Il corpo di Cristo: una realtà
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In questo volume, nel quale compaiono tutti insieme vari messaggi scelti perché hanno in comune lo stesso argomento e che sono stati dati dall’autore nel corso di vari anni di fedele ministero, Watchman Nee cerca di farci comprendere la realtà del Corpo di Cristo e ci dimostra che il Corpo di Cristo è fondato sulla vita e sulla consapevolezza della vita; questo corpo si fonda sul rapporto vivo fra i membri e con il Capo ed è governato da leggi sue proprie. L’autore, Watchman Nee, oppure Nee To-sheng, è originario di Foochow, nella provincia di Fukien, nella Cina meridionale. Mentre studiava all’Università, nel 1920, credette in Gesù Cristo come suo Salvatore e Signore. In seguito si consacrò completamente al servizio del Vangelo, divenendo in breve uno dei più importanti e influenti servitori di Dio della Cina moderna.
ISBN: 9788880772415
Producer: Editrice Uomini Nuovi
Product Code: 9788880772415
Dimensions: 148 x 210 x 4 mm
Weight: 0,110kg
Binding: Brossura
Number of pages: 64
Language: Italian

Book contents

I segnali mandati dal Corpo Pagina 3
Capitolo 1 Vita e consapevolezza “ 5
2 La consapevolezza del Corpo di Cristo “ 10
3 Tienti stretto al Capo “ 20
4 Il servizio del membro “ 26
5 La funzione e armonia dei membri “ 33
6 Ubbidienza alla legge del Corpo di Cristo “ 38
7 La copertura, i vincoli e le provvigioni
del Corpo di Cristo “ 51
8 I tre principi cardinali della vita
nel Corpo di Cristo “ 60

Sample chapter

Capitolo 1

Vita e consapevolezza

“In lei era la vita, e la vita era la luce degli uomini” (Giovanni 1:4).

“Così dunque, fratelli, non siamo debitori alla carne per vivere secondo la carne” (Romani 8:12).

“Se un membro soffre, tutte le membra soffrono con lui; se un membro è onorato, tutte le membra ne gioiscono con lui” (1 Corinzi 12:26).


Dal punto di vista umano, la vita sembra essere intangibile e astratta e allora come si può presentare la vita in modo tale che le persone comprendano che in realtà la vita è vita davvero?
Non possiamo prendere la vita come tale e spiegarla agli altri e neanche gli altri possono spiegarla a noi, però, tutti noi possiamo conoscere e riconoscere questa vita mediante le sensazioni della consapevolezza della vita, e questa consapevolezza, per noi, ha molta più sostanza di quanta ne abbia semplicemente la vita. Ora, allo stesso modo, la vita che Dio ha dato al credente cristiano può essere riconosciuta se ne ha consapevolezza. Anche se non possiamo prendere questa vita divina e mostrarla a noi stessi o ad altri, ciononostante sappiamo di avere questa vita nuova, perché c’è dentro di noi una nuova consapevolezza.
Consapevolezza della vita di Dio

Dopo che una persona ha accettato il Signore, diciamo che quella persona non solo è salvata, ma diciamo anche che è stata rigenerata e questo significa che quella persona è, ora, nata da Dio, ha ricevuto una nuova vita da lui. Non è facile da spiegare. Come fa uno a riconoscere che ha la vita di Dio in lui? Come fanno gli altri a riconoscere che c’è in lui una vita divina? Come fa la Chiesa a riconoscere che quella persona ha la vita di Dio? La presenza della vita divina viene riconosciuta mediante la consapevolezza della vita. Se la vita di Dio è in quella persona, deve esserci anche la consapevolezza di quella vita.
Che cos’è la consapevolezza della vita? Un cristiano che di tanto in tanto viene vinto dal peccato, si sente grandemente a disagio, perché è un aspetto della consapevolezza. Quando uno pecca, si sente agitato e immediatamente avverte che si è creato un velo fra lui e Dio dopo che ha peccato e perde istantaneamente la gioia interiore. Manifestazioni di questo tipo sono aspetti della consapevolezza della vita; infatti, poiché la vita di Dio odia il peccato, una persona che ha la vita di Dio, deve, inevitabilmente avere una determinata sensazione contro il peccato. Il fatto stesso che uno possieda questo modo di percepire la vita, dimostra che possiede tale vita.
Supponiamo che un uomo dica che ha confessato di essere un peccatore e ha accettato il Signore Gesù come suo Salvatore ma che non abbia alcuna sensibilità contro il peccato. Quest’uomo è nato di nuovo? Se così fosse, ogni volta che commette un peccato, qualcuno dovrebbe andare a casa sua e dirgli che quello che ha fatto è sbagliato, prima che quella persona riconosca di avere davvero sbagliato e, se uno gli chiedesse perché ha commesso qualcosa di sbagliato, quella persona risponderebbe: “Perché non posso fare quella cosa?” Poi la stessa persona viene informata per la seconda volta che ha commesso un altro peccato e di nuovo confesserà di aver fatto qualcosa di sbagliato. Passa un po’ di tempo e commette un altro peccato e qualcuno, ancora una volta, è obbligato a fargli presente la trasgressione prima che egli riconosca di nuovo di avere sbagliato. Non è che quella persona non ascolti la parole di chi lo avvisa, anzi, è obbediente a quanto gli viene detto, ma il problema è che non ha consapevolezza spirituale personale. Allora si potrà dire che una persona di questo tipo ha la vita di Dio dentro di lui, se gli manca completamente ogni tipo di consapevolezza spirituale e gli altri debbono averla per lui? Se quella persona ha la vita di Dio, dovrebbe avere la consapevolezza di tale vita dentro di sé; è assolutamente impossibile che una persona abbia la vita spirituale e non abbia la consapevolezza di tale vita. La vita di Dio non è qualcosa di nebuloso, né di astratto, è molto concreta e piena di sostanza. E come sappiamo che è piena di sostanza? Perché tale vita ha una consapevolezza sua propria.
Se una persona ha la vita di Dio, non solo, parlando negativamente, è consapevole dei suoi peccati ma, parlando positivamente, conosce personalmente Dio: quello che noi riceviamo, infatti, non è lo spirito di schiavitù, ma lo spirito di figliolanza. Avvertiamo naturalmente che possiamo avvicinarci a Dio e avvertiamo anche la dolcezza di poterlo chiamare “Abba, Padre” (Galati 4:6).
Lo Spirito Santo testimonia al nostro spirito che siamo figli di Dio (Romani 8:16). Perciò la conoscenza di Dio come Padre è segno della intima consapevolezza di questa vita.
Alcuni hanno solo una comprensione dottrinale di questa verità; non hanno mai incontrato Dio faccia a faccia e quindi lo temono perché non lo possono toccare. Non hanno un rapporto vitale con Dio e lo Spirito Santo non ha dato testimonianza al loro spirito di essere figli di Dio, perciò non possono gridare nello Spirito “Abba, Padre”. Tali persone possono anche pregare, ma nella loro preghiera non avvertono né la distanza che crea il peccato, né la gioia che crea la vicinanza del Signore e non avvertono quanto il peccato sia disdicevole e neppure quanto sia meravigliosa l’intimità con Dio. Manca il rapporto con lui, perché costoro non hanno ancora ricevuto da lui la vita nuova e quindi non avvertono la vicinanza di Dio e non avvertono neppure che Cristo ha già rimosso il muro di separazione fra loro e Dio. Per dirla in breve, costoro non hanno consapevolezza di essere figli di Dio; forse proclamano di essere cristiani, ma la loro posizione davanti a Dio è inadeguata e, anche se dicono con la bocca “Padre celeste”, dentro di loro non avvertono tale certezza. Solo la presenza di una consapevolezza di questo tipo dimostra l’esistenza di quella vita nuova. Se non c’è mai stata questa consapevolezza, come può uno dire che una vita di tal tipo è dentro di lui?

La consapevolezza del corpo, un aspetto
della consapevolezza della Vita

La stessa cosa è vera per il Corpo di Cristo. Molti fratelli e sorelle chiedono: “Come posso dire di aver visto il Corpo di Cristo? Su che basi posso asserire che ho vissuto la vita del Corpo di Cristo?” La risposta è semplice: tutti coloro che hanno esperienza della vita del Corpo di Cristo, hanno anche la consapevolezza del Corpo di Cristo. Se davvero abbiamo visto il Corpo, abbiamo anche consapevolezza del Corpo perché, poiché la vita che è in noi è una realtà e un’esperienza, non può mancare di evidenziare la consapevolezza del Corpo. Avvertiamo che il Corpo di Cristo non è solo un principio o un insegnamento, scopriamo che il Corpo di Cristo è una consapevolezza interiore.
“Se un membro soffre, tutte le membra soffrono con lui; se un membro è onorato, tutte le membra ne gioiscono con lui” (1 Corinzi 12:26).
La sofferenza è una sensazione e anche la gioia è una sensazione; anche se i membri sono tanti, la vita è una sola e, perciò, anche la consapevolezza è una sola.
Facciamo un esempio: a una persona viene inserita nel corpo una gamba artificiale; anche se questa gamba sembra simile all’altra gamba, non ha vita in sé e, di conseguenza, non ha consapevolezza del corpo: infatti, quando le altre membra soffrono, questa gamba artificiale non sente nulla, quando le altre membra gioiscono, il membro artificiale non avverte alcuna gioia. Tutte le altre membra hanno la stessa consapevolezza perché tutte possiedono l’unica vita comune a tutti, ma la gamba artificiale non ha alcuna consapevolezza, perché non c’è alcuna vita in essa.
La vita non può essere simulata e non deve neanche esserlo; se c’è vita, non c’è bisogno di far finta che ci sia e, se non c’è vita, non c’è modo di far finta che ci sia. L’espressione più chiara dell’esistenza di questa vita è la consapevolezza della vita stessa; un cristiano che vede la vita del corpo avrà sempre consapevolezza del corpo con gli altri membri del corpo stesso.

L’insegnamento sul corpo e la sua realtà

Nelle cose spirituali, la conoscenza della dottrina senza la consapevolezza non serve. Per esempio, una persona potrebbe dire che la menzogna è un peccato che non commetterebbe mai perché le è stato detto da altre persone che un cristiano non dovrebbe dire bugie, ma il problema non è se sia giusto o sbagliato mentire, ma piuttosto vedere se quella persona è consapevole di mentire o meno, quando dice una bugia. Se la persona non ha la consapevolezza interiore che mentire sia peccato, anche se confessa con la bocca che mentire è un peccato, non riceve nessun aiuto da questo. Potrebbe addirittura arrivare a dire che una persona non dovrebbe mentire e poi essere lui stesso colui che mente. Ciò che rende speciali coloro che hanno la vita di Dio è il fatto che, quando mentono esternamente, si sentono male internamente, non perché sanno dottrinalmente che la menzogna è sbagliata, ma perché si sentono a disagio interiormente se lo fanno. Questo significa essere un cristiano: ciò che distingue un cristiano è la consapevolezza interiore di questa consapevolezza della vita di cui abbiamo parlato. Colui che non ha la vita e non ne ha consapevolezza interiore, non è un cristiano; le regole esteriori sono solo modelli di riferimento, non sono vita.
Non basta assolutamente che una persona dica: “Conosco l’insegnamento riguardo al Corpo di Cristo, e so anche che non debbo muovermi indipendentemente da esso” essa deve avere una consapevolezza interiore di tale insegnamento. Anche se uno dicesse con la bocca che non dovrebbe agire in modo indipendente e poi, quando agisce in modo indipendente, non è consapevole di tale indipendenza, dimostra con chiarezza che non ha mai visto davvero il Corpo di Cristo. Non significa che non abbia sentito l’insegnamento sul Corpo di Cristo, dimostra, però, che non ne ha mai compresa la realtà.
Sentire l’insegnamento e vedere la realtà del Corpo di Cristo sono due cose diverse che appartengono a regni totalmente diversi. Ascoltare l’insegnamento sul Corpo è solo una comprensione esterna di un principio, vedere il Corpo di Cristo produce una consapevolezza interiore. Possiamo fare un parallelo con la situazione in cui uno sente la dottrina della salvezza e quindi riceve la conoscenza di come Dio salvi i peccatori e il momento in cui accetta dentro di sé il Signore Gesù come Salvatore; questo crea dentro quella persona la consapevolezza di Dio e la consapevolezza del peccato. Che differenza fra le due cose! Ecco perché non dovremmo valutare superficialmente il problema della consapevolezza della vita (non è semplicemente una sensazione esteriore, è anche una sensazione interiore). Tale consapevolezza è la manifestazione della vita; la presenza o l’assenza della consapevolezza rivela ciò che è reale o ciò che è irreale dentro di noi e ci permette di sapere se c’è o non c’è la vita di Cristo all’interno.
La consapevolezza della vita è molto speciale, perché ci mette in grado di saperlo spontaneamente senza bisogno che ci venga detto; se ci deve essere detto prima che lo sappiamo, questo è un segnale negativo. Che cosa succederebbe se ci fosse bisogno di dire a ogni cristiano che cos’è il peccato e che cosa non dovrebbe essere fatto? E se, quando uno pecca, non ci fosse nessuno al suo fianco? E se ci si dimenticasse dopo che ci è stato detto? Ricordiamoci bene che un cristiano non agisce basandosi su quello che sente dire dalle persone che gli stanno intorno, ma agisce basandosi su quello che gli viene detto dentro di lui e dentro di lui c’è una vita, una luce interiore, una consapevolezza interiore che viene dallo splendore interiore della luce di Dio, viene dalla vita che è dentro e non da un’informazione esterna.
Quando nasciamo di nuovo, riceviamo una vita reale e quindi abbiamo, dentro di noi, una consapevolezza reale. La realtà di tale consapevolezza dimostra la realtà della vita divina. Chiediamo a Dio di essere misericordioso con noi, in modo che possiamo toccare sempre questa consapevolezza di vita e vivere di conseguenza. Chiediamo anche a Dio di darci questa consapevolezza in modo abbondante, in modo che essa possa essere sensibile a ogni cosa: che possiamo essere consapevoli di Dio, del peccato, del corpo di Cristo, di tutte le realtà spirituali. Possa Dio guidarci sulla sua via e glorificare il suo nome!

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Watchman Nee
Watchman Nee

Nee Shu-tsu, meglio noto come Watchman Nee (1903-1972), nacque in Cina da genitori appartenenti alla seconda generazione di cristiani nella provincia di Fujian. Il nonno paterno, che aveva studiato all'American Congregational College di Fuzhou, fu il primo pastore cinese nel nord della provincia.

Watchman Nee si convertì nel 1920 all'età di 17 anni, sconvolgendo completamente i piani per la sua vita. Nello stesso anno iniziò a scrivere e svolse il suo ministero fatto di di rivelazione e sofferenza nei successivi 30 anni fino al 1950.
Egli espletò il suo ministero predicando il Vangelo, insegnando la Bibbia, viaggiando, contattando le persone ed instaurando con loro una corrispondenza, tenendo conferenze, addestramenti e scrivendo libri e altre pubblicazioni.

I suoi scritti sono raccolti in 62 volumi intitolati The Collected Works of Watchman Nee, che vanno dalla sua prima pubblicazione nel 1922 al suo ultimo discorso registrato nel 1950.

Nel 1952 fu arrestato a causa della sua fede, accusato ingiustamente, processato e nel 1956 gli furono dati da scontare 15 anni di reclusione. Morì in prigione nel 1972.
Le sue parole rimangono un'abbondante fonte di rivelazione spirituale per i cristiani di tutto il mondo.


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