Essi parlano in altre lingue
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L'esperienza di John Sherrill potrebbe essere definita "un'avventura spirituale"! La sua testimonianza costituisce una riprova, se ancora ce ne fosse bisogno, dell'esistenza di Dio in maniera reale e della sua potenza operante mediante il battesimo nello Spirito Santo. Con grande onestà intellettuale John Sherrill parla del battesimo nello Spirito Santo, svolgendo pure un profondo lavoro di esegesi biblica sui passi scritturali inerenti. Molto utili sono il lavoro attento di ricerca sul moderno movimento pentecostale e le considerazioni a proposito del nostro modo di vivere che si va rinnovando nella conoscenza di Gesù Cristo, il Signore.
ISBN: 9788880772842
Producer: Editrice Uomini Nuovi
Product Code: 9788880772842
Weight: 0,230kg
Binding: Brossura
Language: Italian

Sample chapter

Capitolo 1


IL SALTO


Ricordo che fischiettavo, quella mattina di primavera del 1959, mentre mi trovavo in Park Avenue, a New York, per recarmi dal dottore. Mi fermai al numero 655 e salutai l?infermiere, un vecchio amico. Ero andato ogni mese dal dottor Daniel Catlin a causa di una operazione di cancro subita due anni prima e la visita terminava sempre con un nuovo appuntamento. Ma non quel giorno. La visita, infatti, fu lunga. Quando uscii avevo un appuntamento al Memorial Hospital, reparto chirurgico, due giorni dopo.
Che differenza rispetto all?andata! Camminavo per la stessa strada, sotto lo stesso sole, ma un gelido timore s?era impossessato di me. Conoscevo questo timore; tutti i malati di cancro lo conoscono. In vari modi cercavo di reprimerlo. Tra l?altro, cercavo di convincermi della buona riuscita dell?operazione, riducendo al minimo gli elementi fastidiosi di essa.
Non potei per? dominare pi? a lungo il timore, intensificatosi, ed entrai nella prima chiesa che incontrai, cercando solo un po? d?oscurit? e di solitudine. Era la chiesa episcopale di S. Tommaso, nella Quinta Strada e mentre entravo suonarono le sirene di mezzogiorno. Con mia sorpresa, un coro formato da bambini vestiti di bianco stava prendendo posto negli scanni di fronte e, alcuni minuti dopo, un giovane seminarista sal? sul pulpito. Da un cartellino sul banco venni a sapere che ero capitato nel periodo della meditazione del mezzogiorno. Io non lo sapevo allora, ma quello che udii doveva offrirmi la chiave della pi? risplendente esperienza della mia vita.

Il giovane parl? brevemente di Nicodemo. Disse che molti cercano di avvicinarsi a Cristo come fece Nicodemo. Mediante la ragione Nicodemo disse: ?Rabb?, noi sappiamo che tu sei un dottore venuto da Dio?, e aggiunse una spiegazione logica: ?nessuno pu? fare questi miracoli che tu fai, se Dio non ? con lui? (Giovanni 3:2).
?Ma voi vedete?, disse il seminarista, ?come lungamente Nicodemo cerc? di capire Cristo mediante la ragione, ma non pot?. Non ? un fatto razionale, ? solo con l?esperienza che possiamo conoscere Cristo.
E Cristo stesso lo disse a Nicodemo: ?In verit?, in verit? ti dico che se uno non ? nato di nuovo non pu? vedere il regno di Dio? (Giovanni 3:3). A quel tempo tutto questo non mi interessava. Eppure, il mattino seguente, ascoltai di nuovo le stesse parole. Tib e io stavamo prendendo un caff? dopo una nottata insonne, quando squill? il telefono. Era una nostra amica, Catherine Marshall Le Sourd.
?John?, disse, ?potreste tu e Tib prendere l?automobile e venire qui per un paio di minuti? Ho udito alcune cose di cui vorrei parlarvi?.
Catherine ci venne incontro in vestaglia, ci introdusse nella sala da pranzo, chiuse la porta e si rivolse a me andando subito al sodo.

?Prima di tutto desidero dirti che sono cosciente del fatto che posso apparirti presuntuosa. Voglio parlarti della tua vita religiosa, anche se non ho il diritto di sostenere che essa sia vacua. Dopo tutto, tu hai scritto per dieci anni per il Guideposts, una rivista cristiana; rispetti la religione, l?hai studiata sotto tanti aspetti. Ma c?? qualcosa di pi? che...? Guardai Tib: era come di pietra. ?John?, continu? Catherine, ?credi che Ges? era Dio?? Era l?ultima domanda che potessi aspettarmi. Io pensavo che ella m?avrebbe detto qualcosa su Dio che guarisce, sull?efficacia rasserenatrice della preghiera quando si ? pieni di timore. Qualcosa, insomma, che avesse avuto qualche relazione con la mia situazione d?allora. Ma, poich? m?era stata posta quella domanda, cercai di rispondere ad essa. Tib e io eravamo cristiani, certamente, nel senso che risultavamo come ?protestanti?, che frequentavamo con una certa regolarit? la chiesa, che inviavamo i nostri tre figli alla scuola domenicale. Sapevo che tutto ci? riguardava la superficie della fede; il fatto era che io non avevo mai affrontato profondamente il problema relativo alla divinit? di Ges?. E ora v?erano montagne di ostacoli di natura razionale che si frapponevano. Cominciai ad enumerarli a Catherine, ma ella m?interruppe dicendo: ?Tu stai cercando di accostarti al cristianesimo mediante la tua mente, John; non ? questa, per?, la via?.
Catherine prosegu? dicendo: ?Una delle caratteristiche del cristianesimo ? proprio quella di non poter essere compreso mediante l?intelletto. Devi prima desiderare di compiere l?esperienza, di fare qualcosa che non comprendi e, poi, puoi anche ricorrere all?intelletto. E io, oggi, spero che tu faccia proprio questo: che, senza comprendere, dica s? a Cristo?.

Ci fu silenzio nella stanza. Io avevo un?infinit? di riserve, ma, nello stesso tempo, avevo un grande desiderio di fare ci? che ella m?aveva suggerito. La pi? grande riserva era che non mi sembrava proprio quello il momento adatto; un momento per me assai incerto: ero malato di cancro, avevo paura di trovarmi con le spalle al muro.
?Mi pare un?ipocrisia?, le dissi. Quasi sussurrando, Catherine rispose: ?John, questo ? orgoglio. Tu desideri andare a Cristo a modo tuo, quando lo vuoi tu, cio? pieno di forze e di salute. Pu? darsi, invece, che Dio ti voglia ora che non hai nulla di tuo su cui confidare?.
Parlammo per pi? di un?ora e mezzo e quando uscii dalla casa di Catherine non avevo ancora preso la decisione di compiere quel passo cruciale. Pochi momenti pi? tardi, tuttavia, proprio dopo che l?automobile aveva superato un palo telefonico sulla Millwood Road a Chappaqua, un palo che ho fissato nella memoria, mi volsi verso Tib e le dissi ad alta voce: ?E forse quello che viene chiamato ?salto di fede?? Bene, allora io sto per fare questo salto: credo che Cristo era Dio?. Era un qualcosa che procedeva da una certezza interiore quasi logica, senza alcuna convinzione emotiva. E, con essa, sopraggiunse qualcosa per la quale mi sentivo ?io?. L?autocoscienza che viene chiamata ego sembrava in qualche modo coinvolta in questa decisione. Ma, quando tutto ci? pass? ed ebbe fine e io mi resi conto del mio semplice stato di fede, in me era rimasto qualcosa di nuovo e di misterioso.
Il primo pensiero che c?era qualcosa di diverso in me mi venne, anche se in un modo piuttosto inelegante, all?ospedale. Poco prima dell?operazione una giovane infermiera venne da me per farmi un?iniezione. Fin dai giorni in cui ero militare, avevo avuto una profonda avversione per le siringhe. Ora, per?, non la provai affatto.
?Va bene, si prepari?, mi disse l?infermiera con tono professionale. Ma quand?ebbe finito cambi? tono e disse che non le era mai capitato un paziente cos? rilassato.
Solo dopo ch?ella fu andata via mi resi conto dell?eccezionalit? del fatto. Io ero rilassato e calmo, in modo autentico e profondo, e perci? cominciai a pensare che qualcosa di notevole stesse per accadermi. Era come se, in qualche parte segreta ed indefinita di me stesso, si radicasse la consapevolezza che l?operazione era soltanto un inconveniente in una esistenza che era nuova e strana, senza alcuna relazione con ospedali, malattie e ricoveri.
Poco dopo entrarono alcuni infermieri, mi fecero scendere dal letto e distendere su una barella. Ricordo che mi fissavano mentre mi trasportavano nella sala operatoria. In essa c?era una luce fluorescente, oltre ad altre luci che illuminavano il mio letto operatorio. Fra queste luci apparve il volto del dottor Catlin. Io gli rivolsi un sorriso che lui ricambi?, domandandomi se fossi pronto.
?Pronto e in attesa?, risposi.
Mi fecero un?altra iniezione e mi sembr? che non fosse passato che un istante prima di risvegliarmi in una stanza che non avevo mai visto prima. Era notte. Ero stato condotto in sala operatoria alle otto di mattina. Perch? tanto tempo? Tubi di gomma tenevano fermo da entrambi i lati il mio torace ed una specie di macchina sibilava e gorgogliava dietro il letto.
E il dolore! Il pi? lancinante che avessi mai provato. Era localizzato nel torace, l? dov?erano i tubi di gomma. Un?infermiera, vedendo che ero sveglio, mi si accost? e prese il mio polso. Cercai di parlare, ma non potei. Ammicai verso i tubi.
?Il dottore la visiter? stamane. Cerchi di dormire?.
Avrei voluto poter dire che avendo fatto il mio salto di fede, quelle ore in ospedale rappresentavano un trionfo dell?anima sul corpo. Non era cos?, per?. Il dolore mi deprimeva completamente. Qualcosa non era andata bene nell'operazione e io non avevo sufficiente pratica nella vita cristiana per trovare qualcosa di rassicurante a cui pensare.
La mattina, nello svegliarmi, mi ritrovai in un?altra stanza. A poco a poco riconobbi il soffitto, la finestra e le tende della stanza in cui ero stato ricoverato all?inizio. I tubi di gomma erano ancora attaccati al mio torace e la macchina continuava a gorgogliare dietro al letto. Alla fine, per?, ottenni una piccola informazione. Il dottor Catlin venne da me e, sebbene in uno stato di seminconscienza, riuscii ad afferrare queste parole: ?Comincer? a rimettersi, ora. Sul tavolo operatorio qualcosa non ? andato bene: tracheotomia. Eppure, ogni cosa sul suo collo sta guarendo. Riposi un po?, adesso?.
Per un altro giorno giacqui semincosciente nel letto, ricevendo visite da parte di mia moglie, o di mia madre, o del dottore. Verso la fine del secondo giorno cominciai a rendermi conto della presenza degli altri pazienti nella stanza. Uno era un vecchio, ricoverato per una forte tosse; un altro era un ragazzo che era stato appena riportato dalla sala operatoria e soffriva molto. Quella notte, per la prima volta, potei pensare alla preghiera. Cercai di parlare con Cristo, ma era come parlare all?aria: in nessun modo si poteva avvertire un qualcosa di sovrumano. C?era solo la cruda realt? della mia condizione e delle sofferenze degli altri due pazienti.
Cercai di pregare per loro, ma non accadde nulla. Dopo aver dormito per un po?, mi svegliai con la sensazione che ognuno di noi, in quella stanza, fosse molto solo.
Ero nel cuore della notte, sveglio, completamente sveglio. Una piccola luce proveniva dal corridoio e dalla finestra. Un?infermiera pass? silenziosamente davanti alla porta. I miei dolori non smettevano mai, il vecchio tossiva, il ragazzo si lamentava piano.
Poi mi accorsi di una luce . Era differente dalla luce che proveniva dal corridoio e dalla finestra: era pi? una fluorescenza che una luce con una sorgente definita. C?era qualcosa di notevole in essa: era come un flusso di conoscenza. Ne fui sorpreso, ma non intimorito. In questo senso di consapevolezza ch?essa emanava, fu come se vedessi un amico d?infanzia, fisicamente molto cambiato, cosicch? quello che vedevo era un qualcosa di totale piuttosto che un qualcosa di particolare. ?Cristo?? dissi.
La luce si mosse lentamente. Non si muoveva realmente, ma io la sentii pi? vicina a me di quanto lo fosse prima. Pensai, per un momento, che i dolori dovuti all?operazione stessero per scomparire, ma non fu cos?. Tuttavia, qualcosa accadde. Fu come se stessi scoppiando di salute.
Gli altri due pazienti stavano ancora male. Allora dissi muovendo solo le labbra: ?Cristo, vuoi guarire quel ragazzo?? La luce non mi lasci? ma, in un modo indescrivibile, si pose pure accanto al letto di quel ragazzo. Un piccolo ?Ohhh...? venne da lui e poi non si ud? pi? nulla.
?E l?altro mio amico?? La luce, istantaneamente, fu accanto al letto del vecchio che aveva un forte attacco di tosse. La tosse cess?. Il vecchio sospir? e si volt?.
E la luce and? via. Io sollevai, come potei, la testa dal guanciale e guardai per la stanza, ma c?era soltanto la luce proveniente dal corridoio e dalla finestra. L?infermiera ridiscese il corridoio. Fuori, un camion pass?, suonando il clacson nella notte. La macchina dietro al letto bisbigliava e gorgogliava. Tutto era come prima, tranne che, pur giacendo in un ospedale con le ferite doloranti, io ero ripieno di un senso di benessere mai conosciuto prima d?allora. Piansi a lungo per la gioia. Stetti come in attesa che la luce ritornasse. Anche i miei compagni di stanza riposavano serenamente. Quando l?infermiera, al mattino, venne con i termometri, mi trov? sveglio.
?Ha riposato?? chiese.
?S??.
Poi si volse verso gli altri due pazienti. ?Tutto bene. Stanno dormendo ambedue. Ritorner? pi? tardi?.
Uscii dall?ospedale una settimana prima del tempo previsto dal dottor Catlin, perch? le ferite si rimarginarono assai presto.
Per molti giorni, dopo esser tornato dall?ospedale, cercai di raccontare a Tib quel che m?era accaduto. Ma, con mio imbarazzo, ogni volta che aprivo la bocca accadeva che le lacrime cominciavano a solcarmi il viso e piangevo come un bambino. Lacrime o no, decisi che dovevo riuscire a dire a Tib quel che m?era capitato in ospedale.
Dopo che ebbi finito, le domandai: ?Pensi che fosse un sogno??
?Non credo che un sogno avrebbe potuto avere tali effetti?.
?Neanch?io?.
Ci furono altre due persone che udirono la storia: Len e Catherine Le Sourd. Cominciai dicendo che l?esperienza sarebbe potuta risultare difficile a raccontarsi e che sicuramente lo stesso fenomeno delle lacrime si sarebbe ripetuto. Infatti la cosa si ripet?.
?Vedete?? dissi molto lentamente.
Ma Len replic?: ?Le tue lacrime, John, rendono molto pi? reale la cosa. Fa? con comodo?.
Cos? riuscii a raccontare. ?E vedesti ancora la luce?? domand? Catherine.
?No?.
?Non so che cosa avresti dovuto aspettarti?, ella disse. ?Questo incontro a faccia a faccia con Cristo, di solito, avviene una volta sola. Anche a me accadde in un modo simile al tuo. A Len capit? in un modo completamente diverso. Ma, comunque accada, ? certamente una manifestazione di Cristo?.
Allora Catherine disse una cosa interessante. Era una specie di profezia. ?Sono contenta che tu abbia raccontato la tua esperienza. Ci? aiuter? a fissarla nella tua mente, s? da non perdere il suo carattere di realt??. Poi sorrise. ?Anch?io vorrei sentire sempre allo stesso modo in cui tu senti ora. Ma non ? possibile. Una volta che si allontana la ?freschezza? del nostro primo incontro con Dio, non si pu? far altro che camminare per fede?.
Mi venne di pensare, in seguito, a ci? che voleva dire. Per molte settimane vissi nell?eccitazione dovuta all?incontro. Quando mi giunse il referto del dottore seppi che il cancro era sparito. Ma, con mia sorpresa, mi resi conto che qualcos?altro occupava la mia mente: desideravo conoscere il Cristo che avevo incontrato. A questo riguardo, avvenne qualcosa di automatico. Infatti, la lettura della Bibbia mi procur? nuove esperienze, perch? per la prima volta compresi cose che, nel passato, m?erano del tutto incomprensibili. Il modo, ad esempio, in cui Ges? reclutava i discepoli, dicendo semplicemente: ?Seguimi?. Era facile ora credere a ci?, dopo l?esperienza della sua presenza. Le narrazioni delle guarigioni erano veritiere in quanto ne avevo avuto prova, quella notte, all?ospedale. La frase di Giovanni: ?Dio ? amore?, era per me una nuova realt? piuttosto che un principio.
Ma, con il passare delle settimane e dei mesi, quelle acute sensazioni spirituali scemarono. Rientrai nella routine. Un giorno, visitando all?ospedale un mio amico, gli raccontai la mia esperienza e mi resi conto che essa non era pi? una realt? vivente in me, ma solo un ricordo.
Non c?era altro che io avrei esperimentato? Mi sentivo un po? come dovettero sentirsi i discepoli quando, dopo che Ges? si era accompagnato a loro per un po?, rimasero soli. Provavo una profonda amarezza, bramando di tornare a quell?incontro con il Signore, ma ora non mi rimaneva altro che, secondo quanto detto da Catherine, camminare per fede.
Nel parlare con altri cristiani m?accorsi che la mia esperienza era molto comune. C?era un incontro pieno e profondo con il Signore, seguito da un periodo privo di altre esperienze. C?era un breve periodo di intenso amore, di gioia, di profonda pace, in cui non si poteva fare a meno d?essere paziente, cordiale, gentile. Era un periodo di vera fede. Poi, arrivava un periodo di foschia e di aridit?. Era cos? che doveva andare? Dovevano i credenti vivere di ricordi? Ero dubbioso: i ricordi appassiscono e diventano confusi.
Un anno dopo quell?esperienza in ospedale incontrai un uomo che mi raccont? qualcosa di strano che mi attrasse solo per la sua bizzarria. Poteva essere la risposta ai miei interrogativi.

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