalla sinagoga l?hanno spinto fino ad un dirupo per precipitarlo gi?! Che cosa mai avr? potuto affermare?
Ecco i suoi ragionamenti: malgrado le numerose vedove del popolo eletto che al tempo di Elia avevano sofferto la fame, Elia non ? stato inviato verso una di loro; ma verso una vedova della regione di Sidone. E aggiunse inoltre: ?Al tempo del profeta Eliseo, c?erano molti lebbrosi in Israele; eppure nessuno di loro fu purificato; lo fu solo Naaman, il Siro? (Luca 4:27).
Giuseppe dunque non ? il beniamino di Dio. Deve affrontare le stesse sfide e sentimenti di noi e questo ci permette di identificarci alla sua storia e trarne un esempio.
Se Dio non fa differenza tra gli uomini come ? mai possibile che coloro che sono vicini a questo adolescente possano beneficiare di una tale benedizione?
Il Salmo 1 ci d? la risposta: ?Beato l?uomo che trova il suo diletto nella legge del Signore e che la medita giorno e notte, tutto quello che fa prosperer??. Possiamo concludere che Giuseppe ha superato la prova della fede, in fondo alla sua cisterna, poi la prova del rigetto continuando a vivere secondo i principi divini, cio? vincendo il male con il bene (Romani 12:21).
?Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio? (Romani 8:28). Questo versetto biblico molto conosciuto viene spesso interpretato male. Significa forse che ogni cosa coopera automaticamente al bene di ogni cristiano? No! Soltanto di coloro che continuano ad amare Dio malgrado le circostanze avverse. Il peccato, (cessare di amare Dio) come l?amarezza, il rancore, l?odio non cooperano affatto al nostro bene. Sia che siamo missionari o nuovi convertiti, questo non cambia nulla. Se, col passare degli anni, un cristiano s?inaridisce e diventa cinico ed incredulo, i cattivi frutti che raccoglier?, non coopereranno affatto al suo bene, ma al contrario rovineranno la sua vita. Se smettiamo di amare Dio le circostanze cessano di cooperare al nostro bene!
Praticare il peccato favorisce la nostra morte! Il pentimento coopera al nostro bene perch? ? un ritorno a Dio. Ogni volta che noi perseveriamo, al di l? di tutto e contro tutti a stimare Dio degno della nostra fiducia e del nostro amore, egli si impegna formalmente a mostrare la sua potenza e la sua saggezza per far convergere ogni cosa al nostro bene.

Non credo che ci siano due Spirito Santo, uno rattristato a causa di una certa situazione e l?altro che ci sprona a lodare Dio per questa stessa situazione. Quando lo Spirito ? contristato per una offesa, lodarlo per quest?ultima equivale ad attribuirgli la responsabilit? finale. Non ? perch? Dio riscatta, ripara e restaura una situazione che il male che l?ha causata sar? per questo giustificato. E visto che siete arrivati a questo punto, perch? non dire allora: ?Facciamo il male affinch? ne possa scaturire il bene?? ? proprio ci? che i nostri calunniatori ci accusano di insegnare. Simili ragionamenti sono da condannare e coloro che parlano in questo modo incapperanno nella giustizia divina (Romani 3:8). Dio giustifica il peccatore, mai il peccato! Tuttavia molti cristiani, senza rendersene conto giustificano il peccato. Si giustificano con delle idee sbagliate che per la vittima fanno altrettanto male di un coltello in una piaga. Ecco un tipico esempio.
Ammettiamo che qualcuno, vi aggredisca come puro atto doloso e vi fratturi una gamba. All?ospedale potete veramente godere di un tempo di pausa e inoltre una persona costretta al letto vicino a voi, si converte grazie alla vostra testimonianza. Molti vi diranno ?Per fortuna ti ? capitata questa sventura, ? una benedizione!? Questo atto doloso diventa ad un tratto una buona cosa ai loro occhi e viene individuato come ?l?amico segreto di Dio?. Senza rendersene conto in questo modo si chiama il male bene e il bene male, proprio ci? che la Scrittura disapprova severamente. ?Guai quelli che chiamano bene il male, e male il bene che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l?amore in dolce e il dolce in amaro!? (Isaia 5:20). Questa cattiveria, come tante altre ? orribile, e lo sar? sempre. ? una nemica di Dio e lo rester? per l?eternit?. Dio non ? una banderuola, che al luned? ? rattristato per un certo atto, ma il venerd? applaude per lo stesso atto compiuto.
Dove sta dunque la verit? in un caso simile? Se invece di nutrire del rancore verso il vostro aggressore, gli avete perdonato, vincendo cos? il male con il bene; l?unzione, la consolazione e la saggezza di Dio creeranno, in mezzo all?angoscia, una nuova situazione. Con questo non voglio affermare che Dio ci abbandona se i nostri combattimenti sono caotici, non ? questo il punto. La potenza creatrice di Dio ha fatto scaturire la vita, l? dove la morte avrebbe potuto trionfare. Ne far? io un pretesto per giustificare il peccato? Non lo sia mai. Loder? Dio per questo atto doloso? Non lo far? mai. Loder? Dio per il suo amore, la sua creativit? il suo perdono, la sua salvezza e la sua guarigione? Sicuramente!

Di fronte al male, la Bibbia non ci esorta alla lode, ma al perdono. La salvezza di Dio restaura, non esalta il peccato. Sicuramente Giuseppe non avr? lodato Dio perch? era stato venduto, ma ha continuato ad amarlo e ad amare i suoi fratelli perdonando il loro errore. In questo modo ha conservato e portato la benedizione divina dal suo nuovo maestro. Nutrire sentimenti di amarezza e piet? di s? rappresenta una grande tentazione: se avesse ceduto, Potifar avrebbe comperato uno schiavo vinto e abbattuto pieno di sentimenti di vendetta inappagata. Qualcuno ha detto: ?Non permetterei a nessuno di distruggere la mia relazione con Dio obbligandomi ad odiare?. Siccome le tenebre non hanno potuto invadere il suo cuore, la luce ha trionfato sulle propriet? di Potifar. Giuseppe passa diverse tappe; dallo statuto dato all?ultimo schiavo, a quello del braccio destro del maestro. Ora ? il sovrintendente rispettato di un dominio magnifico, una posizione certo inattesa e quanto mai eccezionale. Molti servitori sono al suo servizio e tutto prospera nelle sue mani.
Giunto a questo stadio, avrebbe potuto dire: ?Non ho nemmeno vent?anni e la mia posizione ? gi? pi? importante di quella del mio proprio padre?. Il successo avrebbe potuto montargli alla testa. Adeguandosi ai piaceri e ai costumi dovuti alla nuova funzione, mettendo i suoi affari e responsabilit? al primo posto, avrebbe spento cos? a poco a poco la sua comunione con Dio, e la sua fede allora sarebbe caduta in disuso. L?unzione divina sarebbe allora sparita.

Molti giovani discepoli sono ardenti per Cristo mentre non guadagnano che cento o cinquecento euro al mese; hanno poca influenza sulla societ?, ma hanno un cuore ardente. Tuttavia alcuni anni dopo li ritroviamo con grandi responsabilit? come medici, avvocati o direttori; guadagnano dieci o venti volte di pi? ma sono diventati spiritualmente tiepidi, hanno perso ogni gusto per la societ? che li circonda. Non ? una fatalit? ma coloro che non si preparano al successo rischiano di diventarne le vittime.

La prova della molestia sessuale

Giuseppe era un giovane bello e attraente. Dopo un po? di tempo, la moglie del suo maestro lo not? e gli disse: ?Vieni a letto con me!?
Questi fatti sono avvenuti circa tre mila ottocento anni fa; non assistiamo dunque qui a una ammirevole scena di liberazione sessuale, ma a una tentazione immorale vecchia come il mondo. Ricordiamo che Giuseppe non aveva n? Bibbia, n? pastore, n? gruppo di giovani. Non ha ricevuto n? una telefonata, n? la posta elettronica e nemmeno, di tanto in tanto, una lettera di suo padre con tali propositi: ?Mio carissimo Giuseppe, come va la tua missione in Egitto? Pensiamo spesso a te, fra poco riceverai un bel formaggio, quello che ti piace. Se ti scoraggi pensa a noi e ricordati che fra due mesi sarai di nuovo a casa!?
Avrebbe potuto pensare: ?Dopo tutto questa donna ? bellissima, ? giunta l?ora di adattarmi alla cultura locale, ? un principio missionario. Da noi non si fa cos?, ma qui la padrona di casa mi chiede di andare a letto con lei, siamo sottomessi alle autorit?!?
?Non lo far? mai?, rispose Giuseppe. ?Il mio maestro ha messo l?amministrazione di tutti i beni nelle mie mani, mi fa fiducia e non si preoccupa di nulla. Nella casa non ha pi? autorit? di me. Non mi proibisce nulla, solo te perch? sei sua moglie. Come potrei allora compiere un atto cos? abominevole e peccare contro Dio??
Lei continu? lo stesso ogni giorno a rinnovargli la sua proposta, ma Giuseppe non accett? mai di cedere.
Giuseppe non ha una moralit? come quella di un termometro che si armonizza con la temperatura dell?ambiente, ma piuttosto quella di un termostato che regola la temperatura.
Non corrompe n? i suoi pensieri, n? quelli di Dio. La sua condotta non dipende n? da ci? che si dir? n? dalla paura della punizione, ma ? radicata nella certezza che le vie di Dio sono di gran lunga migliori delle esche del serpente.

?Vieni a letto con me? ? una molestia piuttosto diretta. Viaggiando con mia moglie, abbiamo costatato che anche fra coloro che si dichiarano cristiani circolano imperativi strani e manipolatori.
Ecco alcuni esempi:
- Dio mi ha detto che tu dovevi diventare mia moglie.
In tal modo una giovane credente era tenuta legata da parecchi anni. Ci confid? la sua disperazione: ?Non amo quest?uomo e non voglio che diventi mio marito, ma ho paura di disobbedire a Dio e di rovinare la mia vita?? Abbiamo risposto: ?Se Dio non ha dato delle convinzioni personali, sarebbe sbagliato e imprudente rispondere a queste proposte?.
?Voi siete stati riscattati a caro prezzo; non diventate schiavi degli uomini? (1 Corinzi 7:23).
- Se tu mi lasci, mi suicido.
Frequentare qualcuno sotto la minaccia ? una pura follia. Sposare una persona che regolarmente fa questi discorsi ? ancora peggio.
- Devi fare l?amore con me, altrimenti io perdo il controllo.
Bisogna proprio essere ciechi per cedere a un tal amico per poi sperare di trovare in lui un marito fedele!
Su questo stesso stile, possiamo ricordare una proposta meno diretta, ma altrettanto pericolosa:
- Mi sacrifico per te.
Non siamo chiamati a sposare una palla al piede, ma un partner. Per esempio, una giovane che si sente chiamata a lavorare fra gli alcolisti non sposer? qualcuno che roviner? la sua vita e quella dei suoi figli, ma sposer? un uomo che condivide la sua passione. Potranno diventare insieme un valido strumento di guarigione per gli schiavi dell?alcolismo.
Un giorno Giuseppe entr? in casa per svolgere il suo lavoro: i servitori erano assenti. La moglie di Potifar lo afferr? per la tunica dicendogli: ?Vieni a letto con me!?
La sua integrit? ? minacciata, ma come lo dimostreranno gli avvenimenti che seguiranno, lo saranno anche la sua situazione professionale e sociale. La tensione raggiunge il parossismo. Se quel giorno Giuseppe avesse ceduto, la carriera che Dio aveva in riserva per lui sarebbe stata distrutta, o per lo meno compromessa. Ma Giuseppe, lasciandole tra le mani la tunica fugg? di casa.
Ai tempi nostri, in situazioni simili, alcuni avrebbero tentato di evangelizzare la seduttrice? e sarebbero caduti. Altri si sarebbero messi a pregare?e sarebbero caduti. Altri avrebbero ingaggiato un combattimento spirituale contro gli spiriti impuri? e probabilmente sarebbero anche caduti. Perch?? Perch? la Parola di Dio dice: ?Fuggite la fornicazione. Ogni altro peccato che l?uomo commetta, ? fuori del corpo; ma il fornicatore pecca contro il proprio corpo? (1 Corinzi 6:18).
Se Dio ci ordina di fuggire, la cosa pi? saggia e spirituale da fare ? di mettersi in fuga. Io credo all?evangelizzazione, alla preghiera e al combattimento spirituale; ma in questo caso ? veramente saggio fuggire.
Perci? vale di pi? fare dieci chilometri a piedi, sotto la pioggia, alle tre del mattino che cadere nell?impudicizia in un?automobile che vi porta a casa. ? meglio sembrare ridicoli in una serata di ritrovo e continuare a camminare in modo diritto con il Signore che giocare a fare l?equilibrista e finire sotto le grinfie del diavolo.
Giuseppe esce vittorioso da questa perfida tentazione. Rester? integro malgrado un?accanita molestia sessuale.

La prova dell?ingiustizia

Quando la donna si rese conto che era fuggito lasciandole tra le mani la sua tunica, si mise a gridare per chiamare i suoi servi: ?Venite a vedere, questo Ebreo che mio marito ci ha portato, ha voluto prendersi gioco di noi! ? venuto qui perch? voleva abusare di me, ma io mi sono messa a strillare. Quando mi ha sentito chiamare aiuto e strillare, ? fuggito dalla mia casa, lasciando accanto a me la sua tunica?.
Cos? custod? la tunica di Giuseppe accanto a s? fino al ritorno di suo marito. E gli raccont? la stessa storia. Quando il padrone di casa ud? dalla moglie raccontare come Giuseppe si era comportato con lei, si mise in collera. Fece arrestare Giuseppe e lo rinchiuse nella prigione dove erano detenuti i prigionieri del re.
Dal racconto comprendiamo che non c?? stata n? inchiesta, n? processo, n? difesa e nemmeno una pena espressa per Giuseppe. ? gettato in carcere senza un processo e, in questo modo, rischia di rimanervi per tutta la vita! Si trova in terra straniera, incarcerato ingiustamente, senza scampo, privato di qualsiasi legame con i suoi e dimenticato. La sua condizione ? peggio di quella dello schiavo, che pu? almeno sperare di vivere all?aria aperta, sposarsi, avere dei figli... La sua fede e una visione enigmatica dell?avvenire restano i suoi soli sostegni.

Abbiamo tutti, a partire dall?infanzia uno spiccato senso della giustizia. Basta osservare dei bimbi mentre giocano per rendersene conto. Tuttavia l?ingiustizia invade il nostro mondo. Quando ci tocca da vicino, ? la prova pi? difficile da sopportare. Peggio ancora se si scatena in seguito a delle scelte cos? difficili ma leali, come quelle che Giuseppe sta affrontando.
l L?allievo che ? stato il solo a non truffare, viene punito con gli altri.
l Un operaio, vittima della sua onest? e lealt?, perde il suo posto di lavoro.
l Una sposa, di una fedelt? irreprensibile, ? ingannata poi abbandonata.
l Quel gerente, ? rovinato perch? rifiuta la protezione della mafia.
l Uno studente in medicina che difende un?etica cristiana, ? umiliato poi rinviato.
Alla scuola dello Spirito Santo, noi riceviamo una formazione da principi e principesse. Non dura che qualche decina di anni, ma ? una scuola esigente. L?eternit? per definizione, ? invece infinita. ? solo su questa terra che impariamo a camminare per fede, a superare le avversit?, a resistere alla tentazione, a perdonare, a camminare contro corrente e ad appoggiarci su Ges?, nelle peggiori ingiustizie, il nostro difensore ed avvocato.
?Noi conosciamo, infatti, colui che ha detto: A me appartiene la vendetta! Io dar? la retribuzione! E ancora: Il Signore giudicher? il suo popolo? (Ebrei 10:30).
Quando viene commessa un?ingiustizia che procura delle conseguenze, viene richiesto un vero perdono. Il Signore non contesta l?aspetto scandaloso degli abusi, ma ci invita a sceglierlo come il miglior avvocato. In maniera molto concreta, la giustizia e la ricompensa suprema gli appartengono.
Una notte, mentre mi trovavo all?estero e stava diluviando, il conducente di un?automobile urt? la mia nella parte posteriore.
Dopo un primo contatto, come pu? avvenire in simili circostanze, ognuno ripart?. Ritornai nel mio paese con un?automobile che, dopo l?urto somigliava a un uovo di Pasqua. Potevo forse sperare un aiuto da una compagnia di assicurazioni lontana e sconosciuta? Proprio allora ricordai che Ges? rivendica il titolo di avvocato. Gli chiesi di esserlo per me in questo affare. Alcuni giorni pi? tardi, nella mia buca delle lettere c?era una polizza dell?assicurazione che era pronta ad assumere tutte le spese di riparazione!

Giuseppe si ritrov? dunque in prigione. Tuttavia anche l? il Signore fu con lui, gli mostr? la sua bont? facendogli ottenere il favore del responsabile del carcere. E il governatore della prigione affid? alla sorveglianza di Giuseppe tutti i detenuti; e nulla si faceva senza di lui. Il governatore della prigione non rivedeva nulla di quello che era affidato a lui, perch? il Signore era con lui, e faceva prosperare tutto quello che intraprendeva.
La Bibbia non ci dice di perdonare se ne abbiamo voglia, ci ordina di farlo. Colui che non mette in pratica il perdono ? condannato a perdere la sua comunione con il Signore. Tuttavia una cattiva teologia sul perdono, pu? darle un gusto amaro, ingiusto e inaccettabile.
l Perdonare uno sbaglio non significa accettarlo, neppure negarlo, n? giustificarlo e tanto meno approvarlo. Alcuni, per esempio cercano di persuadersi o di convincere gli altri, che la persona che ha offeso, non aveva veramente intenzione di dire ci? che ha detto o fatto. ? possibile, ma pu? essere vero anche il contrario. Ges? ci chiede di perdonare coloro che ci hanno offeso, non di autopersuadersi che non era stata veramente un?offesa.
l Essere profondamente offeso non implica sempre un torto reciproco. Bisogna avere il coraggio di ammettere, se ne ? il caso (come fra Giuseppe e Potifar, Davide e Saul, o Ges? e i Farisei), che una parte ha torto, ma l?altra ha ragione. ? giusto di umiliarsi reciprocamente, ma se ci? non ? fondato sulla realt?, l?iniziativa ? distorta.
?Se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l?altra? (Matteo 5:39). Alcuni credenti lo fanno, poi per giunta chiedono perdono a colui che li ha schiaffeggiati. Perch?? Per debolezza o perch? non hanno capito la Parola di Dio. Commettono, in questo modo un? ingiustizia verso loro stessi.
- Perdonare non significa strisciare davanti al pi? forte, manipolare la propria coscienza e i suoi sentimenti, calpestare la giustizia o tentare un lavaggio di cervello, ma ? scegliere di nuovo, nei fatti, il miglior bene per l?altro. I sentimenti saranno ancora instabili per molto tempo.
La Scrittura ci insegna la dolcezza non la debolezza, l?umilt? non l?ingiustizia. Ges? ha tacciato pubblicamente i Farisei come una razza di vipere, come sepolcri imbiancati e come ipocriti senza mai chiedere perdono. E arrivando nel cortile del Tempio ha buttato per terra il denaro dei cambiavalute, ha rovesciato i tavoli e scacciato gli animali, trattando i mercanti come dei ladri - Ges? non ? contro il commercio, ma contro il furto. Ges? non ha mai presentato le sue scuse. Sapeva che non aveva peccato contro di loro, ma stava esercitando la giustizia di Dio. Dopo questa azione a dir poco radicale, aveva bisogno per restare fermo di una coscienza sensibile, in sintonia non su ci? che ? socialmente corretto, ma sul pensiero di suo Padre. Al suo posto, molti fra di noi si sarebbero sentiti vergognosamente colpevoli. Ges? aveva il cuore docile e la fronte dura come conviene ai profeti.
Ma alcuni diranno, non dobbiamo forse essere bonaccioni, concilianti, pronti a umiliarci e a chiedere perdono? S?, ma tutte queste qualit? non devono trascinarci al compromesso, all?adulazione o ad attenuare la verit? e a negoziare la giustizia perch? allora diventeremmo insipidi e la nostra luce risulterebbe scialba o velata. Giuseppe non domander? mai perdono a Potifar, per la semplice ragione che non aveva commesso nessun sbaglio nei suoi confronti. Tuttavia, se non gli ha chiesto perdono, ha per? perdonato lui e la moglie. ? umanamente molto difficile da vivere, ma ? l?unica soluzione.

Le conseguenze di uno sbaglio commesso nei nostri confronti possono essere enormi o durare tutta la vita. Che cosa fa Dio in questo caso?
l Ci chiede, sulla base del suo esempio, di perdonare come lui stesso ci ha accordato il suo perdono per le nostre gravi offese commesse nei suoi confronti.
l Ci promette di mostrare la sua potenza, la sua saggezza e il suo amore perch? dalla nostra vita possa scaturire una piena benedizione, malgrado il torto subito, anche se colui che ci ha offeso non dovesse mai pentirsi.
l Ci promette di ristabilire una giustizia perfetta per l?eternit?.

In una stessa notte, il coppiere e il panettiere del re d?Egitto che erano rinchiusi nella prigione, ebbero ambedue un sogno, un sogno per uno e ciascun sogno aveva il suo significato particolare. Giuseppe, venuto la mattina da loro, li guard? ed ecco, erano turbati, allora interrog? gli ufficiali del faraone e disse loro: ?Perch? oggi avete il viso cos? mesto??
? mai possibile trovare dei prigionieri con l?aria cos? triste? Certamente, in questa prigione non ? normale? Il sistema carcerario egiziano non ha trasformato Giuseppe, ma Giuseppe ha trasformato quest?ultimo, a tal punto che ogni prigioniero ne pu? beneficiare e questo pu? leggersi sul loro volto! Nulla ha potuto fermare la benedizione di Dio; ? penetrata con Giuseppe in questa prigione.

Oggi molti discepoli fanno un discorso opposto, disfattista: ?Sono la sola credente fra il personale dell?ospedale, allora non posso fare nulla!?
?Nella mia classe sono l?unico credente, allora taccio!? Se in un raduno di cinquecento credenti si venisse a sapere che tre satanisti sono presenti, molti rimarrebbero turbati; ma credete forse che cinquecento satanisti lo sarebbero se tre credenti facessero loro visita? A una nostra campagna di evangelizzazione, tre stregoni erano venuti apposta dall?estero per uccidermi. Quando io non ero ancora arrivato e un altro evangelista stava predicando, il loro capo ? stato afferrato dallo Spirito Santo e buttato a terra. Si convert? e fu accolto nel campo dove alloggiavano duecento cristiani. Dopo alcuni giorni molti si lamentarono di diversi problemi che attribuivano a questo giovane stregone convertito. Il timore e le proteste furono tali che, alla fine dovette sloggiare. Allora un gruppetto di volontari and? ad abitare con lui da un?altra parte.
Dobbiamo rileggere l?Antica Alleanza e afferrare che la Nuova Alleanza ? superiore. Senza trascurare una sana prudenza di fronte alle potenze delle tenebre, dobbiamo capire che la luce mette in fuga le tenebre. S?, noi possiamo trasformare ospedali, imprese, scuole e societ? perch? colui che ? in noi ? pi? forte di colui che ? nel mondo (1 Giovanni 4:4). A volte conserviamo spesso un terribile complesso di inferiorit? e dobbiamo sbarazzarcene.

E quelli risposero: ?Abbiamo fatto un sogno e non c?? nessuno che ce lo interpreti?. E Giuseppe disse loro: ?Le interpretazioni non appartengono a Dio? Raccontatemi il vostro sogno?.
Giuseppe crede forse di essere un Dio? No, di certo, ma ? il suo amico. ?Io non vi chiamo pi? servi, perch? il servo non sa quello che fa il suo signore; ma vi ho chiamati amici, perch? vi ho fatto conoscere tutte le cose che ho udite dal Padre mio? (Giovanni 15:15).
Lo ha detto Ges? ai suoi discepoli. La ricompensa di Giuseppe in mezzo alla prova, ? Dio stesso, la sua presenza e i suoi doni. Il capo dei coppieri raccont? il suo sogno. Ha visto una vite e in quella vite c?erano tre tralci dove c?erano dei grappoli di uva matura. Lui spremeva gli acini nella coppa di faraone prima di porgergliela.
Giuseppe gli disse: ?Questa ? l?interpretazione del sogno. I tre tralci sono tre giorni: ancora tre giorni e faraone ti far? rialzare il capo, ti ristabilir? nel tuo ufficio e tu darai di nuovo in mano a faraone la sua coppa, nel modo che facevi prima, quando eri suo coppiere. Ma ricordati di me quando sarai felice e siimi benigno ti prego: parla di me a faraone e fammi uscire da questa prigione?.
Sentendo questa interpretazione favorevole, anche il panettiere raccont? il suo sogno: ?Io pure ebbi un sogno. Avevo tre canestri di pan bianco sul capo, e nel canestro pi? alto c?era per faraone ogni sorta di vivande, ma gli uccelli li mangiavano dentro al canestro sul mio capo?. Giuseppe gli dice che pure lui uscir? dalla prigione, ma per essere impiccato e divorato dagli uccelli rapaci.

Al giorno d?oggi avremmo probabilmente dato senza esitare la prima interpretazione, quanto alla seconda avremmo tergiversato e sfogliato la nostra agenda borbottando che, non essendo tanto sicuri saremmo ritornati cinque giorni pi? tardi per verificare! Cos? noi siamo pronti a proclamare che chi crede e sar? battezzato sar? salvato, ma rifiutiamo di dire che colui che non crede sar? condannato (Marco 16:16). Vogliamo annunciare il paradiso, ma non l?inferno; la benedizione, ma non l?ubbidienza. Diluiamo la verit? annunciando una grazia a buon mercato e tacendo sul giudizio. Ma Giuseppe, ha avuto il coraggio di annunciare la parola che, per uno aveva un profumo di vita, ma per l?altro portava sentore di morte; questa parola si comp? esattamente, sia per uno come per l?altro.
Giuseppe spera che il capo dei coppieri dopo la sua liberazione si ricorder? di lui.

La prova del tempo

Il capo dei coppieri per? non si ricord? pi? di Giuseppe, ma lo dimentic?.
Trascorsero due anni interi prima che faraone ebbe un sogno che nessuno era in grado di interpretare. Questo significava per Giuseppe, due anni supplementari di prigione e possiamo ben supporre che ne aveva gi? trascorsi tanti. Ci? confermerebbe che, senza un intervento divino, avrebbe potuto starci fino alla morte!
Il tempo sembra molto pi? lungo quando non ? delimitato. La sofferenza diventa pi? acuta, le domande si fanno pi? lancinanti e le giornate sono interminabili.
Ho apprezzato molto la riflessione di una donna che ha detto: ?Se Dio non ? Dio della routine di tutti i giorni e non entra nella quotidianit?, non mi interessa?. ? vero che Dio ? pure il Dio delle giornate che si susseguono in modo ripetitivo, delle piccole cose che sbrighiamo giorno dopo giorno per dovere e per necessit?.
Probabilmente Giuseppe ha vissuto cos? fino al momento in cui faraone, nel suo sogno ha visto sette vacche grasse uscire dal Nilo, seguite da sette vacche magre. Queste ultime hanno divorato quelle grasse senza per? cambiare l?aspetto. A questo punto, il re si ? svegliato, poi si ? di nuovo assopito e ha avuto un altro sogno. Ha visto sette spighe grosse e magnifiche che uscivano dallo stesso stelo, poi sette spighe esili spuntare subito dopo. Queste ultime hanno allora inghiottito le spighe grosse.
Al mattino, ci fu un grande scompiglio nel palazzo reale. Tutti i maghi e i saggi d?Egitto furono convocati. Il re raccont? loro i suoi sogni, ma nessuno era in grado di darne il significato.
Dobbiamo notare che hanno dimostrato una incredibile onest?.
Ai nostri giorni, in una circostanza simile, alcuni avrebbero pubblicato un volume di cinquecento pagine sull? interdipendenza tra l?allevamento e la cultura, altri avrebbero profetizzato la fine del mondo in quattordici tappe. I giornalisti avrebbero prodotto una serie televisiva sulla numerologia, gli psicanalisti avrebbero proposto a faraone una terapia sull?ipnosi, i dietologi un regime contro gli incubi, gli ecologisti un urgente programma di risanamento del Nilo e i veterinari avrebbero preteso dei sussidi per la ricerca dei bovini parassiti!
Che umilt? hanno dimostrato i saggi e i maghi! Forse questa virt? ? stata un po? travisata a causa di un errore di interpretazione! Sembra che, davanti al faraone non si potesse esagerare, minimizzare, manipolare o mentire in nome della libert? di espressione. Fatto sta che il coppiere finalmente si ricorda di Giuseppe e dell?esatta interpretazione che gli aveva dato. Con coraggio e davanti a tutti i cortigiani, racconta del suo soggiorno in prigione e del suo incontro con un sorprendente personaggio in grado di interpretare i sogni.

Il compimento della visione

Faraone fece chiamare Giuseppe. In fretta fu fatto uscire dalla prigione. Si fece la barba, si cambi? i vestiti e and? da faraone.
Quando il re gli spieg? perch? l?aveva fatto chiamare, Giuseppe rispose: ?Non sar? io, ma Dio che dar? una risposta favorevole a faraone?.
A diciassette anni, davanti a suo padre e ai suoi fratelli riuniti, Giuseppe esclamava: ?Ascoltate dunque il sogno che ho fatto! Il sole, la luna e undici stelle, si prosternavano davanti a me?.
Tredici anni dopo, davanti al re e a tutti i suoi saggi, dar? gloria a Dio. Il carattere di Cristo si ? formato in lui. Dal canto suo, l?apostolo Paolo lo esprimer? in questo modo: ?Sono stato crocifisso con Cristo: non sono pi? io che vivo, ma Cristo vive in me!? (Galati 2:20).
Giuseppe disse al faraone: ?I due sogni hanno lo stesso significato. Dio ha voluto avvertire di ci? che far?. Le sette vacche grasse e le sette belle spighe rappresentano sette anni. Le sette altre vacche, smilze e orribili e le sette spighe striminzite, arse dal vento, rappresentano pure sette anni, ma anni di carestia. I prossimi sette anni saranno di grande abbondanza in tutto l?Egitto. In seguito verranno sette anni di carestia, che cancelleranno ogni ricordo dell?abbondanza precedente. Ora dunque, sua Maest?, cerchi un uomo intelligente e saggio che abbia autorit? sull?Egitto. Nomini pure dei commissari incaricati di prelevare un quinto del raccolto del paese, durante questi anni di abbondanza per avere delle riserve. In questo modo l?Egitto avr? una riserva di viveri per i sette anni di carestia e il paese scamper? alla catastrofe?.
La proposta di Giuseppe parve molto giudiziosa a faraone e alle persone della sua schiera; il faraone disse loro: ?Quest?uomo ? riempito dello Spirito di Dio. Potremo forse trovare noi qualcuno pi? competente di lui??
Poi disse a Giuseppe: ?Poich? Dio ti ha rivelato tutto questo, nessuno pu? essere pi? intelligente e saggio di te. Sarai dunque l?amministratore del mio regno, e tutto il mio popolo si sottometter? ai tuoi ordini. Io sar? superiore a te solo per il mio titolo di re.
Il faraone si tolse l?anello reale e lo mise sul dito di Giuseppe; lo fece vestire di abiti di lino fino e gli mise al collo una collana d?oro. Lo fece salire sul carro riservato ai suoi pi? stretti collaboratori e davanti a lui si gridava: ?In ginocchio!? In questo modo faraone gli diede autorit? su tutto l?Egitto.

Afferriamo noi il valore del perdono? Giuseppe contribuir? a salvare il popolo che, senza ragione, l?aveva ridotto, prima in schiavit?, poi rinchiuso durante gli anni pi? belli della sua giovinezza. Non soltanto tutto l?Egitto sar? salvato dalla fame, ma pure i popoli vicini, e in particolare questi dieci fratelli, che finalmente affranti, saranno restaurati. Giuseppe con Beniamino daranno origine alle trib? d?Israele, discendenza attraverso la quale Dio benedir? tutta la terra.
Coloro che avevano macchinato di distruggere questa vocazione, saranno salvati dalla stessa!
Giuseppe dir? loro: ?Voi avevate pensato del male contro di me, ma Dio ha pensato di convertirlo in bene per compiere quello che oggi avviene: per conservare in vita un popolo numeroso? (Genesi 50:20).
Un pastore che ho incontrato nel Benin mi ha detto: ?Venticinque anni fa, quando mi sono convertito, mio zio ha giurato pubblicamente di uccidermi. Oggi, non prende nessuna decisione importante senza consultarmi. ? molto fiero di avere un nipote pastore.? Quante volte ho sentito testimonianze simili? Dei genitori hanno detto al figlio che voleva frequentare una scuola missionaria: ?Se rinunci, ti offriamo un?auto nuova e un appartamento ammobiliato?. Dieci anni dopo ho rivisto questi stessi genitori; erano pieni di ammirazione per l?opera missionaria che il figlio aveva compiuto.
L?amore e il perdono sono pi? potenti delle bombe, siano esse morali, chimiche o atomiche! Questi valori sono cos? potenti che possono salvare persino la famiglia che vi avrebbe venduto. Se fra i miei lettori, c?? qualcuno che non ha ancora ricevuto Cristo, spero che possa dire, in questo momento: ?Voglio vivere pienamente con lo Spirito di Ges? Cristo, voglio che il Dio di Giuseppe diventi il mio Dio?.
Lo Spirito di Cristo trionfa sullo spirito del mondo. Persino colui che piant? i chiodi nelle mani di Ges? poteva essere salvato da Ges? e considerarsi come se non avesse mai peccato. Questo Spirito pu? mettere sottosopra famiglie, villaggi, citt? e nazioni. ? lui che pu? riconciliare popoli straziati e restaurare paesi devastati.
Oggi, Dio cerca dei primi ministri come Giuseppe. Cerca pure dei medici, degli avvocati, dei giornalisti, degli insegnanti e tanti altri, gente di ogni professione che illumineranno la societ? dello Spirito di Cristo. La Nuova Alleanza ? superiore all?Antica Alleanza. Se ci chiama a pregare per le persone che si trovano all?apice, non ? certamente con l?intento che, una volta guadagnati a Cristo, essi dimissionano, ma che possano glorificare Dio nella loro funzione.
Sicuramente Giuseppe ? rimasto pi? di quattordici anni Primo ministro d?Egitto. Era stato rigettato, venduto, tentato, accusato, imprigionato, dimenticato: ma in tutte queste prove, con la determinazione di superare il male con il bene, ha trionfato. Dio ha cambiato le sue circostanze, nella sua famiglia da disprezzato ? diventato il salvatore, quando era da Potifar da schiavo ? diventato intendente e per faraone da prigioniero ? diventato Primo ministro.
Che cosa ? avvenuto di Potifar, l?uomo di fiducia di faraone? La Bibbia non ce lo dice, ma ? evidente che la nuova posizione di Giuseppe, ? di gran lunga superiore alla sua?

Dopo averlo rigettato, i suoi fratelli verranno e si inchineranno davanti a lui. Venduto come una bestia, diventer? provveditore e gerente di una immensa ricchezza. Molestato sessualmente sar? il genero del re, benedetto dalla nascita dei suoi due figli Efraim e Manasse. Vittima della pi? grossolana ingiustizia, sar? onorato da tutti gli Egiziani. Dimenticato nella sua cella, vivr? per decenni come un uomo libero esercitando delle alte cariche internazionali.

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