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Testimoni oculari della sua maestà
Il cristianesimo, nella sua forma più pura, non è nulla di più che vedere Gesù.
Il servizio cristiano, nella sua forma più pura, non è nulla di più che imitare colui che vediamo.
Vedere la sua maestà e imitarla,
questo è il tutto del cristianesimo.
Bob Edens fu cieco per cinquantuno anni. Non vedeva proprio niente. Il suo mondo era una camera oscura di suoni e di odori. Procedette a tastoni per cinque lunghi decenni di oscurità.
Poi, vide.
Un abile chirurgo eseguì una complicata operazione e, per la prima volta nella sua vita, Bob fu in grado di vedere. Lo trovò straordinario. “Non avrei mai immaginato che il giallo fosse così… giallo”, esclamò. “Mi mancano le parole. Sono stupefatto dal giallo. Ma il rosso è il mio colore preferito. Proprio non riesco a capacitarmi del rosso.
“Riesco a vedere la forma della luna e niente mi piace di più che vedere un aereo solcare i cieli lasciando dietro di sé una scia di vapore. E naturalmente amo le albe e i tramonti. E la notte osservo le stelle nel cielo e le luci lampeggianti. Non avrei mai pensato che potesse essere tutto così meraviglioso”.
Ha ragione. Chi ha sempre avuto il dono della vista non può sapere quanto sia meraviglioso riuscire finalmente a vedere.
Ma Bob Edens non è l’unico che ha trascorso una vita accanto a qualcosa senza poterla vedere. Sono pochi coloro che non soffrono di una qualche forma di cecità. Sorprendente, vero? Possiamo vivere per una vita accanto a qualcosa, ma finché non ci prendiamo il tempo di metterla a fuoco non diventa parte della nostra vita. Se in qualche modo la nostra cecità non viene rimossa, il nostro mondo resta una grotta oscura.
Pensaci. Soltanto perché uno ha visto migliaia di arcobaleni non vuol dire che ne abbia mai ammirato lo splendore. Si può vivere a ridosso di un giardino e mai mettere a fuoco la bellezza di un fiore. Un uomo può trascorrere la vita con una donna e mai fermarsi ad apprezzarne l’anima.
Una persona può essere tutto ciò che la bontà lo chiama a essere, eppure non scorgere mai l’Autore della vita.
Essere onesti, morali o persino religiosi non significa necessariamente che lo vedremo. No. Possiamo vedere ciò che altri vedono in lui. O possiamo ascoltare ciò che certuni dicono che egli abbia detto. Ma finché non vediamo con i nostri occhi, finché non ci viene accordata la vista, possiamo pensare di vederlo quando in realtà non abbiamo visto che una forma confusa nella semioscurità.
L’hai visto?
Hai colto uno scorcio della sua maestà? In un anfratto particolarmente recettivo del tuo cuore viene posta una parola che, seppur brevemente, ti permette di vedere il suo volto. Ascolti la lettura di un versetto con un’intonazione per te nuova o lo senti spiegare in un modo che non avresti mai immaginato e un altro pezzo del mosaico trova il suo posto. Qualcuno tocca il tuo spirito sofferente come solo chi è mandato da lui potrebbe fare… ed eccolo lì.
Gesù.
L’uomo. Il Galileo abbronzato che parlava con autorità tonante e amava con l’umiltà di un fanciullo.
Il Dio. Colui che affermò di essere più antico del tempo e più grande della morte.
I fasti della religione non ci sono più; la nebbia della teologia si è dissolta. La cortina opaca della controversia e dei punti di vista si è momentaneamente alzata. Cancellati sono gli errori e l’egocentrismo che ci rendono ciechi. Ed ecco che là c’è lui.
Gesù.
L’hai visto?
Coloro che per primi lo videro non furono mai più gli stessi.
“Mio Signore e mio Dio!” gridò Tommaso.
“Ho visto il Signore!” esclamò Maria Maddalena.
“Abbiamo contemplato la sua gloria”, dichiarò Giovanni.
“Non sentivamo forse ardere il cuore dentro di noi mentr’egli ci parlava?” si dissero gioiosi i due discepoli diretti a Emmaus.
Ma Pietro lo disse meglio di tutti: “Siamo stati testimoni oculari della sua maestà”.
La sua maestà. L’imperatore di Giuda. L’aquila in volo dell’eternità. Il nobile ammiraglio del regno. Tutto lo splendore del cielo rivelato in un corpo umano. Per un brevissimo periodo le porte della stanza del trono si sono aperte e Dio si è avvicinato. La sua maestà fu resa visibile. Il cielo toccò la terra e in conseguenza di ciò la terra può conoscere il cielo. In uno sbalorditivo tandem un corpo umano ospitò la divinità. La santità e l’umanità si intrecciarono.
Non è un messia ordinario. La sua fu una storia straordinaria. Affermò di essere Dio, eppure permise a un soldato romano di infimo rango di conficcargli un chiodo nel polso. Esigeva purezza, eppure sosteneva i diritti di una prostituta pentita. Chiamava gli uomini a marciare dietro di sé, eppure non permetteva loro di chiamarlo re. Mandò uomini in tutto il mondo, eppure li equipaggiò soltanto di ginocchia piegate e del ricordo di un carpentiere risuscitato.
Non possiamo ritenerlo semplicemente un buon insegnante. Le sue affermazioni sono troppo estreme per confinarlo alla schiera dei vari Socrate e Aristotele. E nemmeno possiamo considerarlo uno dei tanti profeti mandati a rivelare verità eterne. Le sue stesse affermazioni escludono tale possibilità.
Allora chi è?
Cerchiamo di scoprirlo. Seguiamo le orme dei suoi sandali. Sediamoci sul pavimento freddo e duro della grotta in cui nacque. Odoriamo la segatura della bottega di carpentiere. Sentiamo i suoi sandali sbattere sugli impervi sentieri della Galilea. Sospiriamo mentre tocchiamo le piaghe guarite del lebbroso. Sorridiamo osservando la sua compassione nei confronti della donna al pozzo. Facciamoci piccoli piccoli mentre sentiamo i sibili di satana. Ed eleviamo le nostre voci insieme alla lode delle moltitudini. Cerchiamo di vederlo.
è passato un bel po’ di tempo da quando l’hai visto? Se le tue preghiere sembrano stanche, probabilmente è così. Se la tua fede sembra tremolante, forse la tua visione di lui si è offuscata. Se non riesci a trovare la potenza per affrontare i tuoi problemi, forse è ora di affrontare lui.
Un avvertimento. Succede qualcosa a una persona che è stata testimone della sua maestà. Accusa dipendenza. Uno scorcio del Re e il desiderio di vederne di più e di parlarne di più ti consuma. Scaldare le panche non è più un’opzione. La religione di facciata non sarà più sufficiente. La ricerca di sensazioni è inutile. Quando l‘hai visto una volta avrai per sempre il desiderio di rivederlo.
La mia preghiera per questo libro, senza scuse, è che il divino chirurgo lo usi come delicato strumento chirurgico per restituire la vista. Che la vista non sia più offuscata e le tenebre svaniscano. Che da oscillante miraggio nel deserto, il Cristo possa trasformarsi nel volto tangibile del migliore degli amici. Che i nostri volti possano prostrarsi dinanzi ai suoi piedi forati e le nostre bocche unirsi alla proclamazione di Tommaso: “Mio Signore e mio Dio”. E, al di sopra di tutto, che possiamo anche noi sussurrare il segreto dell’universo: “Siamo stati testimoni oculari della sua maestà”.
Capitolo 1
L’arrivo
Quel giorno nel villaggio il trambusto ebbe inizio più presto del solito. Mentre la notte cedeva il posto all’alba la gente era già in strada. I venditori ambulanti sistemavano i loro banchi agli angoli delle vie più trafficate. I negozianti aprivano le porte delle loro rivendite. I bambini si svegliavano al latrare eccitato dei cani randagi e al lamento degli asini al traino dei carri.
Il proprietario della locanda in città si era svegliato ancora prima degli altri. Dopotutto la locanda era al completo, non c’era più un letto libero. Ogni stuoia e ogni coperta a disposizione erano in uso. Presto tutti i clienti si sarebbero messi in movimento e ci sarebbe stato tanto lavoro da svolgere.
L’immaginazione si accende al pensiero di ciò che si saranno detti il locandiere e i suoi familiari seduti al tavolo della colazione. Qualcuno avrà fatto menzione della giovane coppia arrivata la sera prima? Qualcuno si sarà chiesto come stavano? Qualcuno avrà fatto commenti riguardo alla gravidanza della giovane sull’asino? Forse. Forse qualcuno sollevò la questione. Ma di sicuro non se ne parlò più di tanto. Non c’era niente di così insolito al loro riguardo. Chissà quante altre famiglie erano state respinte quella sera.
E poi chi aveva avuto il tempo di parlare con loro con tutta quell’eccitazione nell’aria? Augusto fece un favore all’economia di Betlemme quando ordinò il censimento. Chi ricordava più una simile mole di affari?
No, è poco probabile che qualcuno menzionò l’arrivo della coppia o si interrogò sulla condizione della donna. Erano troppo occupati. La giornata era iniziata. Dovevano preparare il pane. Dovevano sbrigare le faccende mattutine. C’era troppo da fare per immaginare che l’impossibile era avvenuto.
Dio era entrato nel mondo in forma di neonato.
Eppure, se qualcuno fosse incappato in quella stalla per le pecore alla periferia di Betlemme, quella mattina, che strana scena si sarebbe trovato di fronte.
La stalla puzza come ogni stalla. Il tanfo di urina e di letame riempie l’aria. Il pavimento è duro, la paglia scarseggia. Dal soffitto pendono ragnatele e i topi corrono tra la sporcizia.
Impossibile pensare a un posto più umile di questo per nascere.
Da un lato siede un gruppo di pastori. Siedono in silenzio sul pavimento; forse perplessi, forse pieni di soggezione, senza dubbio colmi di stupore. La loro veglia notturna è stata interrotta da un’esplosione di luce dal cielo e da una sinfonia di angeli. Dio va da coloro che hanno il tempo di ascoltarlo, così in questa notte senza nuvole andò da quei semplici pastori.
Accanto alla giovane madre siede il padre stanco. Se c’è qualcuno che sonnecchia è certamente lui. Non riesce a ricordare l’ultima volta che si è seduto. E ora che l’eccitazione è un po’ calata, ora che Maria e il bimbo sono sistemati, si appoggia alla parete della stalla e sente gli occhi socchiudersi. Non ha ancora capito bene. il mistero dell’evento lo sconcerta. Ma non ha la forza di affrontare le domande che gli ronzano per la testa. La cosa importante è che il bambino stia bene e che Maria sia al sicuro. Mentre si addormenta ricorda il nome che l’angelo gli ha detto di usare… Gesù. “Lo chiameremo Gesù”.
Maria è sveglia. Ma come sembra giovane! La sua testa poggia sulla soffice pelle della sella di Giuseppe. Il dolore ha lasciato il posto allo stupore. Osserva il volto del neonato. Suo figlio. Il suo Signore. La sua maestà. A questo punto della storia, l’essere umano che meglio di chiunque altro comprende chi è Dio e che cosa sta facendo è quest’adolescente in una stalla maleodorante. Non riesce a distogliere lo sguardo dal bambino. In qualche modo Maria sa che tiene in braccio Dio. Perciò questo è lui. Ricorda le parole dell’angelo: “Il suo regno non avrà mai fine” (Luca 1:33).
Tutto sembra fuorché un re. Il suo viso è arrossato. Il suo pianto, quello impotente e penetrante di un neonato il cui benessere dipende da Maria.
La maestà in mezzo alla campagna. La santità in mezzo al letame delle pecore. La divinità entrata nel mondo sul pavimento di una stalla, attraverso il ventre di un’adolescente e alla presenza di un carpentiere.
Maria tocca il volto del Dio bambino. Quant’è stato lungo il tuo viaggio!
Quel neonato aveva presieduto la nascita dell’universo. Gli stracci che lo tenevano al caldo erano state le vesti dell’eternità. La stanza d’oro del trono era stata abbandonata in favore di un sudicio recinto per le pecore. E gli angeli in adorazione erano stati sostituiti da pastorelli di buon cuore ma disorientati.
Nel frattempo in città fervono le attività. I mercanti non sanno che Dio è giunto sul pianeta. Il locandiere non crederebbe mai di aver appena mandato Dio al freddo. E la gente si prenderebbe gioco di chiunque affermasse che il Messia giace nelle braccia di un’adolescente alla periferia del villaggio. Erano tutti troppo occupati per prendere in considerazione quell’eventualità.
Chi si perse l’arrivò della sua maestà quella notte non lo fece per malvagità o per malizia. No, non se ne rese conto semplicemente perché non guardava.
è cambiato ben poco negli ultimi duemila anni, vero?