Il libro delle preqhiere della Bibbia fu l'ultimo pubblicato da Bonhoeffer in vita. E fornì al Reich, che teneva da tempo sotto lo sguardo attento quel teologo non allineato, una nuova occasione per colpirlo: Bonhoeffer ne ricavò una multa in denaro e la proibizione, appunto, a pubblicare ancora. Tentò di difendersi, sottolineando il fatto che i suoi scritti erano di natura scientifica, ma invano.
Oggi non viviamo più certo nella condizione di distretta in cui queste pagine furono scritte; però, occorre dirlo senza mezzi termini, siamo in un momento in cui nuovamente il credente cristiano rischia di disperdere tra le proprie radici anche quella della preghiera biblica.
Dopo gli anni Ottana e Novanta, in cui il recupero del salterio veterotestamentario ha portato anche a esperimenti interessanti e geniali (le messe in musica di alcuni testi, le "riduzioni ritmiche" come quella di Turoldo, le traduzioni originali come quella di Ceronetti - tanto per citare due nobilissimi esempi), si è tornati a un profondo silenzio e a una distanza dal testo biblico anche orante che non può non creare problema a chi rifletta sulla comunità cristiana e sulla sua preghiera comune.
Per questo, il "piccolo libro" bonhoefferiano diventa necessario e insostituibile ancora oggi, nella sua semplicità e precisione di intenti: ricollegare Davide, la Chiesa orante e Cristo, questo è il tema decisivo. Pregare non solo "per abbondanza del cuore" (pericolo da cui il teologo tedesco ci mette al riparo fin dall'inizio del suo piccolo trattato), ma "nell'abbondanza di Cristo che discende da una storia - quella ebraica - e in quella storia ci permette di innestarci a nostra volta".
La preghiera dei salmi diventa, dunque, la preghiera del cristiano che sa da dove viene e dove va: da Cristo a Cristo, attraverso la voce di Davide, che pure era "tra Cristo e Cristo" e non altrove.