Cremazione
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Producer: Ifed
Product Code: 1001000065838
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Binding: Brossura
Language: Italian

Foreword

La morte è di per sé un’esperienza densa ed intensa dal punto di vista morale. Che lo si guardi da tutti i punti di vista, il morire dà a pensare, da quello che succede prima di morire, al momento del trapasso e a ciò che accade dopo la morte. In particolare, chi rimane in vita deve “gestire” moralmente la morte altrui, provvedendo forme adeguate di rispetto delle persone che non sono più. E tale rispetto si manifesta anche nel modo in cui le persone sono trattate dopo la loro morte. Una serie di domande si affastellano nel cuore: che succede ai corpi dei morti? Che ne è dei cadaveri? Come vengono trattati? Come ci si accommiata da un morto? Dove e come “riposa”? Cosa è giusto fare per rendere onore ad una persona?

Non stiamo parlando del destino dei morti (immortalità, vita eterna, risurrezione dei corpi, giudizio finale, ecc.): in teologia, questo è argomento dell’antropologia, della soteriologia e dell’escatologia, che nei loro intrecci disegnano la visione dell’aldilà. Stiamo invece parlando dell’elaborazione culturale e del procedimento materiale a cui sono sottoposti i defunti in quanto corpi morti. In entrambe le operazioni sono implicate cerimonie di commiato e di omaggio ai defunti dalla forte carica simbolica.

Queste domande riecheggiano dagli albori dell’umanità. Sul trattamento dei cadaveri la cultura umana ha esercitato una delle sue missioni fondamentali: orientarsi nella vita e dare un senso possibile agli eventi, soprattutto quelli legati ai cicli di vita e di morte . Nel decidere dei corpi morti, le culture hanno plasmato le relazioni tra le generazioni e, così facendo, hanno stabilito un asse portante della vita associata. Cosa fare dei morti è una delle prime e fondamentali domande a cui l’umanità è stata chiamata a dare risposta: disfarsene? Conservarli? Trattarli? Esporli? Imbalsamarli? Bruciarli? Nasconderli? Commemorarli? Circondarli di un culto o venerazione? Quando si toccano i defunti, è chiaro che si ha a che fare con uno snodo nevralgico della cultura.
Per una serie di ragioni, la cultura occidentale “cristianizzata” ha sviluppato la pratica della sepoltura come forma appropriata di commiato dai morti. Un fenomeno simile si è verificato nelle società islamizzate. Per secoli, questa è stata la modalità ordinaria che si è imposta sbaragliandone altre in uso nel mondo antico. Si è pensato che la sepoltura fosse il modo più consono di consegnare il defunto al “riposo” della morte in attesa della resurrezione. Per molto tempo, quindi, il trattamento dei cadaveri e le cerimonie di commiato ad esso associato non sono stato oggetto di particolare attenzione da parte dell’etica cristiana che aveva acquetato la riflessione con l’accettazione della sepoltura. Almeno sino all’Illuminismo allorquando si è innescata un polemico ripensamento della tradizione in chiave anti-cristiana. La sepoltura è stata vista come quintessenzialmente legata alla dottrina della resurrezione dei corpi e alcune frange dell’Illuminismo hanno iniziato a caldeggiare il ripristino o l’attivazione della pratica della cremazione, vista come atto simbolicamente e materialmente contrario all’universo antropologico ed escatologico cristiano. La reazione cristiana – era prevedibile – è stata di contrarietà e di opposizione. La posta in gioco era ideologica e la cremazione è stata al centro di uno scontro caricato di significati abrasivi per l’una e per l’altra parte. Via via le cose sono cambiate. A sostegno della cremazione, oggi vengono presentati argomenti riguardanti la migliore gestione degli spazi cimiteriali in aree urbane sovraffollate (anche di morti), la velocizzazione della scomparsa dei resti che occupano meno spazio e per meno tempo, quindi con importanti vantaggi in termini di costi. Sulla base di questi e altre ragioni, molti cristiani oggi considerano la cremazione come una pratica possibile, ugualmente dignitosa sia per i vivi, sia per i morti. Ciò ha fatto sì che la cremazione sia oggi ampiamente accettata ed anche scelta da un crescente numero di persone, circa una su dieci in Italia, una su tre negli USA, una su due in Olanda e in altri Paesi dell’Europa del Nord, mentre è largamente praticata nelle culture indiane e cinesi.

Ripulito il dibattito dalle sue incrostazioni ideologiche anti-cristiane, il tema della cremazione deve e può essere affrontato al netto delle paure inconsce o delle rigidità non sottoposte a vaglio autocritico. L’etica cristiana ha quindi il compito non solo di reagire nei confronti di pratiche per lungo tempo ritenute ostili e poi depotenziate nella loro carica virulentemente anti-cristiana, ma anche e soprattutto di istruire una cultura della vita e della morte che sia biblicamente sostenibile e socialmente responsabile. Sinora l’etica cristiana ha assistito per inerzia allo sgretolarsi delle asperità ideologiche connesse alla cremazione e si è conformata alla prassi sempre più diffusa della cremazione senza investire granché in termini di elaborazione propria. E’ tempo che si doti di una riflessione all’altezza della sua vocazione nella certezza che “sia che viviamo o che moriamo, siamo del Signore” (Romani 14,8).

Leonardo De Chirico

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