Un ebreo cristiano si calò nei panni dei suoi connazionali ebrei per argomentare con le Scritture ebraiche, partendo però perlopiù dalla traduzione greca detta dei Settanta, al fine di convincerli e indurli ad accettare Gesù come il loro Messia promesso.
Le categorie a cui si rivolse erano diverse: i Giudei storici, i simpatizzanti verso l'unto Gesù, quanti avevano appetito la grazia di Dio nel Messia ma non avevano mai preso una decisione definitiva; quanti erano rimasti sulla soglia, lungamente indecisi fra l'antico e il nuovo patto, fra la legge di Mosè e quella del Messia, fra la radunanza giudaica (con i suoi vantaggi sociali ed economici) e l'assemblea cristiana; e quanti avevano sì fatto una decisione, ma subivano ancora il fascino degli antichi riti e del vecchio paradigma.
Il suo metodo apologetico fu quello di mostrare la superiorità dell'unto Gesù (nome, posizione, patto, sangue, sacerdozio, ecc.) rispetto a quanto si trovava nell'antico patto.
Questo ebreo indusse a più riprese i suoi connazionali a fare il passo decisivo, lasciando le effimere sicurezze date dall'«accampamento» giudaico, uscendo finalmente «fuori dalla porta» (Ebrei 13:12), pronti a portare l'oltraggio per l'unto Gesù, nell'attesa della città futura (v. 14).
Quest'opera parte da una traduzione letterale, fatta dall'autore, e che fa parte del progetto Bibbia radicale, pensata per lo studio biblico.
Segue un corso biblico con cui studiare questo libro in modo personale o in gruppo.
Poi segue un commento basilare di Ebrei. È contenuto anche un «dizionarietto», in cui sono spiegati i termini greci salienti della lettera.
Alla fine, si trovano alcune appendici, in cui l'autore discute particolari approfondimenti di natura teologica o dà ulteriori stimoli di approfondimento.