Non meravigliatevi se lo chiamano il Salvatore
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Non meravigliatevi se lo chiamano il Salvatore

 
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Quando Lo hanno insultato, non Si è vendicato, quando ha sofferto, non ha minacciato, la Sua risposta fu semplicemente: "Padre, perdona loro, perchè non sanno quello che fanno". "voglio solo sapere quello che conta" Ian era uno studente all'università che l'autore stava visitando. Aveva saputo che voleva essere un cristiano, ma era deluso. "Sono cresciuto in chiesa" spiegò "volevo entrare nel ministero. Ma non l'ho fatto. Qualcosa non andava". Riassunse le sue frustrazioni. "Non parlarmi di religione. Vai al sodo. Che cosa conta veramente?" Voi avete probabilmente lottato contro questa domanda. Le preghiere sembrano vuote, traguardi impensabili. Scoprite quello che conta di più, e non meravigliatevi se Lo chiamano il Salvatore.
ISBN: 9788880772163
Producer: Editrice Uomini Nuovi
Product Code: 9788880772163
Weight: 0,180kg
Binding: Brossura
Language: Italian

Book contents

Ringraziamenti; La parte che conta; LA CROCE: LE SUE PAROLE - Ultime parole, ultime azioni; Parole che feriscono; Il vendicatore vigilante; La storia del ladrone crocifisso; Lasciare significa amare; Il grido della solitudine; Ho sete; Compassione creativa; "E' compiuto"; Portami a casa; LA CROCE: I SUOI TESTIMONI - Chi l'avrebbe creduto? Visi nella folla; Beh... quasi; I dieci che fuggirono; L'unico che rimase; La collina del rimpianto; L'Evangelo della seconda opportunità; Fate spazio alla magia; Una candela nella caverna; Messaggere in miniatura; LA CROCE: LA SUA SAGGEZZA - Vive! Braccia aperte; Un venditore ambulante di nome contentezza; Vicino alla croce, ma lontano da Cristo; La nebbia del cuore spezzato; Pao, Senor (Pane Signore?); Cuccioli, farfalle e un Salvatore; Le testimonianze di Dio; Decisioni esplosive; Che cosa ti aspettavi? Torna a casa; Incoerenze coerenti; Il ruggito; Guida allo studio

Sample chapter

Prima parte


LA CROCE:
LE SUE PAROLE
____________________


Capitolo 1


ULTIME PAROLE, ULTIME AZIONI


In un recente viaggio nella mia citt? natale mi sono preso un po? di tempo per andare a vedere un albero.
?Una quercia viva? l?ha chiamato mio padre (ponendo l?accento su ?viva?). Era nient?altro che un alberello, cos? sottile che potevo circondarlo con la mia mano e sentire il pollice che toccava il medio.
Il vento del Texas occidentale sparse le foglie cadute e mi fece chiudere il cappotto. Non vi ? nulla di pi? freddo del vento della prateria, specie in un cimitero.
?Un albero speciale? dissi a me stesso, ?con un compito speciale?. Guardai attorno. Il cimitero era circondato da olmi, ma non da querce. Il suolo era punteggiato dalle pietre tombali, ma non c?erano alberi. Solo questo. Un albero speciale per un uomo speciale. Circa tre anni fa, pap? cominci? ad avvertire un continuo indebolirsi dei suoi muscoli. Inizi? dalle sue mani. Poi lo avvert? nei polpacci. Quindi le sue braccia si assottigliarono un po?. Spieg? questa sua condizione a mio cognato che ? medico. Allarmato egli lo mand? da uno specialista. Questi effettu? una lunga serie di test, del sangue, neurologici e muscolari, e giunse alla sua conclusione. Morbo di Lou Gehrig. Una devastante malattia che fa diventare storpi. Nessuno ne conosce le cause o la cura. L?unica cosa certa ? la sua crudelt? e la sua precisione.
Guardai gi?, al pezzo di terra che un giorno avrebbe accolto mio padre. Pap? aveva sempre desiderato essere seppellito sotto una quercia, perci? aveva comperato quell?albero. ?Particolare concessione dalla vallata? si vant?. ?C?? voluto uno speciale permesso del consiglio comunale per metterlo qui?. Non era stato difficile in questa polverosa citt? petrolifera dove tutti si conoscono. Mi venne un nodo alla gola. Un uomo inferiore a lui avrebbe potuto andare in collera. Qualcun altro avrebbe potuto arrendersi. Ma pap? non lo fece. Egli sapeva che i suoi giorni erano contati perci? cominci? a mettere in ordine le sue cose. L?albero fu solo uno dei suoi preparativi. Egli miglior? la casa per la mamma facendo installare un sistema antincendio, un dispositivo per aprire la porta del garage e dipingendo le finiture di legno. Aggiorn? il suo testamento. Verific? l?assicurazione e la scadenza delle polizze. Acquist? del materiale per provvedere all?educazione dei suoi nipoti. Pianific? il proprio funerale. Acquist? uno spazio nel cimitero per s? e per la mamma. Prepar? i suoi ragazzi con parole rassicuranti e con lettere affettuose. E alla fine acquist? l?albero. Una quercia viva, ponendo l?accento sulla parola ?viva?.
Ultime azioni. Ultime ore. Ultime parole.
Rispecchiano una vita ben vissuta. Come le ultime parole del nostro Maestro. Quando, nell?attimo in cui stava per morire, anche Ges? mise ? la sua casa in ordine?:

Un?ultima preghiera di perdono.
Un?implorazione esaudita.
Una richiesta d?amore.
Un problema di sofferenza.
Una confessione di umanit?.
Una richiesta di liberazione.
Un grido di compimento.

Parole dette a caso, mormorate da un martire disperato? No. Parole dette di proposito, dipinte dal Divino Liberatore sulla tela del sacrificio.
Ultime parole. Ultime azioni. Ciascuna di esse ? una finestra attraverso la quale la croce pu? essere meglio compresa. Ciascuna schiude un tesoro di promesse.
?Cos? questo ? ci? che hai imparato? dissi ad alta voce pensando di parlare a mio padre. Sorrisi a me stesso e pensai ?? pi? facile morire come Ges? se si ? vissuti come lui per tutta la vita?.
Ora le ultime ore stanno trascorrendo. La fiammella della sua candela brucia in modo sempre pi? debole. Lui ? steso in pace. Il suo corpo sta morendo, il suo spirito sta vivendo. Non pu? pi? uscire dal letto. Ha scelto di vivere i suoi ultimi giorni a casa. Non manca molto. Presto il soffio della morte spegner? la tremolante candela e tutto sar? finito.
Guardai un?ultima volta la quercia sottile. La toccai come se avesse potuto ascoltare i miei pensieri. ?Cresci? sussurrai, ?Cresci forte. Diventa alta. Il tuo ? un tesoro prezioso?.
Mentre guidavo verso casa attraverso il frastagliato mosaico dei campi petroliferi, cominciai a pensare a quell?albero. Anche se esile, i decenni l?avrebbero scoperto forte. Anche se snello, gli anni gli avrebbero donato forza e spessore. I suoi ultimi anni saranno i migliori. Come quelli di mio padre. Come quelli del mio Maestro. ?? molto pi? facile morire come Ges? se avete vissuto come lui per un?intera vita?.
?Cresci, giovane albero?. I miei occhi erano velati di lacrime. ?Sii saldo e forte. Il tuo ? un tesoro prezioso?.
Pap? era sveglio quando arrivai a casa. Mi chinai sul suo letto. ?Ho controllato l?albero? gli dissi. ?Sta crescendo?.
Egli sorrise.








Capitolo 2


PAROLE CHE FERISCONO

?Padre, perdona loro?
(Luca 23:34)

I dialoghi quel venerd? mattina avevano un sapore amaro.
Da parte dei presenti: ?Se sei il Figlio di Dio scendi dalla croce!?
Da parte dei capi religiosi: ?Ha salvato gli altri, ma non pu? salvare s? stesso?.
Da parte dei soldati: ?Se tu sei il re dei Giudei salva te stesso!? Parole amare. Piene di acido sarcasmo e di odio. Non era sufficiente che egli fosse stato crocifisso? Non bastava che fosse stato esposto alla vergogna come un criminale? I chiodi erano insufficienti? La corona di spine era troppo lieve? La flagellazione era stata troppo breve? A quanto pare, qualcuno la pensava cos?.
Pietro, uno scrittore che abitualmente non soleva usare molti verbi descrittivi, afferma che i passanti ?scagliavano? insulti al Cristo crocifisso. Essi non gridavano, parlavano o urlavano. Essi ?scagliavano? pietre verbali. Avevano tutte le intenzioni di ferire e di coprire di lividi. ?Abbiamo spezzato il corpo, ora fracassiamo lo spirito?. Cos? essi tendevano l?arco della loro autogiustificazione e scagliavano appuntite frecce di puro veleno.
Di tutto quanto avveniva attorno alla croce, questa cosa pi? di tutte mi fa andare in collera. Che genere di persone, mi chiedo, potrebbe farsi beffe di un uomo che sta morendo? Chi potrebbe essere tanto ignobile da spargere il sale del disprezzo sopra delle ferite aperte? Tanto infame e perverso da dileggiare qualcuno che ? stretto dal dolore? Chi prenderebbe in giro una persona che ? seduta sulla sedia elettrica? O chi potrebbe ridere e indicare con il dito un criminale che ha gi? il nodo scorsoio attorno al collo?
Potete essere certi che satana e i suoi demoni erano la fonte di simili schifezze
Poi il secondo ladrone crocifisso sferr? il suo pugno.
?Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!?
Le parole scagliate quel giorno erano state pensate per ferire. E non c?? niente di pi? doloroso delle parole pensate per ferire. Ecco perch? Giacomo chiama la lingua ?un fuoco?. Le sue ustioni sono distruttive e disastrose quanto quelle di una fiamma ossidrica.
Ma non vi sto dicendo nulla di nuovo. Senza dubbio avrete ricevuto la vostra parte di parole che feriscono. Avete provato il dolore acuto di una derisione ben indirizzata. Forse lo state ancora provando. Qualcuno che amate e rispettate vi ha sbattuto a terra con un insulto o con un lapsus. E voi giacete l?, feriti e sanguinanti. Forse quelle parole erano tese a ferirvi, o forse no; ma questo non ha importanza. La ferita ? profonda. I danni sono interiori. Cuore rotto, orgoglio ferito, sentimenti ammaccati.
O pu? darsi che la vostra sia una vecchia ferita. Anche se la freccia ? stata estratta tanto tempo fa, tuttavia la punta del dardo ? rimasta l?, conficcata e nascosta sotto la vostra pelle. Il vecchio dolore imprevedibilmente divampa in modo deciso ricordandovi le aspre parole che ancora non avete perdonato. Se avete sofferto o se state soffrendo per le parole di qualcuno, vi far? piacere sapere che esiste un balsamo. Meditate sulle parole di 1 Pietro 2:23.
?Oltraggiato, non rendeva gli oltraggi; soffrendo, non minacciava, ma si rimetteva a colui che giudica giustamente?.
Avete notato ci? che Ges? non ha fatto? Egli non ha reagito. Non si ? rivoltato per ferire a sua volta. Non ha detto: ?Ti incastrer?!?, ?Vieni quass? e dimmelo in faccia?, ?Aspetta solo fin dopo la risurrezione, amico!? No, queste affermazioni non si trovarono sulle labbra di Cristo. Che cosa ha fatto Ges?? Egli ?si ? rimesso a colui che giudica giustamente?. O, in parole pi? semplici, ha lasciato il giudizio a Dio. Egli non si ? assunto il compito di vendicarsi. Non ha domandato delle scuse. Non ha ingaggiato cacciatori di taglie e non ha spedito drappelli. Egli, procedendo in senso contrario in modo sbalorditivo, ha parlato in loro difesa: ?Padre, perdona loro, perch? non sanno quello che fanno? (Luca 23:34).
S?, i dialoghi di quel venerd? mattina erano pieni di amarezza. Parole di pietra erano state pensate per ferire. Come Ges?, con un corpo spezzato dalla sofferenza, gli occhi accecati dal suo stesso sangue, i polmoni che spasimavano per un po? d?aria, abbia potuto parlare in favore di delinquenti senza cuore, supera la mia capacit? di comprensione. Mai, mai ho assistito ad un simile amore. Se mai una persona ha avuto il diritto di ottenere vendetta, quella era Ges?. Ma lui non lo ha voluto. Anzi, ? morto per essi. Come ha potuto farlo? Io non lo so. Ma so bene che tutto ad un tratto le mie ferite mi paiono indolori. I miei risentimenti e le mie forti emozioni improvvisamente mi sembrano puerili. Talvolta mi sorprende che non riconosciamo l?amore di Cristo tanto verso le persone che egli ha sopportato quanto nel dolore che ha sofferto.
Quale stupefacente grazia.
Capitolo 3


IL VENDICATORE VIGILANTE

?Perch? non sanno quello che fanno?
(Luca 23:34)

Trentasette anni. Magro, quasi fragile. Spelacchiato e occhialuto. Un appassionato di elettronica. Rispettoso delle leggi e timido. Non ? certo la descrizione che fareste di un vendicatore. Di certo non ? la persona che ingaggereste per recitare il ruolo di Robin Hood o di Lone Ranger. Ma questo non interessa al pubblico americano. Quando Bernhard Hugo Goetz fece secchi quattro delinquenti ricercati in una metropolitana di New York, divenne all?istante un eroe.
Una popolare attrice gli invi? un telegramma con ?baci e amore?. Nelle strade di New York City cominciarono ad apparire le magliette con la scritta ?L?acchiappa delinquenti?. Un complesso rock scrisse una canzone in suo onore. La gente diede e raccolse denaro per sostenere la sua difesa. I talk show delle radio furono inondati di chiamate. ?Non lo vogliono mollare? disse un direttore della radio.
Non ? difficile capire perch?.
Bernhard Goetz era un sogno americano diventato realt?. Aveva fatto ci? che ogni cittadino avrebbe voluto fare. Aveva combattuto e vinto. Aveva ?preso il bullo a calci negli stinchi?. Aveva ?preso a pugni il furfante colpendolo al naso?. Aveva ?colpito al capo il malvagio massacrandolo di botte?. Questo eroe senza pretese incarnava la rabbia di tutta una nazione, forse del mondo intero: un ardore di vendetta.
Le manifestazioni di sostegno lo evidenziavano chiaramente. La gente ? pazza. La gente ? furiosa. Vi ? una rabbia repressa che ribolle e che induce a brindare a un uomo che, senza mostrare paura dice: ?Basta, non ci sto pi?!? e poi esce con una pistola carica in ciascuna mano. Siamo stanchi. Stanchi di essere bersagliati, infastiditi e intimiditi. Siamo stufi di serial killer, di violentatori e di assassinii su commissione.
Siamo in collera con qualcuno, ma non sappiamo chi sia. Siamo terrorizzati da qualcosa, ma non sappiamo cosa. Desideriamo vincere, ma non sappiamo come. E allora, quando un moderno Wyatt Earp entra in scena, lo applaudiamo. Sta parlando per noi! ?? cos? che si fa! Prendere i malviventi; questo ? il modo per farlo!?
Ma lo ?? ? proprio questo il modo giusto di farlo? Soffermiamoci a riflettere sulla nostra rabbia. Solo per un minuto.
Rabbia. ? un?emozione particolare quanto prevedibile. Inizia come una goccia d?acqua. Irritante. Una frustrazione. Nulla di grande, solo una seccatura. Qualcuno ha occupato il posto dove parcheggiate. Qualcuno davanti a voi frena lungo la corsia di scorrimento. Una cameriera ? lenta mentre voi avete molta fretta. Il toast si brucia. Gocce d?acqua. Blip, blip, blip, blip.
Eppure, raccogliete un numero sufficiente di queste apparentemente innocenti gocce di rabbia ed in breve vi troverete con un secchio colmo di collera. Un galoppante spirito di vendetta. Amarezza cieca. Odio sfrenato. Non crediamo pi? a nessuno e digrigniamo i denti verso chiunque ci viene accanto. Diventiamo bombe a orologeria ambulanti che, in presenza della giusta tensione e paura, possono esplodere, come il signor Goetz.
Ora, ? questo il modo di vivere? Che cosa c?? di buono nel covare l?odio? Quale speranza c?? nel riprodursi della collera? Quali problemi sono mai stati risolti dalla vendetta?
Nessuno pu? biasimare il pubblico americano per avere applaudito l?uomo che, essendo attaccato, aveva combattuto e vinto. Eppure, man mano che il fascino di certe azioni sbiadisce, la realt? ci induce a farci delle domande:
Che bene ne ? venuto? ? davvero questo il modo per ridurre la percentuale dei crimini? Adesso le metropolitane sono state rese sicure per sempre? Le strade ora sono libere dalla paura? No. La rabbia non ha realizzato tutto questo. La rabbia ha solamente soddisfatto la primitiva brama di vendetta che alimenta la nostra rabbia, che alimenta la nostra smania di vendetta che alimenta la nostra rabbia?.
Ecco il quadro. Le guardie armate non sono la risposta.
E allora, che cosa dobbiamo fare? Non possiamo negare l?esistenza della nostra rabbia. Come possiamo imbrigliarla? Una buona alternativa si trova in Luca 23:34. Qui Ges? parla della banda di delinquenti che lo ha ucciso. ?Padre perdona loro perch? non sanno quello che fanno?.
Non vi siete mai chiesti come abbia fatto Ges? ad astenersi dal reagire? Vi siete mai chiesti come abbia fatto a mantenere il proprio controllo? La risposta ? qui. Sta nella seconda parte della frase che ha profferito: ??perch? non sanno quello che fanno?. Guardate attentamente. Tutto sta nel fatto che Ges? ha considerato quella folla assetata di sangue, affamata di morte, non come tanti assassini, ma come delle vittime. Sta nel fatto che egli non vide sui loro volti l?odio, ma la confusione. Che egli li guard? non come dei delinquenti assoldati, ma, come egli stesso li aveva definiti, come ?pecore senza pastore?.
?Essi non sanno quello che fanno?.
Mentre vi soffermate a pensare a questo, considerate che invece essi non lo fecero. Non avevano la pi? pallida idea di quello che stavano facendo. Essi erano una masnada pazzamente eccitata, furibonda verso qualcosa che non potevano vedere e perci? l?avevano fatta pagare, fra tutti, a Dio. Ma non sapevano che cosa stavano facendo.
E neppure la maggior parte di noi lo sa. Noi siamo ancora, anche se detestiamo ammetterlo, delle pecore senza pastore. Tutto ci? che sappiamo ? che eravamo nati per un?eternit? e che siamo spaventosamente vicini ad un?altra. Noi giochiamo con frasi fatte sulle indistinte realt? della morte e del dolore. Non sappiamo rispondere alle nostre stesse domande sull?amore e sulle offese. Non sappiamo risolvere l?enigma dell?invecchiamento. Non sappiamo come curare i nostri corpi o come andare d?accordo con i nostri compagni. Non sappiamo come tenerci fuori dalle guerre. Talvolta non sappiamo neppure mantenerci nutriti. Paolo parl? per tutta l?umanit? quando confess?: ?Non so che cosa sto facendo?.
Ora io so che questo non giustifica nulla. Che non giustifica i pirati della strada, i venditori di pornografia infantile o gli spacciatori di eroina. Ma questo aiuta a spiegare perch? quella gente abbia fatto le miserevoli cose che ha fatto.
Il mio punto di vista ?: la rabbia incontrollata non migliora il nostro mondo, ma solidarizza con la volont? di vendetta. Quando vedremo il mondo e noi stessi per ci? che siamo, potremo porgere aiuto. Quando avremo compreso noi stessi potremo iniziare ad operare, non partendo da una posizione di rabbia, ma di compassione e di partecipazione. Allora non guarderemo pi? il mondo con le ciglia aggrottate dall?amarezza, ma con le mani tese. Realizzeremo che le luci sono spente e che un mare di gente sta incespicando nel buio. Cos? accenderemo delle candele.
Come ha detto Michelangelo ?creando operiamo una critica?. Invece di lottare per difenderci, impariamo a porgere aiuto. Andiamo nei ghetti. Insegniamo nelle scuole. Costruiamo ospedali, aiutiamo gli orfani e riponiamo le nostre armi.
?Essi non sanno quello che fanno?.
C?? qualcosa nel significato di queste parole che ci induce a desiderare di salvare quelle persone e anche a morire per esse. Rabbia? La rabbia non ha mai fatto bene a nessuno. Comprensione? Bene, i risultati non sono veloci come le pallottole della guardia, ma di certo sono molto pi? costruttivi.

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Max Lucado
Max Lucado

Max Lucado (1955) è un autore americano e pastore presso la Oak Hills Church di San Antonio, in Texas.
Ha conseguito due lauree alla Abilene Christian University e il suo primo lavoro come pastore è stato come associato presso una piccola chiesa di Miami, in Florida. Fu lì che sviluppò la sua passione per le persone, il ministero e la scrittura, iniziando con una colonna nella newsletter settimanale della chiesa.

Negli anni '80 si è trasferito a Rio de Janeiro con la moglie per aiutare nella fondazione di nuove chiese e vi è rimasto per cinque anni.

Max ha scritto oltre 40 libri e dalla pubblicazione del suo primo libro, ha condiviso le promesse di Dio in sermoni, libri, articoli e interviste. I suoi scritti appaiono anche in video, meditazioni, canzoni, biglietti, opuscoli, studi biblici e commentari. I suoi libri appaiono regolarmente nelle classifiche dei bestseller nazionali, comprese quelle del New York Times e sono stati tradotti in oltre 54 lingue.

Max Lucado è stato soprannominato “pastore d'America” dalla rivista Christianity Today e il New York Times lo ha definito uno dei più influenti leader sui social media.

Max e Denalyn vivono a San Antonio, hanno tre figlie e due nipoti.


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