Sofferenza, persecuzione, martirio (Studi di teologia n° 51)
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Dall'introduzione:

La chiesa evangelica globale vive molte contraddizioni. Una di queste è una certa schizofrenia tra due sue componenti consistenti. Da un lato, nell’emisfero “giovane” e in espansione numerica, è alta la domanda di “prosperità” e di “terapia” (leggi: guarigioni). Il cristianesimo è scambiato con una sorta di polizza sulla vita gratuita (in quanto pur sempre donata) che garantisca un’esistenza all’insegna del benessere materiale e fisico. Le attese sono concentrate sul qui ed ora, sull’immediatezza e sulla completezza della fruizione del beneficio cristiano. La misurabilità della benedizione consiste nel “successo” e nella “salute”. Questo è un cristianesimo che vuole incassare tutto e subito. Dall’altro lato, nell’emisfero della chiesa delle minoranze perseguitate, anch’esso rilevante sul piano numerico, la fede si caratterizza all’insegna della sofferenza e del martirio. Lì, le aspettative sono modeste, sussurrate sottovoce, più sospirate che verbalizzate. Ci si accontenta di poco. Le pretese quasi non esistono. Più che prosperità, la loro fede chiede libertà di sopravvivere. Più che benessere, cerca coraggio e perseveranza nelle difficoltà. La vita è (poco) riso (nel senso del cereale più diffuso in Asia e nel Medio Oriente) e (tante) lacrime, insieme alle gioie semplici di una vita sobria.

Il primo cristianesimo è chiassoso ed esibizionista. Il secondo è dimesso, non appariscente, essenziale. Il primo urla e suona a tutto volume, il secondo quasi non si sente. Non si fa fatica ad essere contagiati dall’entusiasmo emotivo e dalla perizia tecnologica del primo, mentre per ascoltare il secondo bisogna abbassare il volume della vita contemporanea ed intercettare una flebile voce che giunge in una lingua in genere orientale.

Il primo cristianesimo è una “novità” nella storia della chiesa evangelica. Non si registrano epoche contrassegnate dalla “pretesa” di ricchezza e di salute avanzate nei confronti di Dio. Non ha pari la ricerca sfrenata dei generi di conforto mondano. Nella chiesa antica, i movimenti entusiastici propugnavano piuttosto un rigorismo etico e uno stile di vita ascetico. I martiri erano i testimoni  e l’essere cristiano era sovrapposto all’essere testimone, quindi martire. Al tempo della Riforma protestante, gli Schwärmereien (entusiasti) erano sì spiritualmente vivaci, ma culturalmente frugali. Nei secoli, l’entusiasmo evangelico si è sempre declinato nel segno della sobrietà di vita e dell’accettazione della sofferenza per Cristo come parte integrante del percorso di fede. L’errore dell’escatologia realizzata è stato vissuto con intensità maldestra, ma mai elevando la ricchezza e la salute a parametri dirimenti della spiritualità.

Il cristianesimo sofferente, invece, non è una novità. Al contrario, sembra essere la modalità prevalente della chiesa quando essa è stata socialmente minoritaria. Erede e memore delle vicende travagliate del popolo d’Israele, la chiesa è nata con la persecuzione nel proprio DNA. Dalla prima comunità di Gerusalemme, alla persecuzione di Nerone, sino a quelle terribili di Decio e di Diocleziano, i primi movimenti della chiesa sono stati contrassegnati da un impiastro di lacrime e sangue tutt’altro che zuccheroso. Nel corso del tempo, i movimenti della dissidenza evangelica sono stati poi colpiti dalla scure del braccio armato di una istituzione religiosa che della chiesa portava solo il nome. Pur essendo stato definito il “secolo breve”, il XX secolo ha conosciuto un’esplosione della persecuzione dei cristiani e oggi viviamo una propaggine di quell’epoca. Molte cose stanno cambiando nella società attuale, ma la persecuzione non sembra dare tregua alla chiese minoritarie di importanti regioni del mondo. Prima il comunismo, ora forme d’islam, di buddismo e di induismo intolleranti, impediscono il  pieno esercizio della libertà religiosa.

Per la chiesa contemporanea, è importante fare tre cose. Primo, senza estendere giudizi oltremodo affrettati sulla chiesa che aspira ad essere gaudente e sempre in perfetta forma dimenticando di passare dalla croce di Cristo, la comunità cristiana deve saper contestualizzare la retorica del “successo” senza farsi abbagliare dalle sirene della prosperità. Questi fenomeni sono bolle speculative destinate a scoppiare prima o poi. Purtroppo, lasciano sul terreno molte vittime che vanno soccorse con un insegnamento biblicamente sano e una vita cristiana veramente guarita dalle idiosincrasie profonde del peccato. Secondo, la chiesa deve familiarizzarsi con la teologia biblica della persecuzione, della sofferenza e del martirio. Senza eroismi, dolorismi e sentimentalismi, ma anche contro l’imborghesimento della fede, occorre fare i conti con il dato della sofferenza per Cristo che è iscritto in modo costitutivo nella sequela evangelica. Rispetto a questa, non ci sono scorciatoie o altri percorsi per i discepoli di Cristo. I tempi e le modalità, l’intensità e l’impatto saranno diversi e a macchia di leopardo, ma il “programma” della vita cristiana è quello sino alla seconda venuta del Figlio di Dio. Terzo, oltre alla preghiera e alla solidarietà, la chiesa deve pensare alla chiesa perseguitata in modo consapevole rispetto alle questioni di sistema. Deve, cioè, metabolizzare la cultura della libertà religiosa, diventando portavoce di chi ne è privo e promotrice di assetti più avanzati ovunque se ne riscontrino di inadeguati. Dovrebbe essere un segnale preoccupante vedere tanto interesse per la chiesa perseguitata se scarso è l’interesse per il tema della libertà religiosa. I due, invece, vanno insieme. Dove c’è il primo, c’è anche il secondo perché in mezzo c’è una chiesa che, ubbidendo al suo Signore, svolge un ruolo sacerdotale nella preghiera d’intercessione, svolge un ruolo profetico nella denuncia del peccato e svolge un ruolo regale nel farsi interprete di un’istanza insopprimibile di libertà.
Producer: Ifed
Product Code: 1001000071396
Dimensions: 145 x 210 x 6 mm
Weight: 0,140kg
Binding: Brossura
Number of pages: 96
Language: Italian

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