Il culto cristiano è in profonda crisi nella maggior parte delle chiese in Europa. La frequenza è sempre più scarsa, anche tra coloro che si dichiarano cristiani convinti. Le misure sanitarie conseguenti alla pandemia Covid-19 lo hanno ulteriormente messo in questione.
Il culto cristiano va dunque ripensato e almeno in parte riformato, non tanto per arginare il suo abbandono e favorire una sua maggiore frequentazione, quanto piuttosto per renderlo più conforme alla sua natura e alla sua ragion d’essere. Che è quella di conoscere e incontrare Dio e, insieme, conoscere e incontrare un prossimo che potrebbe diventare una sorella o un fratello.
Partendo dal culto delle chiese riformate, Paolo Ricca propone un aggiornamento di forme e contenuti che ridiano gioia e interesse nella partecipazione e apertura a una più grande varietà di esperienze liturgiche ed ecumeniche. Un vero e proprio happening dello Spirito.
Anche se il Nuovo Testamento non propone un modello normativo per il culto, presenta però dei criteri comuni che lo rendono identificabile come tale: il primo criterio è la libertà, che non vuol dire disordine e improvvisazione ma ordine creativo e responsabile, senza rigidità; il secondo è la biblicità, cioè la conformità alla sostanza della Sacra Scrittura, dell’Antico e del Nuovo Testamento; il terzo criterio è la coralità, cioè la pluralità e dialogicità di voci, musiche e forme di comunicazione.